L’Anteprima Vini della Costa Toscana – Novità e conferme

Si è conclusa da qualche giorno la XVI edizione dell’Anteprima Vini della Costa Toscana a Lucca, alla quale hanno preso parte oltre 100 produttori, 110 per la precisione così suddivisi nei vari territori della costa: 7 della provincia di Massa Carrara, 19
di Lucca, 22 di Pisa, 19 di Livorno e 23 di Grosseto.
Devo ammettere di aver avuto poco tempo da dedicare ad un evento che avrebbe meritato almeno due giorni di degustazioni a spron battuto, ma la vastità di eventi enoici organizzati tutti in questo pienissimo mese di maggio mi ha impedito di fare di più. Ho comunque avuto modo di assaggiare molto e di portare a casa costanti conferme e qualche novità degna di nota che ho il piacere di condividere con voi.

Novità

N.B.:Per novità intendo le Cantine di cui non avevo ancora avuto modo di parlarvi e che, grazie all’anteprima vini della Costa Toscana, approfondirò nei prossimi mesi.



Podere La Chiesa: una realtà tra le più importanti della giovanissima doc Terre di Pisa, che mi ha colpito molto per l’attenzione alla sostenibilità ed alla ricerca della massima qualità in vigna, senza eccessi o estremizzazioni di sorta. Vini di carattere, orientati su un buon equilibrio di base, garantito da un connubio naturale/territoriale tra freschezza e struttura. Molto valide le due selezioni Opera ed in particola il Sangiovese Opera in Rosso 2012, che esprime una delle mille sfaccettature di questo grande vitigno, qui identificabile in un naso più mediterraneo e terroso ed una beva di ampiezza, ma dinamica.

Fattoria Sardi: cantina di “casa” a Lucca, anch’essa molto attenta all’approccio agronomico, tanto da aver intrapreso la strada della conduzione biologica e biodinamica. Divertente il rifermentato in bottiglia Pet-Nat, di quelle bottiglie che vorresti sempre avere al fresco d’estate. E’ il Rosato, però, il vero fiore all’occhiello dell’azienda, che sin dai cromatismi strizza l’occhio all’eleganza provenzale, ma che nel bicchiere sprigiona una personalità tutta propria che è ben distante dal mero scimmiottamento degli esili rosati d’Oltralpe. Il naso è di buon impatto ed il sorso è un tessuto rosa compatto, ma vibrante, attraversato da una linea bianca di calcare, di sale, che sembra far zig-zag tra la noia e la scontatezza, evitandole entrambe alla grande.

Tenuta Poggio Rosso: siamo a Populonia, in Val di Cornia, in una terra in cui la famiglia Monelli ha saputo ridare vita, anima e prestigio ad una realtà ormai quasi perduta, ripartendo proprio dalle vigne. Una linea di vini che ha come filo conduttore una forte mineralità ed una struttura mai eccessiva, che conferiscono beva e garbo e rendono gli assaggi invitanti e mai scontati. Tra i vini assaggiati ho molto apprezzato il Viognier Feronia non eccessivamente tropicale – cosa che non amo nei viognier troppo aromatici – molto fresco e dall’auspicata chiosa sapida; imponente il cabernet sauvignon Velthune, seppur ancora ai primordi della sua espressività, palesa in maniera intensa la propria indole forte e complessa, senza mancare di quella sferzata di mineralità che sorregge e spinge il sorso compensando un’acidità più lieve.

La Salceta: una di quelle aziende che da anni mi riprometto di approfondire, ma che solo lo scorso weekend ho avuto modo di conoscere attraverso il calice, nella speranza di riuscire a trovare presto modo e tempo di fare un salto in cantina. Cantina che fa parte della Via dei Vignaioli dei Settemponti e che ha improntato la propria attività vitivinicola sul rispetto degli equilibri naturali agronomici e di cantina, fino a portare in bottiglia un risultato molto sincero di quanto l’annata possa aver espresso. Impossibile non farsi stupire dall’Osato, un Rosato atipico base Cabernet Franc, del quale l’uscita viene ritardata quasi come fosse un rosso e del rosso mantiene alcuni tratti tipici del varietale al naso, per poi lasciarsi andare in un sorso dritto, asciutto e profondo. Un Rosato complesso, ma che si fa bere in estrema scioltezza. Poi c’è il Sangiovese dalla singola vigna Ruschieto 2013, che fa solo acciaio (come tutti i vini de La Salceta) ed esprime molto di ciò che vorrei trovare in un Sangiovese in purezza oggi ovvero l’equilibrio fra integrità varietale, freschezza e sapidità che conferiscano dinamica del sorso.


Arrighi: facciamo un salto sull’Isola d’Elba, terra stupenda anche per fare vino ed uno dei riferimenti in tal senso è sicuramente Antonio Arrighi, che rincorro da un po’ e che finalmente sono riuscito a conoscere, in un piacevole, seppur breve, confronto sui suoi vini e sulla viticoltura elbana in generale.


Altra cantina da andare a scoprire attraverso la sperimentazione fatta in vigna ed in cantina, che vede Antonio molto impegnato nel cercare di carpire i segreti di quest’Isola, che come tutte le terre emerse circondate dal mare vanta un peculiare alone di mistero. Quelli di Arrighi sono tutti vini molto ben concepiti e sinceri nella loro espressione varietale, ma a colpirmi particolarmente, nonostante qualche timore iniziale, è stato il V.I.P. Anfora, ancora una volta un Viognier, ma in questo caso vinificato in Anfora, con un lungo periodo di macerazione sulle bucce che non ha prodotto alcuna omologazione ed ha, altresì, confermato quanto le lunghe macerazioni siano da sperimentare con uve adatte a questo tipo di vinificazione e capaci di avere uno spettro di precursori in buccia tale da poter sopportare un processo così importante di estrazione.

Rascioni & Cecconello: una delle aziende di riferimento, se non l’azienda di riferimento, per la coltivazione di Ciliegiolo, vitigno che merita profonda attenzione e che sin troppe volte viene relegato ad una nicchia di interesse, ma che può tranquillamente essere annoverato fra i vitigni più rappresentativi della viticoltura del centro Italia. A dimostrare le potenzialità del Ciliegiolo c’è la Riserva Poggio Ciliegio 2012, una delle massime espressioni di Ciliegiolo, capace di esprimere l’equilibrio e la finezza delle vigne vecchie e di mantenere la caparbietà e la multistratificazione caratteriale della Maremma.

Sassotondo: una storia poi non molto dissimile da quella della realtà descritta pochi istanti fa, sia per le dinamiche che hanno portato Edoardo e Carla ad investire tempo, speranze, sforzi e denaro in Maremma, sia per la comune collaborazione con il sapiente enologo Attilio Pagli, oltre ovviamente all’amore spassionato per il Ciliegiolo. Tra i vini assaggiati torna ad impressionarmi positivamente un bianco con una notevole sosta sulle bucce, il Numero Sei, blend di Greco e Sauvignon in eque parti. Vino dagli equilibri solidi che trae un’ottima freschezza aromatica e del sorso dal Sauvignon e maturità di frutto con una spiccata nota sulfurea dal Greco, accentuata sicuramente dall’espressività territoriale del vigneto. Neanche a dirlo, ottima la performance del Ciliegiolo San Lorenzo che prende il nome dal vigna dalla quale proviene. Vigna che si fa saggia, con i suoi 35 anni e più, fino a dar vita alla mitica figura, ormai, retorica, ma sempre affascinante della ballerina di danza classica, capace di grande forza e slancio, senza mostrar alcun segno di fatica, di stanchezza, bensì esprimendo estrema leggerezza ed eleganza.

Cupelli: faccio un testa-coda, concludendo con una cantina focalizzata sul Metodo Classico ed in particolare su delle bollicine base Trebbiano, in quel di San Miniato. Pazzi!? No, niente affatto! Ennesima conferma che prevenire sia meglio che curare, ma essere prevenuti faccia solo male, specie nel vino! Battute scadenti a parte, quella della Famiglia Cupelli è un’azienda storica del territorio che, però, ha vista un nuovo slancio proprio con l’inizio dell’avventura della spumantizzazione delle loro uve di Trebbiano Toscano. Tra i tre Metodo Classico assaggiati, tutti recanti in etichetta lo stesso nome “L’Erede”, ma differenziati da periodi di permanenza sui lieviti più o meno lunghi, a colpirmi particolarmente è stato quello con l’affinamento medio (sono tutti ancora in fase di sperimentazione, specie per le soste più spinte), in quanto ho trovato un buon bilanciamento fra varietale e lieviti, una notevole spinta acida ed un sorso che nella sua eleganza, non ha perso quel quid di sana toscanità che speravo di incontrare una volta letto 100% Trebbiano Toscano in controetichetta.


Conferme

N.B.: tra le conferme considero tutte le Cantine già recensite in questo WineBlog
Tenuta di Ghizzano – Quando posso passo sempre ad assaggiare i vini di questa cantina, perché in linea con il mio gusto, ma anche e soprattutto con la mia idea di approccio al vino, improntata su un rispetto profondo, ma molto pragmatico e per nulla effimero, in vigna ed in cantina. Il Venerso è un abbraccio avvolgente per il naso che si fa caloroso al palato nei primi istanti, per poi lasciarsi andare in una chiacchierata informale, ma educata al sorso. Vino che già oggi possiede una profondità propria dei grandi vini.
La Regola – Sempre più concreto il Metodo Classico da Gros Manseng e Chardonnay, mentre da segnalare la crescita in bottiglia del Lauro 2013 e la sempre costante qualità de La Regola, un Cabernet Franc (qui ancora con piccoli saldi di Merlot e Petit Verdot, ma destinato alla purezza) dal potenziale ancora inesplorato;
Pieve de’Pitti – Bello ritrovre una nurtrita schiera di vignaioli nell’area FIVI dell’anteprima, tra i quali non poteva mancare Caterina, degna fautrice della FIVI Toscana. Costante e dinamica l’evoluzione del Tribiana 2013 che non smetterei mai di riassaggiare (infatti corro ogni volta che Caterina è presente in degustazione), mentre il Moro di Pava 2011 è ancora agli albori di quella che si preannuncia un’annata più che buona per apertura e profondità.
Pietro Beconcini – Ormai un’altra tappa fissa, che mi sorprende sempre per la capacità di Leonardo di interpretare un vitigno, apparentemente “fuoriluogo” nell’accezione più letterale del termine, come il Tempranillo che nei suoi vigneti, a piede franco, ha trovato una dimora ideale, l’IXE 2015 ed il Vigna alle Nicchie 2011 ne sono la dimostrazione liquida.
Se si sente spesso di rosati travestiti da rosso, il suo Fresco di Nero è un Rosso a tutti gli effetti, ma che ami lasciarsi confondere con un Rosato per la sua peculiare bevibilità.
Podere Marcampo buona la prima per il Vermentino 2016 TerraBlu di Claudia che dimostra quanto più che la fortuna sia il lavoro a premiare gli audaci. Ormai del Sangiovese in purezza Severus 2014 non è rimasto più nulla, quindi non resta che trepidare nell’attesa della nuova annata.
Castello di Vicarello – Un piacere ritrovare questa piccola azienda, conosciuta un anno fa, senza aver avuto modo di dare seguito ai primi assaggi. A questa anteprima ho ampiamente rimediato, assaggiando tutta la linea e ribadendo le mie convinzioni riguardo un lavoro egregio fatto in vigna ed una maniacale attenzione alla qualità delle uve portate in cantina. Davvero intrigante il nuovo rosato da uve Malbec, mentre il Castello di Vicarello 2012 sta solo iniziando a esplorare il proprio potenziale espressivo ed evolutivo.
Terenzuola – Ivan sta portando avanti un progetto importante sin dal principio con le sue vigne a Sarzana e nelle Cinque Terre, ma nonostante l’impegno profuso nella sua linea di vini storica sempre, non ha saputo resistere alla tentazione di una nuova avventura. Un’avventura descritta nel bicchiere dalle due etichette Permano, in cui viene condensata tutta la ricerca territoriale e varietale di Ivan, che si pone come fine quello di imbottigliare l’identità della propria cantina con un approccio rispettoso e non invasivo in vinificazione.

In conclusione la mia “rapida” visita in quel di Lucca mi pare sia stata più che proficua, sia per quanto riguardi gli spunti dai quali ripartire per nuove visite in cantine e approfondimenti in degustazione, sia per le numerose conferme avute da aziende che stimo e che continuo a seguire con piacere da tempo.

F.S.R.
#WineIsSharing

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