Tempo fa scrissi un articolo intitolato “Il Vino è Donna”, nel quale asserivo quanto il mondo del vino italiano fosse sempre più imperniato sulle Donne e quante cantine fossero in mano ad una figura femminile e la realtà di cui vi parlerò oggi ne è un’esauriente conferma.
La cantina in cui vi porterò oggi è in una terra che amo particolarmente e non solo per il Vino, un luogo magico per i winelovers, ma che nella mia vita enoica e non ha rappresentato e rappresenta tutt’ora una sorta di rifugio. Parlo di Montalcino, più precisamente di Torrenieri, e la cantina in questione è Col di Lamo di Giovanna Neri.
Col di Lamo è una grande storia di amore e forza, nata dalla difficoltà, eretta sulla volontà e portata avanti, oggi, con grande positività e lungimiranza.
Giovanna Neri – Gianna per gli amici – si era laureata in Giurisprudenza e oltre ad alcune collaborazioni all’Università, lavorava nell’azienda di suo padre, noto produttore ilcinese. Quando venne a mancare, però, si ritrovò a dover affrontare dinamiche tanto inattese quanto difficili da superare per chiunque, ma non per Gianna, che con una figlia appena nata ed una carriera forense già avviata che avrebbe potuto portarla a scegliere un’altra strada, non poté rinunciare al Vino.
La terra e il vino l’avevano già stregata. Così senza grandi competenze, ma con una grande forza d’animo si ritrovò a gestire un’azienda di 80 ettari (neanche 8ha vitati) nel territorio di Montalcino, nata e amata come una figlia. Una figlia figurata, l’azienda, che deve accudire e far crescere come la sua figlia reale, Diletta.
Inizialmente le difficoltà, essendo Gianna da sola, non furono poche, anzi, ma è bastato poco e credo basterebbe pochissimo anche a voi per comprendere che ci si trovi di fronte ad una Donna che ha sempre creduto che nella vita. “Di fronte a situazioni del genere si abbiano due due strade: o la paura o l’amore; ma se si sceglie l’amore non si ha più nulla da temere.”
Proprio per questo grande legame che unisce Giovanna a sua figlia Diletta e viceversa, ho deciso di lasciare la parola al futuro di Col di Lamo, perché nessuno meglio di lei, che si è appena laureata in Lettere e che, soprattutto, ha vissuto e vive ogni giorno il rapporto con sua madre, avrebbe potuto trovare le parole più giuste per raccontarlo.
“Il rapporto tra me e lei non è il classico rapporto madre-figlia. Io sono cresciuta solamente insieme a lei, e con lei ho condiviso tutto, le gioie, i dolori, le perdite e i riscatti. Per me mia mamma è tutto e viene prima di tutto, è una donna forte, tenace, intelligente, sempre positiva, ma soprattutto dotata di un cuore magico. È la mia migliore amica, il mio modello, la mia ispirazione quotidiana. Il nostro è un rapporto totale e totalizzante, siamo legate visceralmente l’una all’altra. È vero, siamo diversissime per personalità, visioni, temperamento, ma al contempo siamo complementari. Lo riassumerei con una citazione di Emily Bronte il nostro rapporto, “Di qualunque cosa siano fatte le nostre anime, la mia e la tua sono fatte della stessa cosa”.
Ed è proprio per questo che, secondo me, anche nel lavoro riusciamo sempre a bilanciarci benissimo: perché ognuna di noi ha il suo settore di preferenza, ma ci confrontiamo continuamente e reciprocamente. Ho molto da imparare, sia da lei, che da questo mondo che sto pian piano scoprendo, ma cerco di impegnarmi molto e di mettere in ogni cosa il massimo del mio entusiasmo e delle mie capacità.”
Gianna e Diletta hanno moltissime cose in comune, ma c’è una dote che spicca fra le altre… l’autoironia! A dimostrazione di ciò c’è l’aneddoto che la stessa Diletta ha condiviso con me e che io vorrei raccontarvi, nella speranza che anche a voi strappi un sorriso, com’è accaduto con me.
Era il 2008, anno di Brunellopoli, nonché del primo Vinitaly a cui Diletta partecipava e aveva solo 13 anni. Odiava essere impreparata e quindi passava la maggior parte del tempo seduta al tavolino dello stand di Col di Lamo a studiarsi le caratteristiche dei vini, i disciplinari ecc…, ma non avendo basi tecniche per lei quelle erano solo mere nozioni. Quando arrivava qualcuno ad assaggiare Diletta era molto timida, tanto da celarsi dietro sua mamma. Una volta però, Gianna decise di mettere alla prova la “piccola” Diletta, lasciandole servire degli avventori. Assaggiarono il Brunello, e dopo i complimenti per il vino uno di loro esclamò: “Buonissimo, però qui sarebbe perfetta una tagliata”. Diletta, però, rispose, di tutto punto, pronta a sfoggiare, con grande entusiasmo, il frutto delle sue letture: “Eh no, il Brunello è Sangiovese al 100%!”, tutti scoppiarono a ridere, perché ovviamente il personaggio in questione stava alludendo alla carne e non ad un “taglio” del vino.
Andrei avanti a parlarvi di Gianna e Diletta, delle loro personalità e della loro simpatia, ma non vorrei dilungarmi troppo rischiando di togliere spazio al Vino.
Quindi, tornando ai Vini di Col di Lamo, la prima cosa che si è palesata durante la mia ultima visita in cantina è la continua crescita di questa cantina, sia rispetto agli assaggi, già molto interessanti allo scorso Benvenuto Brunello, che riguardo le potenzialità evolutive ed espressive di vino e vigne.
Rosso di Montalcino e Brunello di Col di Lamo
Rosso di Montalcino 2014: come alcuni dei rossi di Montalcino 2014 (specie quelli che fanno legno grande) ci troviamo di fronte ad un Sangiovese resiliente, ovvero che mese dopo mese si dimostra aver affrontato l’annata “pseudo-storta” in maniera tanto inattesa, quando comprensibile nell’ottica di una viticoltura consapevole e di un approccio meno accondiscendente (dei mercati) al Vino.
Un Sangiovese contemporaneo, fresco, dinamico, vivo, per nulla ruffiano. Si fa bere nella sua piacevolezza varietale e lascia intuire una buona longevità, spesso snobbata per i rossi di Montalcino, pensando che si tratti di un Vino “inferiore”, quando, invece, parliamo di un rosso da uve selezionate, vinificato con tecniche simili se non congruenti a quelle del Brunello, ma con un più breve affinamento.
Brunello di Montalcino 2011 Col di Lamo: tutti hanno elogiato la 2010 come una delle annate migliori di sempre, forse pompandola un po’, per quanto abbia dato vita a grandi ed in alcuni casi – solo in alcuni – grandissimi Vini, ma è la 2011 l’annata che piace a me! Una di quelle che partono in sordina, ma che mese dopo mese, anno dopo anno, regalano e regaleranno grandi soddisfazioni. Un’annata che alcuni definirono caratterizzata da una “troppo marcata acidità”, forse non curandosi della più sacrosanta evoluzione dei palati – sicuramente più tendente alla dinamica fresco-minerale -, ma che oggi mostra già di che stoffa è fatta e lo fa proprio erigendosi tutta intorno a questo pilastro di freschezza che da, oggi, beva, e regala un istintuale vocazione alla longevità varietale e non da affinamento (per intenderci quella garantita dall’acidità e non dall’elevazione tannica, ovvero, presumibilmente, quella da vigna e non da cantina).
E’ proprio questo il Brunello 2011 di Col di Lamo, una spirale varietale che sale attorno alla colonna fresca e minerale che tiene su il sorso e lo spinge in profondità con grande disinvoltura. E’ un Brunello identitario, che esprime la personalità dei vigneti e della produttrice, con femminilità, ma estrema spontaneità e schiettezza.
Se la 2011 si sta dimostrando un’annata da riconsiderare e di cui si può ancora pensare di fare qualche piccola scorta di cantina, attenti alla 2012! Tutte le anteprime che ho avuto modo di assaggiare, compresa quella di Col di Lamo, si sono dimostrate dal grande futuro, evidenziando ancor più quella sorta di selezione naturale che, da anni, pone l’attenzione sulle peculiarità dei migliori terroir (per terreno ed esposizione), sulla qualità del lavoro in vigna e su una predisposizione, anch’essa naturale, ad avere maggiore equilibrio fra freschezza e concentrazione. Sin dai primi assaggi da botte iniziai a dire che si trattasse, a mio parere, di un’annata “non convenzionale” ed i Brunello che ne scaturiranno, probabilmente, avranno lo dimostreranno e se da un lato la cosa potrebbe spaventare i nostalgici, credo che tra le deviazioni stilistiche volute e di cantine e quelle naturali e di vigna, sia auspicabile trovarsi, in futuro, ad assaggiare più annate vicine a questa 2012 che alle annata “parkeriane”. L’unico problema è che se ne sono accorti anche a Montalcino, quindi vedremo quante bottiglie ne rimarranno per noi comuni mortali! 😋
Tornando a Gianna ed al suo sogno arancio e verde, io credo molto nella sua forza di volontà e nelle potenzialità dei suoi vigneti condotti in regime bio-molto-logico – passatemi il gioco di parole – come credo nel supporto che Diletta darà all’azienda ora e in futuro. Un’azienda davvero al femminile, ma di quelle con gli attributi, che io non mi stancherò di certo di seguire, perché a Montalcino i sogni non diventano solo realtà, diventano Brunello!
F.S.R.
#WineIsSharing
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