Confrontandomi quotidianamente con produttori, sommelier, ma anche e soprattutto con “semplici”
winelovers dotati di grande passione, ma non necessariamente dentro
alle dinamiche di cantina, è bastato poco per rendermi conto che ci
sia molta confusione nella percezione della figura dell’enologo.
Questo è dovuto da una parte alla poca omogeneità di approccio
degli enologi stessi, dall’altra ai cambiamenti che la professione
dell’enologo ha subito nel corso degli ultimi anni. Inoltre c’è, tra
chi degusta, una visione molto distorta di quello che è l’effettivo
compito di un enologo e di ciò che può e dovrebbe sempre fare di
buono insieme al produttore, là dove non sia esso stesso un
produttore. Nel mondo del Vino è giustissimo dare grande rilevanza
al produttore ed ancor più al vignaiolo, in quanto è suo
l’investimento, è sua la volontà di fare Vino in quel determinato
territorio, in questo momento socio-economico ed è sua la
personalità che, si spera, ritroveremo nel suo Vino, ma come dietro
ad un grande uomo c’è sempre una grande Donna, nella maggior parte
dei casi dietro ad un grande produttore c’è un grande enologo. In
questi ultimi giorni ho voluto approfondire la conoscenza di un
enologo in particolare, che incarna per me il modello di enologo 2.0
e che ha un approccio che condivido molto.
Parlo diEmiliano FalsinidelGruppo Matura, che ho conosciuto non solo attraverso lunghe e
piacevoli chiacchierate dentro ed intorno al Vino, ma soprattutto
assaggiando oltre 60 Vini di produttori di mezza Italia con i quali
collabora, potendone percepire un rispetto per il territorio e per il
produttore stesso che molti enologi non hanno. Ecco perché ho deciso
di fargli qualche domanda, condividendo con voi le sue esaustive
risposte.
Intervista all’enologo Emiliano Falsini
Cosa fai, come lo fai e da quanto?
Aiuto i produttori a produrre il loro
vino, ciò che li rappresenti più possibile e che sia espressione
del territorio di appartenenza e dei vitigni utilizzati.
Cerco di farlo nella maniera più
professionale possibile, assistendo i produttori che condividono con
me un modo di pensare e lavorare che si basa su rispetto, discrezione
e sensibilità.
Faccio questo lavoro dal 1999 anno in
cui mi sono Laureato in Enologia e Viticoltura presso l’Università
di Firenze.
Cosa rappresenta oggi la figura
dell’enologo e quali possono essere le diverse interpretazioni di
tale professione sia da parte della cantina che dell’enologo stesso?
Credo che oggi non esista la sola figura di enologo in senso stretto, operativamente il lavoro
di enologo dovrebbe limitarsi al lavoro di cantina, ma come nel mio
specifico caso, il lavoro di consulenza è oramai a 360 gradi
partendo dalle scelte vendemmiali
in vigna, prosegue in cantina monitorando dalla fase
iniziale di raccolta fino alla messa in bottiglia e prosegue spesso
successivamente in una sorta di lavoro di pubbliche relazioni che
coinvolgono sempre più spesso l’enologo come figura centrale del
lavoro delle aziende vitivinicole.
Quali credi siano gli errori più
comuni tra i produttori di Vino italiano e come credi si potrebbe
aumentare la consapevolezza di ciascuno rispetto alla qualità ed al
rispetto?
Uno degli errori più comuni è credere
che sia possibile produrre grandissimi vini ovunque e con semplicità;
per produrre vini di altissimo livello occorrono poche cose chiare:
un grande terroir, un grande lavoro in vigna e un’eccellente
interpretazione della materia prima; in molti casi manca uno o
più di questi fattori fondamentali, per questo ritengo che l’enologo
bravo è quello che riesce a far capire al produttore questi aspetti
e condurlo nella direzione giusta.
Altra cosa che onestamente mi lascia
perplesso è il potere che i giudizi dalle Guide possono avere nei
confronti dei produttori, sono uno strumento importante, ma talvolta
pericoloso se non interpretate nella maniera giusta, troppo spesso,
soprattutto nel passato hanno condizionato il lavoro di molti onesti
produttori.
L’enologo è visto sin troppo spesso
come una sorta di chimico del Vino o come un alchimista, ma in realtà
tu fai il tuo Vino o il Vino che rispecchi e rispetti di più il
terroir?
Io personalmente non mi ritengo
assolutamente un chimico, il mio lavoro si basa certamente su nozioni
scientifiche e conoscenze accumulate nel corso degli studi e degli
anni di lavoro ma soprattutto nel mio caso specifico mi affido molto
al mio istinto, al mio palato e a volte a quella sana voglia di
sperimentare che talvolta porta a risultati insperati.
Se c’è una cosa di cui vado fiero
quando faccio assaggiare i vini di aziende con cui collaboro è che nessuno mi dice che si sente la mano dell’enologo, vuol dire
che ho fatto un ottimo lavoro e che la personalità del produttore è
stata rispettata.
L’enologo deve essere come un arbitro
in una partita di calcio, il miglior arbitro è quello che si nota
meno, se l’enologo sale in cattedra vuol dire che c’è qualcosa
di sbagliato.
Come dovrebbe essere il tuo Vino
ideale?
Il mio vino ideale è quello in cui
vedo rispecchiata la personalità del produttore, sempre entro
canoni di piacevolezza, un vino capace di essere identitario e
ricordato per il suo carattere e il suo forte legame con l’azienda
che lo produce.
Qual è il tuo rapporto con i
produttori a livello umano? Puoi raccontarmi un aneddoto a riguardo?
Con molti di essi si è instaurato un
rapporto di amicizia e comunque sono parte della mia vita, i rapporti
umani per me sono fondamentali, talvolta se non scatta la scintilla a
livello personale è difficile anche avere entusiasmo e rendere al
massimo, non è questione solo economica, l’empatia che si crea con
alcuni produttori e l’impegno che loro ti trasmettono sono spesso
la molla per rendere al 110% e impegnarti al massimo per la riuscita
del progetto.
Di aneddoti ne potrei descrivere a
decine, racconto solo questo piccolo episodio che mi fece sorridere e
capire perché faccio tantissimi chilometri in auto, treno e aereo su
e giù per l’Italia: mi chiama un produttore per una consulenza e
la prima visita in una cantina ancora prima di assaggiare i vini
domando al proprietario se possiamo visitare i vigneti per avere
almeno una sommaria idea delle potenzialità dei vigneti e della loro
gestione, il proprietario sbigottito mi domanda: “scusi Dottore
ma l’enologo và anche in vigna? Il suo predecessore in 5 anni
non aveva mai visto i vigneti…”
Tra le oltre 60 referenze che ho avuto modo di assaggiare, suddivise più o meno equamente fra bianchi e rossi, ci sono alcuni picchi emozionali che non potevo non condividere con voi:di Crono.
I Vini della Cantine con cui Emiliano Falsini collabora
In Toscana
Le realtà alle quali Emiliano presta la sua consulenza enologica, delle quali ho avuto modo di assaggiare i vini, sono Colle Santa Mustiola, Casa di Terra, Podere la Pace, Giovanni Chiappini, Donne Fittapaldi, Montemercurio, Piagge, Borgo Prunatelli. Se tra i bolgheresi il Cabernet Franc del Podere la Pace spiega in maniera elegante, ma diretta, il perché lì si sia scelto di impiantare quel vitigno è a Montepulciano, con il Nobile di Montemercurio monovigneto Damo che ho davvero percepito la toscanità di Emiliano e la sua vocazione rossista: un Vino intenso, ma di grande eleganza e longavità. La sorpresa vera per me, però. è stato l’unico Vino di tutti quelli degustati, prodotto con un varietale che non avevo ancora avuto modo di conoscere direttamente, ma del quale avevo solo sentito parlare, ovvero il Canaiolo Bianco, un vitigno che ha fatto dannare l’anima agli studiosi che hanno cercato di riscotruirne lo storico, ma che neanche attraverso il DNA sono riusciti a trarre conclusioni certe al 100%. Di sicuro c’è che se inizialmente si tendesse ad associare quest’uva alla Vernaccia di San Gimignano, oggi si è giunti alla quasi comune certezze che si tratti di un omonimo del Drupeggio, varietale autoctono semisconosciuto della vicina Umbria. A prescindere dalle radici, ciò che posso dirvi io è che il suo frutto ha dato vita ad un Vino di grande interesse, specie nell’annata 2012 prodotta dal Borgo Prunatelli, che “rieslingeggia”, passatemi il termine, ma con un fare molto più “toscano”. In bocca è asciutto e dritto e sembra non temere affatto l’inesorabile volere di Crono.
In Umbria
Emiliano collabora con Tabarrini, Perticaia, Bocale, Madrevite, Chiorri, Villa Mongalli e Brocatelli Galli, con buona parte di queste aziende sta puntando su un vitigno dal grande potenziale, fino a pochi anni fa inespresso: il Trebbiano Spoletino.
In tutte le ultime annate assaggiate si evince un chiaro potenziale del vitigno e si denotano le differenze fra terroir e terroir, ma tra tutte ho scelto di soffermarmi sull’Adarmando 2012 di Tabarrini: probabilmente il primo a credere in questo grande varietale, Giampaolo Tabarrini è un produttori di una personalità unica, di quelli tanto belli da raccontare per un wineblogger, ma – immagino – anche più complessi da imbrigliare in certe dinamiche meramente razionali. E’ per questo che Emiliano lavora bene con Giampaolo e Giampaolo lavora alla grande con Emiliano… hanno lo stesso obiettivo, sopra ogni cosa, quello di produrre grandi Vini, dalla personalità spiccata. Il fatto di avere un enologo che voglia andare in vigna ancor prima di andare in cantina, è fondamentale, soprattutto per una varietà così rara e particolare. L’Adarmando è un grande bianco, capace di longevità notevole e di tirar fuori le più nobili peculiarità di vitigni ben più noti come il Riesling ed il Fiano, in primis quelle minerali, sulfuree al naso, ma senza perdere affatto pienezza di frutto ed eleganza, mentre in bocca è la freschezza a rendere questo Vino davvero inerziale, anche a distanza di anni.
Inutile dire che, per un enologo rossista come Emiliano, in una terra, seppur da poco più di 25 anni, rossista come Montefalco, il Rosso di Montefalco ed il Sagrantino esprimono tutta la sua capacità di sapere coniugare interpretazione di uva difficile come la più tannica al mondo e quella della personalità del produttore.
Nelle Marche
L’unica azienda marchigiana con la quale Emiliano collabora è Boccadigabbia che per me un marchigiano è una delle aziende pionieristiche nella produzione di grandi rossi in una regione a vocazione prettamente bianchista. Se nei Rossi da uve internazionali, tra i quali spicca sicuramente l’Akronte ho potuto notare un cambio di stile volto ad una maggior contemporaneità di questo grande Cabernet Sauvignon, è con la Ribona ed il Rosso Piceno (blend 50% Sangiovese e 50%) Montepulciano) che mi sono sentito a casa e pensare che un enologo toscano, che nelle Marche collabori solo con un’azienda sia stato capace di rispettare e di esaltare così bene il terroir, compresa la personalità del produttore Elvidio Alessandri, fa bene all’anima, ve l’assicuro. Sin troppe volte ho visto snaturare Vini a cui ero legato, per assecondare mere dinamiche di mercato, in questo caso è stato solo riportato tutto ad una maggior spontaneità espressiva.
In Emilia Romagna
Le aziende delle quali ho avuto modo di assaggiare delle referenze sono Manaresi, Treré e Tenuta Casali, Pignoletto ed Albana secca, davvero varietali entrambi, con buona beva e notevole mineralità in tutte è tre gli assaggi. L’Arlus, con la sua piccola percentuale di albana tardiva botrizzata, è sicuramente il più intrigante, di buona beva, nonostante la struttura importante. E’ uno di quei Vini che berrei prima di cena con gli amici spizzicando qualcosa da mangiare, a cena abbinandolo all’allegria ed alla convivialità e dopo cena, godendomelo da solo mentre guardo un film.
In Abruzzo
Abbiamo Torre Raone, a due passi dalle notissime cantine Valentini e Masciarelli, in regime bio, vengono prodotti i vini della tradizione abruzzese Pecorino, Trebbiano e Montepulciano con grande rispetto dei varietali e del territorio. Vini senza tanti fronzoli, di grande immediatezza, ma il comun denominatore della qualità e della pulizia.
In Campania/Basilicata
Le Masciare e Taverna sono due aziende in cui Emiliano sta lavorando al fianco dei produttori nell’esaltazione di quelli che sono i bianchi classici come il Fiano di Avellino ed il Greco ma soprattutto dell’Aglianico che ha nel Taurasi la sua massima espressione. Buoni entrambi oggi e dal grande potenziale di cantina.
In Sicilia
La Sicilia è un po’ una seconda casa per Emiliano Falsini ed è in questa terra che io personalmente ho trovato le emozioni più forti e le storie più interessanti, che non mancherò di approfondire cantina per cantina e di raccontarvi presto. Le cantine con cui Emiliano collabora sono Paolo Calì, Girolamo Russo, Masserie del Feudo, Enza la Fauci e Tenuta Gatti di cui vi parlai non troppo tempo fa.
Con i vini delle cantine Girolamo Russo e Graci l’Etna si dimostra grande terra non solo di grandi rossi, ma anche per due notevoli bianchi carichi di terroir vulcanico, ma al contempo di indubbia eleganza. Mentre, a mio parere, in zone a loro modo più complesse come quella del messinese in cui si trovano (se pur molto distanti) la Tenuta Gatti e la cantina di Enza la Fauci e nel ragusano di Paolo Calì, l’incontro fra personalità diverse, ma spiccate, e l’equilibrio di Emiliano hanno portato in bottiglia prima e nel mio calice poi piccoli capolavori come il Sicé di Gatti, lo Zibibbo Secco di Enza la Fauci ed il Cerasuolo di Vittoria di Paolo Calì. Queste ultime tre realtà, unitamente a quella di Giuseppe Russo hanno storie che appassionerebbero qualsiasi winelover, ma credo fermamente che solo un consulente, capace di andare oltre il mero guadagno mettendo al primo posto i valori umani, potesse decidere di dedicarsi a cantine così distanti e diverse fra loro, che fino a pochi anni fa, in alcuni casi, non erano note quanto lo siano ora. Questo sicuramente per grande merito dei produttor che hanno sognato e lavorato duro per realizzare i propri sogni, nonostante mille difficoltà, ma anche un po’ grazie ad Emiliano che ha fornito le linee guida per percorrere il cammino migliore verso un futuro più sereno, con tutti i rischi del caso, ovviamente.
In Piemonte
Alla “corte” di una realtà importante come quella di Giacomo Fenocchio, Emiliano sta dando il suo contributo nella gestione di vigneti e nel portare avanti una filosofia produttiva votata al massimo rispetto della tradizione del Barolo. Un Barolo (io ho assaggiato il Bussia Riserva 2009) che non ha bisogno di presentazioni nella sua luminosa finezza e nell’imperterrità profondità espressiva, un Vino tanto complesso quanto semplice da apprezzare, con gusto e cuore. Interessante anche l’Arneis assaggiato qualche giorno fa, molto lineare e piacevole.
In una terra come questa, un toscano arriva in punta di piedi, ma poi è fondamentale che li piazzi ben saldi a terra e questo è quello che ha fatto Emiliano, con grande capacità e coerenza, rispettando la storia ed il territorio in maniera egregia a giudicare dal risultato che Claudio Fenocchio, con il suo supporto, riesce a produrre.
Come avrete intuito dal numero ingente di cantine con le quali l’enologo collabora (e ne mancano alcune) la figura di Emiliano Falsini non può, per forza di cose, essere quella dell’enologo interno monocantina, ma neanche quello del winemaker che arriva in una cantina per fare un Vino a sua immagine e somiglianza, secondo i suoi canoni e la sua cifra stilistica, bensì è quella di un supporto a produttori che vogliono fare il proprio Vino in piena sicurezza e che comprendono di aver bisogno di qualcuno con il quale potersi confrontare in merito alle scelte vendemmiali, qualcuno con il quale decidere i tagli dopo un assaggio comune, qualcuno che possa dar loro delle direttive anche in termini di comunicazione. Un misto fra lo psicologo, l’agronomo, l’enologo ed il comunicatore che, a mio modo di vedere, può fare la differenza per piccole e medie realtà che non non hanno la forza e, a volte, il know how per occuparsi di tutto in autonomia. Io, da par mio, posso confermare che la cosa più positiva nell’assaggiare oltre 60 Vini in cui ci fosse lo zampino di Emiliano sia stata proprio quella di non trovare uno stile standardizzato, ma di apprezzare una comune espressività del terroir ed in molti casi, conoscendo personalmente i produttori ed avendo già assaggiato i loro Vini in tempi non sospetti, non sapendo della collaborazione con Emiliano, devo ammettere che continuo a ritrovarci quell’identità e quella personalità che ho sempre riconosciuto in passato.
Concludo con una nota che per il mio modo di vedere e vivere il mondo del Vino è di primaria importanza, ma che, magari, per qualcuno conterà relativamente, ma ci tenevo a dire che oltre ad essere un grande professionista questo Emiliano Falsini è dotato di grande umanità e lo definirei portatore sano di ragione enoica, cosa che a qualcuno invece ha dato alla testa. Un’umanità che ho avuto modo di appurare personalmente, ma che già traspariva dal modo in cui ogni produttore con cui collabori mi abbia parlato di lui, facendo prima riferimento ai valori del rispetto e dell’amicizia e solo poi all’indubbia competenza tecnica. In ultimo, tanto per finire la mia “sviolinata”, più che sincera, raramente ho trovato enologi con un palato così abile, tanto da non essermi annoiato a degustare con lui ed io di solito mi annoio a degustare con gli enologi… shhh!!! :-p
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