A volte trovi posti stupendi durante un tragitto, nel ben mezzo di un percorso prestabilito e ti restano nel cuore ancor più della meta di quel viaggio, ma esistono anche altri luoghi che non sono di passaggio, che non incontri per caso e per questo rischi di non vedere mai. E’ un po’ quello che stava per accadere a me con Bergamo, la sua meravigliosa città alta e le suggestive vigne, ma per fortuna il destino è stato così cortese da darmi più di un valido motivo per scoprire questa terra, le sue bellezze ed i suoi Vini.
E’ proprio nella splendida cornice della città vecchia che l’Associazione
dei Viticoltori Indipendenti di Bergamo ha dato vita ad una piccola, ma importante, rassegna denominata Sette Terre Wine Fest. Sette banchi d’assaggio per sette produttori uniti dall’obiettivo della valorizzazione e la promozione della produzione vitivinicola
bergamasca nel segno di uno sviluppo ecocompatibile e di un approccio profondamente rispettoso in vigna ed in cantina.
dei Viticoltori Indipendenti di Bergamo ha dato vita ad una piccola, ma importante, rassegna denominata Sette Terre Wine Fest. Sette banchi d’assaggio per sette produttori uniti dall’obiettivo della valorizzazione e la promozione della produzione vitivinicola
bergamasca nel segno di uno sviluppo ecocompatibile e di un approccio profondamente rispettoso in vigna ed in cantina.
Sette Terre perché sette sono i terreni presenti in questo areale, suoli e sottosuoli capaci di rappresentare da soli l’identità di un territorio che non vanta varietali autoctoni (eccezion fatta per il Moscato di Scanzo), ma che vede nell’espressività, nella personalità e quindi nell’interpretazione della singola cantina un’identità forte e densa di peculiarità non comuni. In parole povere una territorio dove sono i terreni ad essere “autoctoni” ancor più delle uve.
Fare quasi 5 ore di viaggio per assaggiare i Vini di 8 cantine, sapendo che avrei incontrato per lo più Merlot e tagli bordolesi per uno che da alcuni viene tacciato di faziosità in favore degli autoctoni (che poi… come ho detto più volte sarebbe meglio chiamare vitigni storici o tipici di quel luogo) è tutto un dire, ma vi dirò che la sensazione di poter essere stupito si è rivelata azzeccata.
Vi citerò qui di seguito gli assaggi che ho apprezzato di più, senza nulla togliere agli altri (nessun Vino presentava difetti o una palese scarsa qualità), cantina per cantina, terra per terra:
Cascina Lorenzo (Terra – Volpinite) – Merlot Durno 12 2013: un Merlot dal carattere ben definito, per nulla ruffiano o piacione, con una buona integrazione del legno piccolo. Si fa bere, grazie ad una mineralità conferita da terreni gessosi e carichi di calcare attivo. Un assaggio che resta nelle mente per qualità e per la consapevolezza che se ne evince. Un vigneto di neanche 2 ettari strappato all’edilizia, dove ora non sorgono case, ma viti che danno origine a Vini che per chi li fa, di certo, sapranno di casa.
Casa Virginia (Terra – Marna di Bruntino) – Il Serpente con la cresta (Shiraz) 2013: impossibile non farsi conquistare dalle etichette legate alle leggende della Val Brembrana. Romantico ed intrigante, sensuale e suadente l’assaggio di un Syrah mai sopra le righe, con equilibri mai in bilico fra morbidezza, freschezza e scheletro. Uno degli assaggi che hanno scosso di più le corde del mio cuore enoico ed hanno soddisfatto di più la mia sete di curiosità.
Caminella (Terra – Maiolica) – Metodo Classico Brut (Chardonnay e Pinot Nero): ti aspetti qualcosa di molto simile ad un Franciacorta, invece ti ritrovi con un metodo tradizionale che da un lato colpisce per la sua texture intensa e dall’altro non delude in quanto a pulizia ed eleganza. Un gioco di forze che produce una beva vettorialmente piacevole ed appagante. La prima cosa che ho pensato è che lo riconoscerei fra molti e questo rappresenta una nota di merito per tutti i Vini, ma ancor più per le bollicine, che rischiano di più di scadere nella mera omologazione.
Valba (Terra – Torbiditi sottili) – Lavinia 2012 (Merlot): nel complesso la cantina che mi ha colpito di più su tutta la linea, con interpretazioni consapevoli e di buona personalità, che spaziano dalla femminilità estrema ad una più strutturata mascolinità. Questo Merlot è un po’ il compendio del lavoro aziendale, aiutato da una grande annata. C’è sostanza, senza timori reverenziali e c’è poesia nel modo in cui accarezza il palato, con una di quelle carezze intrise di passione, forti e prive di incertezza. La buona freschezza ed il finale minerale lo rendono armonico e da bere senza titubanza alcuna. Di sicuro un Vino che non annoia!
Tellurit (Terra – Flysh di Pontida) – Riesling Renano 2013: che voi ci crediate o no, anche per me che ho scritto un articolo su quanto sia poco “conveniente” impiantare e fare riesling renano in Italia, non potendo reggere il confronto con terre che ne vantano la patri potestà, questo è stato un assaggio degno di nota, tanto da essere l’unico che ho riapprezzato una seconda volta. Tutto ciò che ti aspetti dal Riesling idrocarburi compresi, con una freschezza citrina sostenuta da un buon corpo che fanno ben sperare per una sua ulteriore evoluzione. Un assaggio che non mi ha lasciato indifferente e che non escludo di approfondire nei prossimi mesi ed anni, tanta sia la curiosità a riguardo. Una bella alternativa ai, seppur buoni, Incrocio Manzoni (Riesling Renano e Pinot Bianco).
Sant’Egidio (Terra – Flysh di Bergamo) – Tessere 2012 (Merlot): devo ammettere che anche il taglio bordolese in botte grande non fosse affatto male, ma la purezza espressiva di questo Merlot affinato in tonneaux mi ha colpito molto. Un Vino integro e composto, fiero di sé, ma mai superbo. Frutto di passione ed attenzione di una famiglia dedita ad ogni fase di produzione dalla vigna alla cantina. Da tenere in cantina nella speranza di dimenticarlo per qualche anno, senza farsi fregare dalla voglia di ristapparlo troppo presto!
Sassi della Luna (Terra – Sass de Luna) – Rossopassione (da uve Moscato di Scanzo appassite): un passito particolare, assolutamente per nulla stucchevole, che adorna il frutto dolcemente passito con note mediterranee di pomodori secchi, origano e capperi, per finire con sentori di tostatura dolce, quali mandole e miele. Non mi dilungo mai tanto nei descrittori organolettici, ma in questo assaggio mi è parsa chiara la voglia della stessa uva di voler unire terra, mare e sole e di suggerire un approccio armonico all’assaggio.
Piacevolissima esperienza gustativa, di quelle che ti lasciano del buono in bocca e nella mente… forse anche nell’animo.
Eligio Magri (Terra – Sass de Luna) – Merlot 2012: di certo la cantina più strutturata, anche per via dei suoi 15ha di vigne che per l’areale che ha una media di 3ha scarsi, con molte micro-cantine, è già un impegno notevole. Un Merlot varietale quanto basta per appurarne la purezza, che ha nel intensità e nel corpo le sue peculiarità più positive. Asciutto e lungo, si fa bere con piacere.
Tra i molti assaggi, probabilmente, quello con la maggior precisione tecnica.
Per concludere vorrei sottolineare che molte delle cantine presenti all’evento dispongono di appezzamenti vitati fra 1 e 3 ettari e per lo più sono totalmente indipendenti nelle fasi di lavorazione dalla vigna alla bottiglia, quindi degne di rispetto e grande considerazione per il lavoro che stanno facendo e per la voglia di comunicare la propria identità e il proprio territorio con personalità e carattere.
Un luogo in cui mi sono già ripromesso di tornare per girare per le vigne come piace a me e poter conoscere meglio le storie di ogni singolo produttore, che, se il mio istinto non mi inganna, devono essere davvero interessanti.
La produzione totale di questo areale è davvero ridotta, quindi il mio consiglio è di assaggiarle sul posto, in primis in cantina ed in secondo luogo in qualche ristorante, osteria o taverna di Bergamo Alta, dove ho visto molta attenzione rivolta ai Vini del territorio, abbinati alle tipicità gastronomiche locali (mangiate i casoncelli! Sono da paura!).
Sant’Egidio (Terra – Flysh di Bergamo) – Tessere 2012 (Merlot): devo ammettere che anche il taglio bordolese in botte grande non fosse affatto male, ma la purezza espressiva di questo Merlot affinato in tonneaux mi ha colpito molto. Un Vino integro e composto, fiero di sé, ma mai superbo. Frutto di passione ed attenzione di una famiglia dedita ad ogni fase di produzione dalla vigna alla cantina. Da tenere in cantina nella speranza di dimenticarlo per qualche anno, senza farsi fregare dalla voglia di ristapparlo troppo presto!
Sassi della Luna (Terra – Sass de Luna) – Rossopassione (da uve Moscato di Scanzo appassite): un passito particolare, assolutamente per nulla stucchevole, che adorna il frutto dolcemente passito con note mediterranee di pomodori secchi, origano e capperi, per finire con sentori di tostatura dolce, quali mandole e miele. Non mi dilungo mai tanto nei descrittori organolettici, ma in questo assaggio mi è parsa chiara la voglia della stessa uva di voler unire terra, mare e sole e di suggerire un approccio armonico all’assaggio.
Piacevolissima esperienza gustativa, di quelle che ti lasciano del buono in bocca e nella mente… forse anche nell’animo.
Eligio Magri (Terra – Sass de Luna) – Merlot 2012: di certo la cantina più strutturata, anche per via dei suoi 15ha di vigne che per l’areale che ha una media di 3ha scarsi, con molte micro-cantine, è già un impegno notevole. Un Merlot varietale quanto basta per appurarne la purezza, che ha nel intensità e nel corpo le sue peculiarità più positive. Asciutto e lungo, si fa bere con piacere.
Tra i molti assaggi, probabilmente, quello con la maggior precisione tecnica.
Per concludere vorrei sottolineare che molte delle cantine presenti all’evento dispongono di appezzamenti vitati fra 1 e 3 ettari e per lo più sono totalmente indipendenti nelle fasi di lavorazione dalla vigna alla bottiglia, quindi degne di rispetto e grande considerazione per il lavoro che stanno facendo e per la voglia di comunicare la propria identità e il proprio territorio con personalità e carattere.
Un luogo in cui mi sono già ripromesso di tornare per girare per le vigne come piace a me e poter conoscere meglio le storie di ogni singolo produttore, che, se il mio istinto non mi inganna, devono essere davvero interessanti.
La produzione totale di questo areale è davvero ridotta, quindi il mio consiglio è di assaggiarle sul posto, in primis in cantina ed in secondo luogo in qualche ristorante, osteria o taverna di Bergamo Alta, dove ho visto molta attenzione rivolta ai Vini del territorio, abbinati alle tipicità gastronomiche locali (mangiate i casoncelli! Sono da paura!).
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