Nel mio incessante girovagar enologo ho avuto modo di visitare centinaia di vigneti e cantine, ma anche realtà che producono quegli “strumenti” che permettono a chi produce vino di lavorare in vigna e in cantina secondo la propria idea agronomica ed enologica.
Pochi mesi fa ho avuto modo di visitare una piccola realtà artigiana dell’Impruneta, patria toscana e italiana della terracotta. Ad aspettarmi nel suo piccolo laboratorio c’era Massimo Carbone, giovane ma esperto “fornacino” ideatore e creatore del Pallò, una particolare anfora da vinificazione e affinamento. Ero rimasto così colpito dall’assaggio di alcuni vini prodotti da questo vaso vinario che la curiosità di comprenderne a pieno la natura mi ha spinto fino al luogo in cui nascono.
Condivido con voi la chiacchierata emersa dal confronto con Massimo Carbone riguardo l’anfora da vino “Pallò”:
– Come mai la scelta di dedicarvi alla produzione di Anfore da vino?
Sono ormai 27 anni che creo, completamente a mano, Anfore e Orci, ma la scelta di dedicarmi alla produzione di Anfore da vino nasce, come le più belle cose, un po’ per caso: tutto ebbe inizio durante una cena con gli amici di una vita, io “fornacino” e loro vignaioli. Fu proprio durante quell’innocua cena che, insieme ad Enrico Giovannini socio dell’azienda Agricola Ottomani, nacque l’idea di realizzare, un Orcio dove far fermentare e affinare il loro vino.
Nasce così il primo Orcio frutto di attente riflessioni e confronti studiato come vaso vinario che unisse la tradizione millenaria dell’Impruneta al vino di eccellenza.
– Con quali materiali vengono prodotte e come?
Le nostre Anfore vengono prodotte esclusivamente con terra di Impruneta, in quanto questa terra presenta caratteristiche peculiari e non sarebbe errato sostenere che la nostra argilla è definibile come biologica per natura essendo estratta da cave limitrofe ad aree boschive incontaminate ed è la stessa terra dove crescono le vigne del chianti classico.
Ogni Giara la realizzo completamente a mano con l’antica tecnica del “Colombino”: 15 cm al giorno, senza uso di macchinari, stampi o calchi in gesso semplicemente con terra; acqua, aria, fuoco e la mia esperienza. Nascono così le mie Anfore, “pezzi unici”, tutte diverse l’una dall’altra, come lo sono sempre i lavori fatti esclusivamente a mano.
– Perché le vostre anfore sono diverse dalle altre?
Materia, cultura, esperienza. Queste sono le basi su cui si fonda il nostro credo. Entrando nello specifico per materia intendiamo il fatto di avere un’argilla di partenza con caratteristiche tecniche uniche al mondo, quale una porosità contenuta, buona inerzia termica, e una scarsa presenza di moti convettivi dovuti a cariche elettrocinetiche. Per quanto riguarda l’aspetto culturale Impruneta è storicamente definita come la patria dell’Orcio in Terracotta di qualità, non a caso le grandi casate nobiliari commissionavano i manufatti per conservare le loro pregiate derrate alimentari (olio, vino, cereali etc. ) Infine l’esperienza acquisita attraverso le numerose collaborazioni con Università, e professionisti del vino, unita alla mia competenza trentennale, divengono strumenti fondamentali per garantire l’eccellenza che il mercato del vino, sempre più esigente, richiede.
– Cos’è il Pallò?
Pallò è equilibrio!
Prima di tutto è un progetto che nasce dallo studio dell’equilibrio delle forze energetiche, equilibrio, che in natura viene raggiunto con la forma sferica, vediamo l’atomo, pianeti, etc. Nasce così la sfida di realizzare a mano una giara in terracotta di Impruneta di forma sferica.
Ecco perché Pallò riduce drasticamente le “forze elettrostatiche”, provocando così “moti convettivi” che interagiscono in direzione opposta alla naturale sedimentazione.
Pallò è innovativo oltre che per la forma per il sistema brevettato di chiusura in terracotta. La naturale proprietà della terracotta di Impruneta, unita ad una particolare lavorazione dello strato interno, permette inoltre di raggiungere una percentuale di scambio d’ossigeno simile alla ceramica e confrontabile a quella della botte di legno. Abbiamo anche studiato e sviluppato un supporto rotativo in acciaio inox che permette a Pallò la rotazione di 180°. Questo strumento contribuisce alla semplificazione di tutti i procedimenti di pulizia di cui la giara necessita. Con Pallò abbiamo raggiunto i massimi livelli in termini di praticità, design ed evoluzione del vino, rispettando le nostre antiche tradizioni in Terracotta.
A conferma del lavoro svolto da Massimo Carbone e dell’efficacia del Pallò eccovi le opinioni di tecnici e produttori che hanno utilizzato questa tipologia di anfora in terracotta:
– Il Dr. Enologo Stefano Parisi parla degli effetti dell’anfora sul vino in vinificazione e in affinamento.
In fase di vinificazione le Giare di Massimo Carbone consentono una micro-ossigenazione confrontabile a un contenitore in legno, prevenendo eventuali riduzioni e garantendo una buona co-pigmentazione tra componenti fenoliche. Nello specifico esse permettono al vino, ancora in fermentazione, una naturale dissipazione di calore che ne consente un andamento fermentativo a temperature costanti e non eccessive.
Durante la fase di maturazione/affinamento la terracotta di Impruneta usata da Massimo Carbone garantisce una micro-ossigenazione paragonabile a un contenitore di legno, il che garantisce una polimerizzazione e complessazione fenolica ottimale per i vini da lunga macerazione. Tali vini, infatti, esprimono una mineralità territoriale e sentori fruttati, propri del micro-clima e suolo di provenienza.
La particolare realizzazione tecnica delle giare conferisce un buon isolamento termico, riducendo al minimo le interazioni tipiche dell’acciaio inox, in cui si hanno fenomeni attrattivo-repulsivi che possono interferire sulle cariche ioniche presenti in soluzione.
Aiuta in particolare quei vini con importanti concentrazioni flavonoiche, che necessitano di un affinamento prolungato, evitando la cessione di tannini aromatici dovuti all’uso del legno.
Nell’ Anfora non si hanno nemmeno particolari contaminazioni micro-biologiche, tipiche del legno di più passaggi, perché sarebbe sufficiente una buona igienizzazione attraverso l’utilizzo di vapore acqueo ad alta pressione e temperatura per auspicarne l ‘assenza.
– Non solo bianchi macerati in anfora come da tradizione georgiana, ma anche e soprattutto rossi in Toscana. Marco Salvadori, enologo dell’azienda del Chianti Classico Casa Emma ci spiega le differenze percepite tra i vari vasi vinari.
Casa Emma, inizia la sua esperienza con la vinificazione e affinamento in terracotta con la vendemmia 2018. Individua nel produttore Massimo Carbone con la sua specifica produzione di Pallò, che a parere nostro, risulta essere per quantitativo e forma la cosa più interessante enologicamente da provare su delle uve rosse, infatti hanno una capacita di 1000lt e una forma sferica ideale per un rapporto buccia mosto e per una lavorazione del cappello in fase fermentazione.
La nostra sperimentazione ovviamente è stata fatta con dei vini da uve Sangiovese, data l’idea di fare delle macerazioni piuttosto lunghe, abbiamo preso dei “Sangiovesi” che avessero raggiunto una maturità fenolica ottimale.
Le prime differenze in fase di vinificazione sono date dal fatto che il materiale terracotta mantiene piuttosto costante la temperatura di fermentazione della massa, perciò non abbiamo picchi di temperatura alta durante la fase fermentativa più concitata, questo porta ad avere delle fermentazioni regolari, con i lieviti che nutriti bene non vanno mai in stress perciò non si vanno a formare composti solforati sgradevoli, in anche l’apporto di ossigeno è garantito dalla porosità della terracotta.
Con questi vasi vinari lavoriamo solo con follature, senza che ciò comporti deviazioni aromatiche dovute a uno stress del lievito per mancanza di ossigeno.
Lavorando cosi non abbiamo un’estrazione intensa concentrata nelle prime settimane, ma lenta e costante durante tutto il periodo di vinificazione potendo così fare delle macerazione più lunghe, durata a noi circa 3 mesi.
Inoltre, i vini dell’annata 2018 vinificati nei Pallò risultano essere dei vini decisamente molto più limpidi dei compagni vinificati in acciaio.
Non abbiamo ad oggi dati certi, ma da una prima ricerca, risulta che l’argilla usata per la fabbricazione delle vaso vinario interagisca con il vino portando a una sedimentazione più reattiva rispetto alle vasche costruite con materiale inerte. Dal punto di vista analitico i vini in Pallò risultano avere una brillantezza maggiore rispetto a vini vinificati in acciaio.
In fase di affinamento, forse dovuta alla dimensione, non abbiamo riscontato problemi di ossidazione, perciò la porosità si è dimostrata perfetta per il quantitativo di vino nell’anfora, inoltre la forma sferica facilita i movimento circolare delle fecce fini se si ritiene opportuno lavorare in tal senso.
Degustandolo, di questo vino vengono fuori gli aromi fruttati tipici del terroir su cui sono coltivate le uve, come se la terracotta avesse la capacità di esaltare tutte quelle caratteristiche delle zona di produzione, ovvero questa riesce ad amplificare le note vegetali oltre alle fruttate caratteristiche delle annate, consolidando le scelte dell’enologo in base a una maturità tecnologica.
Come già capitato in passato, è per me fondamentale condividere con appassionati e, soprattutto, tecnici e vignaioli le novità che incontro durante le mie visite in cantina al fine di mettere a disposizione di chi legge le esperienze enoiche che reputo più interessanti.
Ringrazio Massimo Carbone, Francesca Fontanelli e gli enologi che hanno condiviso con me la loro esperienza personale con il Pallò.
Per maggiori informazioni riguardo il lavoro della Massimo Carbone Winejars vi invito a contattare direttamente Massimo tramite il sito: winejars.it.
Per maggiori informazioni riguardo il lavoro della Massimo Carbone Winejars vi invito a contattare direttamente Massimo tramite il sito: winejars.it.
F.S.R.
#WineIsSharing
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