Il Vino italiano in Cina: mercato, considerazioni e pareri autorevoli a riguardo

La Cina, un paese meraviglioso, dalla storia e le dimensioni immense, che tanto affascina quanto, a volte, intimorisce noi occidentali che sin troppo spesso tendiamo a generalizzare e stereotipare un paese che, soprattutto in questo determinato periodo storico-sociale-economico ha davvero tanto da offrire. Come tanti italiani io della Cina conosco ben poco, se non ciò che ho letto e ciò che ho potuto apprendere dai viaggi in Asia di mio padre e di amici che studiano o lavorano da quelle parti.

Purtroppo non ho ancora avuto modo di visitarla, ma è uno dei miei sogni e di certo troverò il modo di realizzarlo, magari quando il mondo del Vino sarà ancor più maturo. Faccio questa premessa proprio perché ho pensato potesse essere di utilità comune, sia per le aziende che per tutti i winelovers, conoscere meglio le dinamiche del mercato cinese e la concezione del Vino Italiano in Cina e conscio dei miei limiti riguardo la conoscenza di questi temi, ho ritenuto opportuno coinvolgere un mio coetaneo, che vive e lavora in Cina, rappresentando l’Italia in maniera egregia, raggiungendo apici che a quell’età nel nostro paese sarebbe impensabile raggiungere.
Parlo di Alessio Fortunato che… beh… non vi anticipo nulla, godetevi l’intervista! 😉


– Iniziamo con una tua breve presentazione Alessio, che ne dici?

Sono Alessio Fortunato, 29 anni, enologo,
consulente in Wine Business e professore presso la prima Università
in enologia e wine business instituita in Asia, la North West
Agriculture and Forestry University in Xi’An.
Sono un esperto conoscitore del mercato
del vino Cinese,
specializzato in strategia di marketing e vendita,
invitato in qualità di Wine opinion leader nelle maggiori Wine fair
in Cina
e premiato nel 2013 in Canada dall’Academic Wine business
research con il miglior Best Paper. La premiazione di questo
prestigioso articolo mi ha dato la notorietà giusta per essere
invitato in Cina.
Ho all’attivo molte esperienze
lavorative nelle più prestigiose cantine al mondo come Chateau
Lynch-Bages (Francia), Kim Crawford (Nuova Zelanda) e collaboro con
molte agenzie ministeriali e private di prestigio come Sud de France,
German wine institute.
– Com’è considerato il Vino Italiano
in Cina? E’ vero che ad oggi solo i brand più prestigiosi riescono a
“sfondare”?

Il vino italiano non è conosciuto come
dovrebbe in Cina, a volte anche gli esperti del vino cinese
presentano delle lacune quindi è un mercato molto immaturo. Negli
ultimi anni ho assistito a importatori che addirittura non sapevano
che in Italia si producesse vino. Quindi su questo piano c’è tantissimo
lavoro da fare.
Il mercato cinese è molto dinamico e
veloce, quindi non mi sorprenderei che nel medio termine tutto
cambiasse. Con i suoi 9.6 milioni di chilometri quadrati la Cina è
un stato vastissimo, quindi non si può generalizzare, bisogna
differenziare le aree regionali dato che queste hanno culture e gusti
molto diversi tra loro. E’ sbagliato chiedersi quale vino italiano
è più presente in Cina perché materialmente sarebbe impossibile
anche per la più grande cantina italiana essere presente su tutto il
territorio cinese. Quindi bisogna analizzare e descrive in base a
delle macro aree definite in diverse regioni della Cina.
E’ vero solo in parte, cioè i brand
più prestigiosi
sono avvantaggiati perché sono già riconosciuti a
livello internazionale quindi non entrano in quelle logiche di
mercato che la media azienda vinicola deve intraprendere per far
conoscere il suo prodotto. I noti vini italiani sono conosciuti in
tutto il mondo e proprio per questo il loro costo è elevato, anche
in Cina sono molto più conosciuti dei tradizionali vini italiani.

Quali sono le dinamiche di
importazione cinesi? Sono davvero così “chiuse”?

Presso il mio college di Enologia è
stato scritto il nuovo regolamento per l’importazione del vino che
a breve a settembre sarà attivo in Cina, quindi ci saranno delle
piccole novità che faciliteranno le importazioni, nello stesso tempo
difenderanno il consumatore cinese.
Le dinamiche sono molto diverse dai
classici mercati come l’USA, non basta partecipare ad una fiera per
incontrare un importatore e quanto meno essere presenti in una guida
dei vini italiana non porterà nessun beneficio in questo mercato,
perché il consumatore cinese non conosce. Moltissime aziende mi
contattano per conoscere importatori cinesi, ma bisogna giocare
d’astuzia per cui non basta la semplice interazioni tra le parti
per far sì che il tutto vada per il meglio, bisogna impegnarsi a
fare una strategia di promozione per far scattare l’interesse da
parte dell’importatore. Queste dinamiche richiedono molto tempo e
si basano sui rapporti interpersonali, una volta creati questi
rapporti il business in Cina potrà prendere dei volumi
considerevoli.

– Quali sono, secondo te, le
prospettive per un’azienda italiana in Cina?

Le prospettive di successo in questo
mercato possono essere molto alte se si intraprende una strategia a
medio termine. Bisogna dare continuità ed essere presenti sul
territorio sempre, la cultura cinese richiede un grande dispendio di
energie e tempo.
– Hai dei consigli per le cantine
italiane che vogliono aprirsi all’oriente?

La Cina è un mercato complesso e pieno
di concorrenti, è bene affidarsi a persone che la Cina la conoscono
e che ci vivono, che sanno come muoversi e interpretare tutti gli
avvenimenti che intercorrono durante le fasi della contrattazione. I
rapporti interpersonali con importatori e distributori in Cina sono
fondamentali, non si può gestire il mercato cinese dall’Italia,
perciò l’azienda deve valutare di collaborare con una persona che
sia attivamente presente in Cina e che conosca come risolvere nel più
breve tempo possibile le molteplici difficoltà che si possono
presentare a tutti i livelli, questo significa un aumento dei costi
di gestione. Queste spese per le piccole aziende può essere
ampliamente superato attraverso la consociazione.

Penso che questa, se pur breve, intervista meriti l’attenzione di tutti noi, in quanto la Cina è un paese a cui guardare con lungimiranza e senza fretta, con maggiore consapevolezza ed

una più accurata strategia di marketing. A questo si aggiungono, però, le considerazioni ed i consigli molto interessanti che ho potuto avere da un altro giovane, Andrea Chen, importatore cinese che vive in Italia e che Ama il Vino italiano e la nostra terra come pochi!

Andrea mi ha spiegato perché secondo lui in Cina il Vino italiano faccia più fatica di quello francese ad essere ancor prima che venduto, conosciuto:

– Mancanza di tasting organizzati (grandi aziende a parte) in loco, che possano avvicinare i Cinesi alle realtà meno conosciute e possano far emergere la qualità indiscussa del Vino italiano;
– Lacune per quanto riguarda la comunicazione, in quanto spesso alle aziende italiane manca un interprete realmente capace;
– Avete un brand manager in Cina costa molto, ma riferirsi a persone di talento, magari anche italiane, che vivono stabilmente in loco, per presentare la propria aziende e prendere contatti diretti con gli importatori non può che essere la strada migliore, in quanto la cultura cinese è molto diffidente riguardo trattative fatte non di persona;
– Scarsa conoscenza della cultura cinese e del mercato;
– Pochi investimenti nel turismo enogastronomico dalla Cina verso l’Italia. Sarebbe molto positivo, secondo Andrea, portare il maggior numero di turisti ed amanti dell’enogastronomia in Italia, in quanto non abbiamo nulla da invidiare alla Francia o altri paesi, ma a differenza loro facciamo fatica a promuovere tour del Vino e visite organizzate nelle nostre Cantine. L’associazione di più realtà e la sinergia di produttori di uno stesso territorio potrebbero essere le scelte più giuste per abbattere i costi e portare winelovers cinesi in ogni nostra meravigliosa regione.
Con queste informazioni ho provato a fare il punto di quello che è per un Italiano in Cina e per un Cinese in Italia la Cina del Vino e sulla percezione del Vino Italiano dall’altra parte del mondo. Ricordando che la Cina sta imparando a produrre (è già il secondo paese al mondo per superficie vitata con oltre 800.000 ettari, l’8° produttore ed il 5 consumatore mondiale) e sembra che, per quanto la distanza in termini di esperienza e tradizione, nonché le lacune tecniche, ci siano già dei discreti risultati, ma questo lo vedrei come un fattore positivo, in quanto producendo Vino e facendolo entrare sempre di più nelle case delle famiglie cinesi e, quindi, sulle loro tavole, non sarà solo il fabisogno a crescere, bensì aumenterà anche la conoscenza e si affineranno gusti ed esigenze, cosa che porterà anche il nostro Vino ad essere maggiormente apprezzato.
A voi ulteriori valutazioni, nella speranza che il nostro Vino venga sempre più apprezzato anche dagli ottimi palati asiatici, anche perché, a quanto pare, molte delle nostre denominazioni si sposino egregiamente con la cucina locale!

F.S.R.
#WineIsSharing

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