In Salento, dove valori e tradizione incontrano lo slancio verso il futuro grazie ai Vini di Michele Calò & Figli

In questa strana estate in cui il caldo sembra essere arrivato solo ora, ad agosto inoltrato, non c’è cosa più bella di ospitare nel mio blog grandi persone, interessantissime aziende ed ottimi Vini della meravigliosa Puglia.
Ad avermi concesso il piacere di una breve, ma intensa, chiaccherata è il creativo e cortese Giovanni Calò, figlio di Michele Calò, fondatore della nota Azienda Vinicola Michele Calò e Figli, con sede nella splendida Tuglie (LE).
Parliamo dei valori della Michele Calò e Figli, ovvero il primo grande tema di questa azienda: “passione,
dedizione ed applicazione al lavoro sono dei valori importanti
tramandati a noi da nostro padre”, mi spiega Giovanni. 
La storia di Michele Calò è quella che accomuna tanti emigranti del Sud Italia che negli anni ’50 cercarono fortuna al nord ed in particolare a Milano ed è proprio a Milano che Giovanni e Fernando, i due figli di Michele, iniziarono la loro avventura, dapprima di commercianti, per poi rientrare in Puglia e dedicarsi maggiormente all’Arte di fare il Vino e non solo di venderlo. Un amore per la propria terra che ha accompagnato ogni membro della famiglia ovunque fossero, portando quest’azienda a diventare un punto fermo della viticoltura pugliese. Se è vero che il Salento era, dapprima, prettamente conosciuto come grande fonte di potenti vini da taglio e nulla più, oggi la storia è molto cambiata e dal Salento arrivano storie di
vini eleganti, estremamente longevi e di grande personalità, e questo lo dobbiamo anche ad aziende come quella che Michele Calò fondò con tanta passione e lungimiranza, facendo della qualità il fondamento della propria produzione.
Per una Cantina a conduzione familiare, così radicata nel territorio, la tradizione è qualcosa di imprescindibile, ma è vista dai Giovanni e Fernando Calò come un continuo divenir che li vede come custodi e testimoni, ma anche come coloro che proietteranno questa tradizione nel futuro. La tecnologia deve essere al servizio del produttore e non
viceversa, quindi non aspettatevi chi sa quali artifizi o apparati tecnologici nella Cantina Calò, bensì l’oculatezza nell’uso del freddo, l’uso
ponderato del legno ed un’estrema attenzione alla cura delle uve in
vigna prima ancora che in cantina. In cantina non si inventa nulla, terminata la raccolta delle uve in azienda si può già stabilire se si tratta di una grande annata o di un’annata interlocutoria. L’azienda di Giovanni e Fernando non è, però, solo tradizione, bensì vede entrambi i fratelli sulla stessa lunghezza d’onda riguardo la l’apertura alla novità, là dove non vada a contaminare quella che è la filosofia azaiendale, da sempre legata ad una visione del Vino non artificiosa ed adulterata.
E’ palese che in questi ultimi anno ci sia stato un vero e proprio boom del Rosato e questo ha portato di nuovo alla ribalta un Vino che vede nel Salento la sua massima espressione.Il Rosato è, per Giovanni, non è solo un’interpretazione enologica di un vitigno, bensì è una reale filosofia ed è così insito nella cultura enoica salentina da considerarlo come un colore sottopelle.

In un mondo spesso condizionato dalle mode del momento, il Rosato può e deve, sicuramente, rappresentare un concept che trascende i trend momentanei per diventare sempre più un Vino alla stregua dei suoi fratelli “Rossi e Bianchi” e questo lo si potrà avere solo continuando a produrre Vini di grande qualità ed ottimo rapporto qualità-prezzo, come quelli prodotti dall’Azienda Calò.
Parlando con Giovanni la prima cosa che si evince è il grande Amore per la propria terra…una terra “negata” loro da piccoli, ma che ha fluito da sempre nelle vene di tutti i membri della famiglia, fino a veder riversare questa passione e questo grande sentimento di appartenenza e di rispetto in ogni singola bottiglia dei loro Vini. 
Io ho avuto modo di assaggiare 3 dei Vini più importanti dell’azienda ed eccovi le mie sensazioni a riguardo:


Cerasa 2013 (Salento Rosato IGP): impossibile non essere ammaliati dal colore, quello della “ciliegia” (cerasa) al quale deve il nome questa intrigante interpretazione in rosa del Negroamaro. Come non ritrovare, non solo nel cromatismo, bensì al naso quella dolce nota di ciliegia seguita da una leggera speziatura, ma è in bocca che questo Cerasa da il meglio di sè, con un attacco morbido, ma di classe ed un tannino che lascia già intravedere potenzialità evolutive interessanti. Un Vino in cui si fondono tradizione e modernità, ma soprattutto terroir, passione e grande voglia di mettersi in gioco, in quanto questo è il secondo rosato dell’azienda, nato quasi per sfida, ma che sta davvero facendo parlare di sè per la sua piacevolezza e per una personalità unica, trasmessa sicuramente dai produttori. Personalmente quello che mi ha incuriosito di più, soprattutto in prospettiva!

Mjère 2013 (Salento Rosato IGP): è il Mjère il Rosato identificativo dell’azienda Michele Calò e Figli e come non potrebbe esserlo, dato che è fino alla creazione del Cerasa era “Lui” a rappresentare l’Arte della vinificazione in “Rosa” firmata Calò?! Un Vino (90% Negroamaro e 10% Malvasia Nera) del classico color cerasuolo, leggermente più scarico del Cerasa, ma, forse, anche più conciliante, in quanto sa subito farti sentire a tuo agio e far comprendere che ciò che stai per bere, sin dal primo sguardo, è un Rosato di quelli fatti ad arte!

Uno spettro olfattivo davvero complesso, fatto dell’immancabile ciliegia e di note di fiori rossi e bianchi, ma anche di salsedine ed arancia.
In bocca si percepisce subito una struttura importante, rara per un rosato, per quanto sia perfetto l’equilibrio fra l’attacco morbido e la giusta acidità, ciò che stuzzica di più i sensi è la sua “dolcemente-sapida” mineralità, che come una brezza fresca e leggera porta con se un ricordo indelebile del mare…di quel mare così vicino alle vigne dalle quali proviene il Mjère. Come lo definirei? Un Rosato con gli attributi, ma mai burbero o scontroso, che sa essere socievole!

Mjère 2012 (Salento Rosso IGP):  per finire un Negramaro (100%) di quelli veri, aggressivo quanto basta per far capire con chi si ha a che fare sin dal primo approccio con il calice. Un naso in cui frutti di bosco e un mix mediterraneo di alloro, ginepro, rosmarino e l’inconfondibile mirto, sempre presente in quegli splendidi contesti e nei Rossi che ne scaturiscono. 

Il sorso che apre equamente morbido per poi lasciar spazio ad un impeto passionale, con un tannino che lascia pensare che quell’impeto verrà, giustamente, tenuto a bada con qualche annetto nelle “segrete”… ma, non so voi, ma a me qualche volta l’impeto passionale da altrettante soddisfazioni psico-fisiche dell’attesa, per quanto giusta, per un risultato ancor più equilibrato e lunsighiero. Già così è un Vino eccitante!

Che dire di più, se non che l’unico modo, come sempre, per verificare le mie spontanee (gratuite!!!) e opinabili parole, sia quello di provare…provare…e provare i Vini dell’Azienda che ho avuto il piacere e l’onore di ospitare oggi nel mio umile, ma, ormai, (grazie a tutti Voi!) seguitissimo blog. Ecco perché vi invito a dare un’occhiata al loro sito: www.michelecalo.it

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