Tenuta la Macchia – Una giovane cantina a Montescudaio guidata da giovani, per i giovani!

All’ombra delle più nota Bolgheri, c’è un areale vitivinicolo toscano meno conosciuto, ma che ha, specie ultimamente, destato la mia fervida curiosità: Montescudaio.
E’ proprio qui, a pochi km dalla città delle torre pendente, che nasce Tenuta la Macchia, una cantina giovane e propositiva, che da qualche anno sta mostrando la propria attitudine a stupire con freschezza, modernità e spontaneità. 
Tenuta la Macchia
nasce da tre giovani tecnici legati da un amore comune per la
splendida terra Toscana e dalla volontà di investire le proprie
conoscenze in un progetto ricco di ambizioni. Un percorso di studio
comune ed una maturata esperienza in campo vitivinicolo in Italia e
all’estero sono stati i presupposti per credere fermamente nelle
pregevoli potenzialità viticole, climatiche ed enologiche della
Tenuta la Macchia. Per ora solo poco più di 2 ettari di vigneto, racchiusi tra l’entroterra e la fascia costiera, con viti già nel pieno del loro sviluppo, con una media di 15 anni. La volontà di questi 3 giovani è quella di seguire i principi dell’agricoltura biologica in maniera seria e sincera, con la una continua ricerca riguardo le soluzioni più efficaci per ottenere Vini con il più basso utilizzo di tutto ciò che non sia naturale.
I Vini prodotti sono 4:
Scutum: Cabernet
Sauvignon, Merlot e Petit Verdot affinato in legno;

Aura: Sauvignon
Blanc al 100%;

Materia: rosato di
Merlot e Petit Verdot;

Continuum: spumante
brut rosato, ottenuto con metodo Martinotti da uve Merlot e Petit
Verdot.
Io personalmente ho avuto modo di assaggiare i seguenti Vini:
Scutum 2015 Tenuta la Macchia: in una zona in cui i vitigni internazionali, da taglio bordolese, ormai sono divenuti “autoctoni”, questo Vino si presenta come la versione contemporanea e democratica del genere.
Dall’intrigante aroma, ricco di frutto e leggermente speziato, è un Vino che in bocca da il meglio di sé, con uno slancio dinamico e profondo, easy quanto basti per essere apprezzabile nella sua duttilità, ma al contempo interessante per le sue sfumature minerali ed ematiche che lo tengono saldamente ancorato alla terra dal quale proviene. Legno ben integrato ed in grado di armonizzare il trio francese.
Parlare di terroir quando si ha un blend di internazionali, specie se il più classico, non è mai facile, ma in questo caso è palese che il rispetto profuso dalla vigna alla cantina nei confronti dei varietali, unitamente alla chiara volontà di dar vita a Vini che puntino sulla beva e sulla dinamicità, pur essendo capaci di stuzzicare sensi e curiosità, abbiano portato ad un’identità ben precisa e riconoscibile. Poche bottiglie prodotte, ma vale la pena assaggiarlo, per comprendere quanto, anche in una zona della Toscana votata per anni alla potenza ed alla “prepotenza”, si possa puntare a fare Vini più schietti, diretti, ma non per questo inferiori o da denigrare, in quanto frutto di grande studio ed attenzione, nonché di profondo rispetto per il territorio e per l’uva stessa.

Materia 2015 Tenuta la Macchia: la voglia di stupire, sin dalla bottiglia, dal tappo a corona e dal packaging scelti è evidente e devo ammettere che non mi dispiaccia affatto, per quanto a guardarla inizialmente fossi stato indotto a pensare ad una bollicina. Grande avvolgenza sia aromatica che al palato, che da sola, però, risulterebbe pesante, specie per un rosato, ed è qui che corre in soccorso della morbidezza una buona vena acida ed un q.b. di sale che bilanciano il sorso e lo rendono decisamente divertente. Anche in questo caso nulla è lasciato al caso e il rosato Materia viene prodotto con vinificazioni in bianco, non da salasso, in modo da preservare una percettibile integrità strutturale e varietale. E’ un rosato diverso dal solito, questo è certo! Fatto di calco e di freddo, di alba e tramonto, una dolce bacio a labbra salate, se volete metterci anche il fuoco e le quattro risate, secondo me l’abbinamento sarebbe più che azzeccato.

Nel complesso Tenuta la Macchia può rientrare nel novero di quelle aziende moderne, ma equilibrate, rispettose e sostenibili che, per fortuna, i giovani italiani stanno cercando di attivare un po’ su tutto il territorio vitivinicolo italico. Questo mi fa ben sperare, non tanto per le certificazioni, ma per il ruolo che sta tornando in auge, anche e soprattutto fra i giovani vignaioli e produttori, ovvero quello di custodi della terra e di interi territori, non solo per quanto concerne la viticoltura, bensì per la salvaguardia di un equilibrio naturale ottimale e per evitare la deturpazione di angoli di paradiso per gli occhi e per l’anima che solo il nostro paese sa regalarci, ma che spesso noi non siamo in grado di proteggere.

F.S.R.
#WineIsSharing

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