In questa strana estate, culmine di un’annata che definire complessa, per molti areali e molti produttori e vignaioli, sarebbe eufemistico, quando sento disquisire riguardo prezzi del vino troppo alti e “rapporto qualità-prezzo” mi viene un nervoso..!!!
In questi anni ho dedicato ore e ore allo studio e alla preparazione di seminari e di corsi in cui ho trattato di posizionamento (qui un mio articolo a riguardo) e, ancor più, a far km per raggiungere produttori in giro per l’Italia, constatandone le virtù, i traguardi me anche e, soprattutto, le difficoltà e le incertezze con le quali, ogni giorno, si confrontano.
Per questo, con il rischio di sembrare banale ai produttori stessi e di sfociare nella mera demagogia, condivido qualche riga postata sui social un paio di giorni fa, confidando nella sensibilità, nello spirito di riflessione e, magari, nella capacità autocritica di chi leggerà.
La vitivinicoltura è tanto affascinante quanto faticosa e rischiosa, un continuo tentativo di bilanciare l’incertezza con la conoscenza e con il fare, non sempre con successo. Da ogni annata, specie in questi ultimi anni, si impara qualcosa ma il prezzo da pagare per la lezione è spesso ben più alto di quello che renderebbe sostenibile un’azienda vitivinicola basandosi solo sulla produzione di quel millesimo. Eppure, la maggior parte di chi acquista e consuma il “prodotto finito” non ha piena contezza delle difficoltà occorse per produrre quella bottiglia e di quanto quel prezzo rappresenti il primo tassello della sostenibilità di un’azienda non a breve ma a lungo termine. Per questo ne cito alcune, in maniera molto estemporanea ma, confido, ficcante.
–Malattie delle vite e parassiti: le viti sono soggette a diverse malattie fungine, batteriche e virali, come oidio, peronospora, mal dell’esca, legno nero, flavescenza dorata ma anche le muffe e i marciumi e l’attacco di insetti come la tignoletta, le cicaline e la recentemente “importata” popillia japonica. Questi sono solo alcuni dei fattori che possono compromettere la produzione e la qualità dell’uva, nonché decimare interi vigneti obbligando a colmare le fallanze e, in casi estremi, a reimpiantare.
–Cambiamenti climatici: l’aumento delle temperature, le ondate di calore, le gelate tardive, le alterazioni dei modelli di precipitazione e gli eventi meteorologici estremi possono influenzare negativamente la crescita delle viti, ridurre i raccolti e portare a maturazioni irregolari dell’uva. A questa situazione, già difficile, si aggiungono gli incendi boschivi, spesso di origine dolosa e agevolati dal clima. Parallelamente, stanno emergendo, anche “grazie” al cambiamento climatico, nuovi paesi produttori aumentando il novero dei competitor sui mercati internazionali.
–Fluttuazione dei costi: cause come la pandemia e la guerra ancora in atto, possono determinare non solo crisi di interi mercati ma anche l’aumento dei prezzi di vetro, cartone, capsule, etichette, trasporto ecc… unitamente all’incertezza e all’onerosità di annate come quella in corso (in cui si è dovuto intervenire nel vigneto molto più che in annate – seppur complesse per caldo e siccità – come quella scorsa, per poi rischiare di raccogliere ben poco e, nel caso di produttori virtuosi che producono solo dai propri vigneti, di non poter produrre abbastanza vino per assecondare la richiesta, con la conseguente perdita di clienti) possono rendere un’attività finanziariamente instabile, specie per le piccole realtà.
–Gestione agronomica: una gestione inadeguata e/o troppo onerosa delle vigne dovuta alla mancanza di manodopera può influire negativamente su quantità, qualità e sull’economia delle aziende vitivinicole. Problema, quello della manodopera, sempre più incidente sulle dinamiche delle aziende di molti areali italiani, in cui si fa fatica a trovare personale qualificato per le varie fasi della gestione del vigneto, compresa la vendemmia manuale.
-Burocrazia: le normative riguardanti il settore vinicolo possono essere complesse e soggette a cambiamenti, creando grattacapi e incertezze per gli agricoltori (senza parlare di quelle che si prospettano nei prossimi anni a livello europeo). Inoltre, la burocrazia non è ancora giunta alla tanta auspicata semplificazione necessaria per convogliare verso un unico ente e/o un numero minore di soggetti l’invio di dati da parte dei produttori. Attualmente la gestione delle pratiche sottrae tempo, energie e denaro, in particolare alle piccole realtà a conduzione famigliare.
Questi sono solo alcuni dei rischi a cui vanno incontro produttori ai quali è richiesta una gestione sostenibile delle risorse e una continua adattabilità alle mutevoli condizioni del settore. Rischi che vengono contenuti in parte da consapevolezza tecnica, sensibilità interpretativa, esperienza ma anche da una progettualità orientata a un più alto posizionamento sul mercato. Prerogativa, quest’ultima, non di certo semplice da attuare ma che sarà fondamentale in previsione di un mondo i produttori italiani potrebbero ritrovarsi a produrre minori quantità per un target di consumatori che, verso il basso, vedrà l’ingresso di molti altri competitor internazionali ma che, verso l’alto, potrà gratificare qualità e identità dei nostri vini, purché ben posizionate. Sarà proprio grazie al miglior posizionamento che le realtà vitivinicole del nostro paese potranno essere più competitive e avere la possibilità di re-investire in attrezzature di campo e di cantina e in tutti quei piccoli e grandi aspetti che permettono di elevare, di stagione in stagione, la qualità del proprio lavoro, compresa la formazione delle nuove generazioni che saranno, sicuramente, più invogliate a entrare in questo settore.
Quindi, da un lato, il produttore che a cui viene rivolto un “complimento” riguardo l’ottimo rapporto “qualità-prezzo” dovrebbe porsi qualche domanda e comprendere che dietro quell’apparente attestato di stima si cela l’evidenza di aver messo sul mercato un vino sin “troppo valido” per quella fascia di prezzo ovvero capace di dare una percezione più elevata di quella data dal suo costo, mentre, dall’altro lato, noi consumatori dovremmo preoccuparci quando un vino costa troppo poco, non quando ci sembra caro (siamo liberissimi di non acquistarlo, ma non di criticare la scelta di un produttore che con quel posizionamento ci sta dicendo non quanto grande sia il proprio ego o quanto sia superbo, bensì quanto crede nel suo lavoro e, magari, nel suo territorio e nel vino che lo rappresenta) perché fare vino costa e non solo in termini di investimento ma anche in termini di gestione di tutte le variabili elencate sopra che non possono essere affrontate in maniera postuma, bensì mitigate mantenendo una soglia di copertura e di sostenibilità economica più alta in previsione di esse.
F.S.R.
#WineIsSharing
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