Vigneti Bonaventura -Piccola cantina emergente del Piceno

Oggi torniamo nelle Marche, più
precisamente nel Piceno alla scoperta di una piccola e giovanissima
azienda che ha catturato la mia attenzione nelle scorse settimane
attraverso la forza espressiva dei suoi vini. E’ attraverso
l’assaggio di due dei tre vini prodotti da quest’azienda che mi sono
incuriosito a tal punto dal voler approfondire la conoscenza dei
Vigneti Bonaventura, realtà che parte da lontani, ma che si
concretizza solo pochissimi anni fa.
La storia di questa Cantina è legata a
doppio filo a quella di Enzo, che negli anni ’70, all’età di 23 anni
si innamora delle Marche – scusatemi il campanilismo, ma… come
biasimarlo?! – tanto da decidere di trasferirsi nel Piceno, a San
Benedetto del Tronto.
cantina vigneti bonaventura
Cantina – Vigneti Bonaventura – Picen
Enzo era appena uscito dalla Scuola
Enologica di Alba ed aveva già avuto le sue prime esperienze nelle
Langhe, eppure decide di basare la sua vita e la sua carriera proprio
nelle Marche, stabilendosi qui con sua moglie Isabella ed iniziando a
collaborare con le cantine locali, nelle quali si forma e plasma il
suo rapporto con la terra, i vigneti ed i vitigni di questi luoghi in
cui la campagna anela al mare.
Il sogno non poteva che essere quello
di arrivare, un giorno, a fare un proprio vino e, quindi, a
costituire una propria realtà vitivinicola ma, come spesso accade,
per molti anni la cantina rimase solo un sogno, ancor più che un
obiettivo.
E’ grazie ai tre figli di Enzo ed
Isabella che quello che era solo un sogno, e che sembrava destinato a
rimanere tale, inizia a prendere forma tanto da vedere Massimiliano,
Andrea e Maria Cristina, oggi, coinvolti a 360° in quest’avventura
chiamata Vigneti Bonaventura – scusate il gioco di parole!
Tutto ruota intorno ad una vecchia casa
colonica di Acquaviva Picena, ristrutturata al fine di accogliere
questa piccola cantina. Il progetto è ambizioso: produrre vini
locali in regime biologico sin dal principio, puntando sulla qualità
in ogni suo più piccolo aspetto, dalla cura del vigneto ai
meticolosi processi di vinificazione.
Sono sempre molto affascinato dalle
realtà a conduzione familiare e dai ruoli che ogni membro copra
nell’ambito della produzone vitivinicola, dalla vigna alla bottiglia,
ed in questo caso i compiti sono così suddivisi:
  • Enzo é Enologlo ed Agronomo
    dell’azienda, si occupa di tutto di tutto quello che riguarda il
    vigneto fino al momento della raccolta.
  • Massimiliano, si occupa di tutto
    il processo di vinificazione ed affinamento del vino fino alla
    bottiglia
  • Andrea si occupa in parte del
    processo produttivo e di tutti gli aspetti legati alla
    commercializzazione
  • Maria Cristina aiuta nelle attivitá
    di commercializzazione e gestisce il profilo della cantina sui
    social network
L’azienda fa parte della FIVI, quindi
coltiva le proprie vigne direttamente, vinifica uve di proprietà,
imbottiglia e commercializza le proprie (poche e numerate) bottiglie.
Le denominazioni di riferimento sono
solo DOCG del Piceno ovvero Offida Passerina, Offida Pecorino, Offida
Rosso.
Per quanto riguarda l’approcio in vigna
è quello dei veri vignaioli e tutte le principali attività vengono
svolte manualmente, al fine di avere un rapporto sempre diretto con
le proprie piante e le proprie uve, che vengono, poi, trattate in
cantina con lo stesso garbo e lo stesso rispetto riposto nei vigneti,
ma con l’adeguata consapevolezza tecnica.
Il Piceno è una terra meravigliosa,
capace di imprimere ed infondere nel vino grande personalità e
carattere, ma ha vissuto e forse sta ancora vivendo periodi di
intorpidimento e realtà come questa possono attirare l’attenzione su
quanto di buono si stia facendo in areali produttivi tra i più
interessanti e storicamente importanti del Centro Italia.
Le sfide mi incuriosiscono sempre, ma
spesso mi deludono in quanto poco realistiche, tanto da sembrare sin
dal principio destinate a fallire, ma per quanto concerne la strada
intrapresa dall’azienda Vigneti Bonaventura, devo ammettere che ogni
passo sia stato fatto con il piede, anzi, con i piedi giusti, a tempo
debito e cercando di dar vita ad un progetto che non fosse solo un
vezzo, bensì puntasse a qualcosa di grande. E’ presto per definire
questa cantina un riferimento per l’areale, ma già il fatto che tra
la miriade di assaggi fatti in questo periodo abbia voluto fortemente
condividere con voi questa storia ed ora le mie impressioni riguardo
i loro vini, credo faccia ben sperare.
Delle tre etichette prodotte io ho
avuto modo di assaggiare i due vini più rappresentativi, che ora vi
vado a raccontare:
Maancrie 2012 Offida Rosso Docg
dovete sapere che io non leggo mai schede tecniche o controetichette,
prima di assaggiare un vino che non conosco, in quanto confido sempre
nella capacità dello stesso di stupirmi parlandomi di sé, più di
quanto possano fare dei freddi, per quanto esplicativi, testi. Faccio
questa premessa, perché sono consapevole di ciò che possa suscitare
in me un involontario, ma innegabile pregiudizio, e so che se avessi
letto del 15% di Cabernet Sauvignon in blend con l’85% di
Montepulciano utilizzato per questo vino nella mia mente sarebbero
scattate mille domande ed il mio palato si sarebbe aspettato qualcosa
di profondamente diverso. Io amo i vini di territorio, ma lungi da me
odiare o ripudiare i vitigni internazionali o i blend, specie là
dove la purezza non necessariamente possa rappresentare al meglio la
qualità. In questo vino è palese la ricerca di un grande equilibrio
e la volontà di dar vita sin da subito ad un grande vino, tenendo
conto dell’estrema gioventù delle piante e dell’ovvio scotto da
“pagare” per una prima annata, riguardo il legno. Quando mi
approccio ad una prima annata cerco sempre una visione prospettica
dell’assaggio e devo ammettere che in questo caso tutto mi faccia
pensare ad un potenziale ancora inesplorato di questo territorio,
nella produzione di rossi di grande profondità ed eleganza. Il saldo
di internazionale potrà essere dosato diversamente in futuro o
magari, una volta raggiunta la piena maturità delle piante di
Montepulciano, venir messo da parte, ma a prescindere da questo è il
calice a parlare e la sensazione è quella di aver assaggiato un
grande rosso delle Marche, come pochi hanno avuto l’ardire e l’acume
anche solo di immaginare.

Bàkchai 2015 Offida Pecorino Docg
il Pecorino nasce a pochi km da qui, nell’entroterra, ma è davvero
interessante come riesca a ripondere ai diversi contesti pedologici
mantenendo fortemente intatto il proprio correde varietale, ma al
contempo enfatizzando alcuni aspetti piuttosto di altri, come in
questo caso l’equilibrio fra il sole ed il mare, in un naso molto
ricco e seducente capace di coprire uno spettro aromatico davvero
ampio dall’agrume al balsamico, come a voler rappresentare una
sferzante brezza marina, capace di rinfrescare un sorso pieno e
profondo, sospinto da un’altra fonte naturale di freschezza, ancor
più sferzante e dinamica delle brezza percepita al naso, ovvero la
sua vena acida. Chiude il cerchio un finale sapido che sembra messo
lì a posta per impedire di accontentarsi di un solo calice. Un vino
importante, che credo potrà riservare notevoli sorprese nei primi 10
anni di vita e magari oltre. Io di qui in avanti una bottiglia l’anno
la stapperò e vedremo cosa avrà voglia di raccontarmi.

In conclusione ci tengo a puntualizzare
un aspetto che non è mio solito prendere in considerazione, ma che
in questo caso mi è stato quasi “imposto” da alcuni
comprensibili appunti postumi alla mia condivisione sui social
dell’assaggio dei vini dei Vigneti Bonaventura, ovvero il prezzo.
Alcuni hanno visto nel prezzo
importante di queste bottiglie un fattore negativo ed un punto a
sfavore, eppure io credo che in un contesto enoico italico in cui sin
troppo spesso si soffra il paragone con i cugini d’Oltralpe, proprio
in merito al gap notevole che esiste da anni, ormai, riguardo i
prezzi medi dei vini di denominazioni di origine, avere il coraggio
di dare un valore importante al proprio lavoro possa, specie con
tirature così esigue (parliamo di neanche 6.000 bottiglie suddivise
nelle due etichette da me condivise), rappresentare un segnale
importante.
Compendo benissimo chi assuma questa
scelta come una maggior difficoltà di vendita da parte del
ristoratore o del commerciante data la mancanza di blasone delle
denominazioni in questione, ma non è forse proprio nel Piceno che è
sono presenti da qualche anno le massime espressioni di rossi
marchigiani, con alcuni picchi anche a livello nazionale, che –
forse – devono parte del loro successo proprio al coraggio dei
produttori nella scelta del valore di bottiglia? Comprendo sia un
argomento intricato e lungi da me volermi districare in qualcosa che
a mio modo di vedere è ancor più relativa del gusto, in quanto
esistono tantissimi prodotti con prezzi spropositati per i quali
siamo disposti a pagare solo per fattori come il brand,
l’esclusività, il marketing o la rarità, ma poi di fronte al Vino
italiano (per quello francese, per molti, è diverso…) siamo
prevenuti appena troviamo una cifra a nostro modo di vedere non
compatibile con una bottiglia di vino in senso lato. Per quanto mi
riguarda non mi sento di criticare alcun prezzo, anche perché ognuno
è libero di acquistare vini in base ai parametri qualitativi ed
economici che ritenga più opportuni. Lasciatemi dire, però, che ciò
che mi preoccupa di più in Italia non sia tanto il coraggio di chi
non voglia svalutare il proprio grande ed attento lavoro (un’azienda
con un regime produttivo così basso, a meno che non sia un vezzo, un
capriccio di qualche industriale, quindi un side business, non può
perdurare con vini a prezzi in linea o sotto alla media di mercato
delle denominazioni), bensì siano i prezzi sin troppo bassi imposti
dalle grandi aziende in GDO, che portano poi ad un livellamento verso
il basso dei prezzi da cantina, anche per realtà qualitativamente
valide e dalla produzione esigua.

Il Vino italiano ha bisogno di un
equilibrato coraggio, ma pur sempre di coraggio ed anche le scelte
commerciali possono fare la differenza. In questo caso sarà il tempo
e quindi la richiesta a dare o meno ragione alla famiglia
Bonaventura, ma una cosa è certa, l’abbrivio è quello che può
spingere verso un futuro importante anche alla luce dei nuovi impianti che prevedono piccole parcelle di vitigni che rappresentano sicuramente un’ulteriore sfida in questo territorio e che sarò curioso di seguire nelle future vinificazioni, ma non vi voglio spoilerare nulla, ne parlerò a tempo debito o magari lo scoprirete da soli andando a fare una passeggiata nei vigneti della famiglia Bonaventura.

F.S.R.
#WineIsSharing

Lascia un commento

Blog at WordPress.com.

Up ↑