Bucci
Villa Bucci Verdicchio Classico dei Castelli di Jesi 2013 Riserva: un etichetta simbolo, un mito enologico per le Marche e l’Italia tutta, nella sua espressione pionieristica del potenziale assoluto di questo varietale, eppure non è solo una mera questione di etichetta… assaggiandolo e riassaggiandolo se ne comprende una complessità unica, votata all’eleganza ed alla luce. Riconoscibile in mezzo a mille, o meglio, in questo caso a 36, in quanto intriso di una cifra stilistica capace di attraversare le annate più belle e fungere da comun denominatore, pur mantenendo grande coerenza con l’andamento stagionale. Chi vede nelle tradizione la regola per guardare al futuro senza timori, ma comprende l’importanza del coraggio di chi la tradizione l’ha creata e non l’ha cavalcata, può solo amare questo Vino e quest’azienda.
Bonci
San Michele Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. 2014: l’annata storta che, però, per chi la sappia interpretare e non corra ai ripari, bensì guardi negli occhi la propria uva e convincendosi di poter fare un Vino all’altezza dei propri standard, può rappresentare un motivo di orgoglio. E se io fossi un membro della famiglia Bonci sarei molto orgoglioso di ciò che ho avuto modo di assaggiare! Un Vino che conferma le peculiarità di terroir che regala Vini pieni e lungimiranti, dalle pennellate sottili e sfumate, ma sempre ben evidenti e mai confuse. Se siete alla ricerca di sicurezza da un lato e di sorprese dall’altro, avere una bottiglia di San Michele in cantina può fare al caso vostro.
Colognola
Via Condotto Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. 2014: molti di voi non ci crederanno, ma io non solo ritrovo nei Vini di questa azienda una riconducibilità al proprio stile in termini di interpretazione del Verdicchio, bensì ci sento… casa! La mia Cingoli nel calice, nella sua espressione più diretta, schietta… vera! Un Verdicchio realista, senza fronzoli, che ne rappresenta un compendio varietale delle caratteristiche che reputo irrinunciabili in una base di partenza per la conoscenza di questo vitigno e di ciò che ne possa scaturire, vale a dire naso varietale, freschezza mai parsimoniosa, mineralità salina e finale di mandorla amara. Specifiche che a prescindere dalla noia dei descrittori organolettici, hanno una funzione fondamentale… quella di renderlo un Vino inerziale, che invogli a ricolmarne il calice senza soluzione di continuità. Perfetto per chi vuole rompere il ghiaccio con li Verdicchio senza timori reverenziali, ma con profondo rispetto.
Colpaola
Colpaola Verdicchio di Matelica 2015: una delle cantine che ho portato per mettere alla prova me stesso, in quanto non la conoscessi prima, se non per il suo approccio bio/rispettoso in vigna e per la scelta del tappo a vite. Un po’ come per il Vino precedentemente citato anche in questo caso l’espressione così pura e schietta del Verdicchio sponda Matelica fa di questo assaggio un riferimento per imparare a ricondurre il sorso al territorio. Un naso estivo a tratti tropicale ed in bocca una ventata di freschezza con uno scheletro minerale a tenere salde le redini del sorso, che è agevole come non mai, per un Vino buono ora, ma che fa dedurre un potenziale evolutivo non trascurabile. Se volessi stappare 6 bottiglie di Verdicchio di Matelica una all’anno nei prossimi 6 anni sono certo che questa sarebbe un’ottima opzione.
Gagliardi
Gagliardi Verdicchio di Matelica 2015: a conferma di quanto il Verdicchio di Matelica, vanti interpretazioni estive, ma al contempo di notevole morbidezza, c’è questo Vino che riempe il naso di profumi e soddisfa il palato con la sua struttura, il tutto ingentilito da una pulizia degna di nota. Lineare nella sua freschezza che punta dritta all’animo per poi inviare un segnale ai recettori del cervello adibiti alla sete, spingendoli a versarne ancora. Che il Verdicchio di Matelica faccia di questo bilanciato connubio fra spiccata espressività e beva il suo punto di forza è assodato, ma non tutti vantano una verticalità pari a questa. Il Vino che consiglierei a chi è alla ricerca di Vini affilati ed a chi ami la pienezza in ogni sua forma. Un Verdicchio che soddisfa, senza disfare.
Garofoli
Serra Fiorese Verdicchio Classico 2012 Riserva: la storia del Verdicchio e la storia del Vino marchigiano, che ancora oggi si incarna in una famiglia composta da persone straordinarie, ognuna nel proprio ruolo e nella propria personalità, proprio come i loro Vini, che spaziano di carattere in carattere con rara maestria ed eleganza. Il Serra Fiorese è uno delle rare espressioni di Verdicchio da affinamento in legno, ma ciò che colpisce di più è l’integrazione che esso riesce ad ottenere in ogni annata. Questa 2012 è uno di quegli assaggi che sin dal primo naso ti fa apparire in viso un sorriso quasi fosse un riflesso involontario che ti renda conto di aver manifestato solo dopo aver poggiato le labbra ancora ridenti sul calice. Tanta armonia, che oserei definire poesia… una poesia che non ha la strofa finale, perché è in continuo divenire e non ammette un’ultima rima se non quella tra l’intrigante sorso ed il suo lungo evolutivo percorso. Chi non teme il tempo e sa aspettare, chi vede l’eleganza come un composto di sicurezza e classe, amerà questo Verdicchio come pochi altri.
Marconi
L’Istinto Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. 2015: instintuale come il suo naso, riconoscibile per la sua spiccata voglia di stupire. Dinamico e mai pago in una dimensione tua sua di frutto e freschezza, che regala sensazioni diverse dal solito, quasi fosse un quadro futurista.
Divertente e piacevole, sorso dopo sorso… da un lato appaga la curiosità, dall’altro ne suscita ulteriore. E’ la bottiglia che incarna una modernità ponderata, non eccessiva, ma di certo voluta con senno ed intenzioni ben chiare, quelle di incuriosire e stupire.
Mencaroni Federico
Isola Verdicchio dei Castelli di Jesi 2010: uno degli assaggi più maturi, che mostra la capacità evolutiva del Verdicchio nelle sue varie vinificazioni, in questo caso in acciaio sulle fecce nobili, con la volontà di conferire complessità e struttura, nonché evidenziare la personalità del vitigno che si interseca a quella del terroir tutto. Se pensate, come me, che la semplicità possa celare complessità ed eleganza e che ognuno di noi, come il Vino, maturi in base alla propria esperienza, questo è un Verdicchio che potrebbe darvi una forte empatia.
Montecappone
Utopia Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 2008 Riserva: avete presente quando, come io scrivo spesso, ma come sono certo capiti altrettanto spesso anche a voi, un Vino vi faccia viaggiare? Si una sorta di trip enoico, senza controindicazioni! Beh, questo assaggio a me ha dato la sensazione di essere preso e portato nelle terre fredde del Nord, con le sue note dolci-solfuree-mineali tipiche del Reno, per poi essere catapultato nel bel mezzo di un agrumeto di Sicilia, per finire il viaggio dove speravo terminasse, ovvero nelle Marche, nel bel mezzo della Doc del Verdicchio del Castelli di Jesi con un calice di Vino in mano e le peculiarità varietali che sembrano gridare al mondo “Sono un Verdicchio!”.
Nonostante l’età impressione la gioventù ed il potenziale ancora da svolgere nella sua interezza, ma la cosa che mi ha colpito di più è sicuramente la precisione di ogni sfaccettatura di un diamante che se mai sia stato grezzo, lo ha fatto con stile. Conosco più di una persona che se dovesse scegliere due bottiglie da portare su un’isola deserta sceglierebbe un Verdicchio ed un Riesling, beh… se quelle persone volessero risparmiare un posto e restare in Italia con le scelte, probabilmente questo sarebbe il loro Vino.
Socci
Deserto Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. 2015: lo ricordavo ancora in vasca e la sintonia che ho con i Vini di quest’azienda mi porta sempre a scovarli fra la folla, tanto da aver trovato i sentori primordiali percepiti agli inizi del suo percorso sin dal momento della mescita. Un Vino che rievoca alla memoria Galileo e la sua massima “il Vino è un composto di umore e luce”, in quanto c’è gioia della vita e fatica del lavoro, c’è sole del colore di un limone e sasso bianco come il calcare, c’è mare calmo al tramonto e scoglio intriso di salsedine. Un Vino che consiglio come antidepressivo naturale!
Tavignano
Misco Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 2013 Riserva: siamo di nuovo nella mia terra natìa, a Cingoli e nel calice trovo subito un ricordo tipico delle tavole marchigiane, ovvero l’anice, che vede nel suo distillato il degno finale di ogni pasto, magari nel caffé! Digressione nel passato e nelle emozioni familiari a parte, il Misco Riserva è Verdicchio profondo ed inequivocabilmente integro, giocato sulle sfumature che l’evoluzione in vetro (almeno 18 mesi di bottiglia, ma questa ne hai fatti ovviamente di più) sa dare nel rispetto pieno del varietale, mantenendo intatte mineralità e freschezza e quindi bevibilità. E’ un Cru e come tutti i Cru porta con sé evidenti note distintive che io consiglio di approfondire a chi è curioso di comprendere quanto possa arrivare a dare in termini di persistenza e complessità questo vitigno senza ricorrere a null’altro che acciaio e bottiglia.
Tenuta San Marcello
Buca della Marcona Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 2013: il Vino che in assoluto ha messo tutti d’accordo per quanto riguardi la percezione di un’approccio più “naturale” in vigna ed in cantina ed in una cieca con 36 campioni monovitigno di realtà ed annate differenti è tutto un dire.
Intenso nella sua franchezza e speciale nel suo modo di porsi al primo sorso, come se a stringerti la mano fosse il più nobile un artigiano della terra, facendoti percepire ogni solco della sua pelle arato dal tempo in un istante. Eppure in quell’approccio così schietto si cela una recondita eleganza, una pulizia a tratti dissacrante. Se dovessi consigliare questo Vino… beh… lo consiglierei a tutti, “belli e brutti” del Vino, talebani e non, winelovers destrorzi e mancini, insomma a chiunque voglia assaggiare il trait d’union fra due mondi, che forse non dovrebbero far altro che incontrarsi a metà strada con equilibrio, rispetto e profonda consapevolezza.
Vicari
L’Insolito del Pozzo Buono Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. 2014: i tratti mascolini e quelli più femminei del Verdicchio in questo Vino vengono evidenziati in tutto il loro potenziale che vede da un lato peculiarità quali l’imponenza strutturale, lo spirito integerrimo, il finale amarognolo, ma non scontroso, e dall’altro lato aromi intrisi di floreale e fruttata freschezza tra la primavera e l’estate tropicale, che sfociano in un sorso armonico e di classe. Un Vino che non è ha la moda, in quanto non scontato, ma potrebbe fare moda, perché contemporaneo e perfetto per i Millennials.
Vigna degli Estensi
Logos Verdicchio dei Castelli di Jesi 2012 Riserva: cantina che avevo avuto modo di conoscere grazie alla sua Lacrima di Morro d’Alba, ma che vedeva nel Verdicchio un assaggio a me ancora sconosciuto, poiché si tratti di una realtà relativamente nuova. Quando ci si ritrova ad assaggiare un Vino che rappresenti la massima espressione della personalità di un terroir che non si conosce e quindi anche del proprio vignaiolo, si è “vergini” e la mente si può trovare confortata da note consuete e conosciute o confusa da novità interpretative. In questo caso sono successe entrambe le cose, in quanto a primo naso la confusione è stata palese, per via delle specifiche di una zona che mi ha dato poco da assaggiare e per la mia incapacità di collegare questo Vino a terroir a me noti. Sì, ero spaesato, ma è bastato un sorso per dire a chi assisteva… siamo al mare! E’ bastato un sorso per comprendere lo spessore di un Verdicchio che vanta caratteristiche di grande maturità, ma ancora un notevole potenziale evolutivo.
Cantina “intrusa”
Premessa – ho scelto di inserire in degustazione alla cieca 3 vini prodotto con 2 vitigni (entrambi in purezza) che potessero produrre due risultanti:
– La Ribona o Maceratino, in quanto io credo (e presumo di non essere l’unico) che le caratteristiche organolettiche e, probabilmente, genetiche di questo varietale siano molto simili se non congruenti a quelle del Verdicchio, spostato ed adattatosi in una zona diversa da quella “classica”. Cosa confermata dal fatto che la maggior parte dei degustatori che non conoscessero sin dapprima la Ribona non hanno riscontrato palesi evidenze che potessero far pensare ad un “intruso” pur sapendo che vi fossero Vino prodotti non propriamente con uve Verdicchio;
– L’Incrocio Bruni 54 creato nel 1936 dal noto Ampelografo marchigiano Prof. Bruni, che ebbe la sensata idea di incrociare Verdicchio e Sauvignon, due varietà così diverse eppure così complementari, in quanto il primo conferisce freschezza e struttura ed il secondo aromaticità ed eleganza, il tutto sostenuto dalla mineralità dei terreni tipici della zona. Anche in questo caso le note tioliche del sauvignon possono confondersi con quelle del Verdicchio seppur meno marcate, portando a pensare ad un super-verdicchio in termini di spettro aromatico.
La Cantina dalla quale ho attinto per quanto concerne gli “intrusi” è Fontezzoppa.
Ribona 2012-2013: dai più presa per un grande Verdicchio, a me più nota e quindi più familiare ha dato l’impressione di poter emergere anche in una degustazione con tali “verdicchiosi competitors” nel senso più amichevole del termine. Coerente con ben più di una parte delle componenti aromatiche dei Verdicchio più puri, trova nello sprint minerale che sa di vento che viene dal mare un grande compare nel lungo viaggio verso l’evoluzione. Entrambi i Vini hanno manifestato una giovinezza impensabile, tanto da confermare ancora una volta una longevità potenziale disarmante. Non lo chiamerà Verdicchio “de’ Citanò” perché sarebbe riduttivo per la Ribona, ma di certo gli amanti dei grandi Verdicchio apprezzeranno il vitigno e l’interpretazione di questa Cantina marchigiana, con il plus di poter portare in tavola o in degustazione un’alternativa che darà vita ad interessanti disquisizioni e, più convivialmente, a sane chiacchierate intorno ad un calice… anzi a due… uno di Verdicchio ed uno di Ribona. Per quanto riguarda l’Incrocio Bruni 54 2015 ne è stata apprezzata da tutti la grande freschezza, dinamica e dissetante. Un Vino di grande bevibilità e duttilità per chi, come capita spesso a me, mette al fresco bottiglie senza porsi il problema dell’abbinamento o del momento in cui le stapperà, perché se un Vino è buono, fresco, originale e beverino, dall’aperitivo alla tavola non deluderà di certo.
Special Guests di quest’anno “Le Bollicine”, ovvero 7 Metodo Classico da uve Verdicchio in purezza, a confutare ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, l’estrema duttilità del vitigno e la sua predisposizione alla spumantizzazione sui lieviti con metodo tradizionale.
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