Sentiamo spesso parlare di giudizi incondizionati, di valutazioni prive di ogni sorta di incidenza di fattori esterni che possano in qualche modo spostare l’ago della bilancia e l’esito, nel caso del Vino, di una degustazione, beh… se vi dicessi che essere totalmente incondizionati è impossibile? E che, magari, il segreto sia proprio essere consapevoli di questi condizionamenti ed approfondirli tenendone conto prima, durante e dopo una degustazione?
Ad alcuni di voi tutto questo parrà ovvio e scontato, ma per molti winelovers che si approcciano al Vino per la prima volta e per alcuni produttori che, a quanto sento, credono profondamente nei giudizi tecnici, magari queste personali ed opinabili considerazioni, corredate di qualche curiosa informazione, potrebbero risultare interessanti.
L’uomo è un essere condizionabile e condizionato per natura, in quanto, che lo si voglia o no, contesto ambientale e sociale incideranno sempre e comunque sui sensi e sulla capacità di discernere di un individuo.
Quindi perché non farsene una ragione spostando l’attenzione proprio sui fatto condizionanti, facendone parte integrante delle nostre valutazioni?
Vi cito alcuni esperimenti e degli accadimenti enoici che negli scorsi anni hanno confutato in maniera pratico-scientifica ciò che in realtà, a pensarci bene, ha dell’ovvio, ovvero quanto la percezione umana sia facilmente orientabile se solo si voglia condizionarla.
Esperimenti enoici a sostegno della tesi del condizionamento
-Nel 2001, un ricercatore presso l’Università di Bordeaux ha effettuato un test su 54 studenti di enologia. Il ricercatore ha offerto agli studenti due bicchieri di vino, uno rosso e uno bianco. Dopo un sorso, ai soggetti è stato chiesto di descrivere il gusto di ogni vino, e tutti hanno descritto le diverse uve, il tannino ed hanno utilizzato i descrittori comuni alle valutazioni per ogni singolo assaggio. Peccato non stessero bevendo vino rosso. Il ricercatore aveva, infatti, aveva tinto con un colorante alimentare inerte il vino bianco, ingannando tutti gli studenti.
-Un test simile ha avuto luogo presso il California Institute of Technology. I ricercatori hanno messo vino a buon mercato in bottiglie costose e del vino più costoso in bottiglie a basso costo. I degustatori non solo sono stati più affascinati dal vino, secondo loro, più costo, ma il loro cervello ha registrato al momento dell’assaggio di quello sesso vino un’attività celebrale involontaria ed una maggior produzione di endorfine, legate ad un piacere emotivo e fisico nell’assaggiare qualcosa di, sempre secondo loro, più prezioso.
– Inoltre (e questa è la più strana), a discapito di ciò che si pensi e di molti suggerimenti di marketing, sembra che uno studio della Brock University abbia appurato che le persone siano disposte a pagare di più per una bottiglia di Vino dal nome più difficile da pronunciare, che per quella dal nome più familiare ed in linea con il proprio idioma, a prescindere dal gusto, quindi solo scegliendola dallo scaffale.
-Famosissimo, poi, il caso di Rudy Kurniawan, salito agli onori della cronaca per una delle truffe enoiche più grandi del della storia. Per otto anni, l’indonesiano ha guadagnato almeno 1.3 milioni di dollari per vini contraffatti, in quanto avendo conquistato la fiducia dei suoi cliente poteva vendere Vini con etichette falsificate o annate ritoccate a prezzi stratosferici.
-In ultimo, nel mondo della degustazione si parla spesso di sinestesia o almeno a me piace molto come concetto e credo sia fondamentale se preso per quello che è realmente. Il coinvolgimento di un senso come quello dell’udito, ad esempio, per rievocare sensazioni tattili, gustative e, magari ricordi legati all’ambito emozionale, può condizionare la degustazione di un Vino. Questo è ciò che ha attestato lo studio del ricercatore Adrian Nord della Heriot Watt University , che ha chiesto ad pubblico di prova, prima dell’assaggio, di suddividere diverse canzoni in categorie specifiche. La musica poteva essere classificata come “potente e pesante”, “sottile e raffinata”, “dinamica e fresca” o “morbida e leggera.” Nella fase due, Nord somministrò il test a 250 nuovi soggetti, ai quali fu chiesto di assaggiare un Cabernet Sauvignon o uno Chardonnay con in sottofondo la musica precedentemente classificata. (Un gruppo di controllo, nel frattempo, ha bevuto gli stessi vini senza nel silenzio più totale.) Alcuni, quindi, hanno degustato il loro vino ascoltando Tchaikovsky con il “Valzer dei fiori” (sottile e raffinato); altri “Slow Breakdown” di Michael Brook (dolce e morbido). Dopo aver assaggiato, a quegli stessi soggetti è stato chiesto di raggruppare i vini in una delle categorie precedentemente menzionate. Con il tempo del Nord era finito, aveva scoperto che la musica ha un forte impatto sul modo in cui percepiamo il vino. Ad esempio, quando i degustatori bevevano vino rosso durante l’ascolto “Carmina Burana”, il 60 per cento dei soggetti ha usato descrittori come “potente e pesante”, mentre assaggiando lo stesso vino con colonne sonore più fresche e dinamiche, la categoria scelta è risultata essere di nuovo concordante a quella della musica.
E’ ovvio, questi sono solo esempi, ed i degustatori esperti (mica io!) riescono ad isolarsi ed a concentrarsi totalmente nell’assaggio del Vino, senza incorrere in questi condizionamenti, ma è palese che ci sia una, seppur piccola, percentuale di meccanismi percettivi che volente o nolente saranno sempre condizionati… e poi diciamolo, concentrarsi troppo non . Questo è il bello del Vino e non di certo un limite alla capacità di comprenderne le qualità e la dimensione ideale, anzi, credo che, come già espresso sopra, possano rappresentare un valore aggiunto da utilizzare nelle descrizioni e da far nostre per amplificare quelle sensazioni positive che ogni bottiglia può regalarci.
Ricordando sempre che il 99% di chi compri e beva Vino non debba essere e non sia necessariamente né un esperto né tanto meno una persona che senta la necessità di vivisezionare l’assaggio in note descrittive, bensì voglia solo e soltanto godersi gusto e sensazioni. Se poi riuscissimo a coinvolgere ogni senso, ben venga!
Parliamo spesso di di quanto possa essere intensa l’esperienza di un assaggio, beh… provate ad assaggiare un Vino a casa, da soli, in silenzio pensando, dopo aver letto la bolletta col conguaglio del gas, e riassaggiate lo stesso Vino al tramonto, in spiaggia, con la persona che amate con il rumore del mare a far da colonna sonora all’assaggio…
Comunque, concludo, dicendo che quest’articolo è volutamente leggero, ma che c’è un valore che credo sia indispensabile per chi parli di Vino e mi piace pensare che sia proprio di molti critici, giornalisti e wine bloggers, ovvero la capacità di essere super partes, che può contemplare anche tutti i condizionamenti citati sopra, ma nella consapevolezza che alla fine ciò che condiziona l’animo umano e la sua percezione possa essere sensoriale ed emozionale, ma non materiale ed in malafede.
Per il resto, se c’è una cosa stupenda del Vino è che sono proprio questi condizionamenti umani a far sì che non si legga per lo stesso Vino solo la stessa descrizione declinata in varie forme, ma dal medesimo contenuto, bensì si possano avere mille e più punti di vista differenti e ci si possa confrontare su sensazioni soggettive ed individuali, a volte, persino totalmente divergenti.
Poi sul fatto che difetti e peculiarità tecniche l’opinabilità si riduca al minimo, siamo tutti d’accordo, ma pensato solo a quante persone abbiano goduto di un assaggio brettato senza rendersene conto e considerando quel difetto una nota distintiva ed un surplus di quel Vino…?!? Tutto è relativo… ancor di più nel Vino!
F.S.R.
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