Oggi si torna a parlare di Prosecco, ormai croce e delizia dei winelovers, con gli “enofighetti” a denigrarlo e quelli di più ampie vedute ad esserne continuamente incuriositi, sia per il suo boom degli ultimi anni che per gli spunti di approfondimento che questo vino può donare.
Iniziando proprio dal fatto che “c’è Prosecco e Prosecco e Prosecco…” potrei andare avanti all’infinito o almeno fino ad averne uno (tipo) per denominazione e per tipologia. Se poi ci mettiamo l’interpretazione del singolo terroir e, addirittura, di alcuni veri e propri cru, è palese che
cercare a tutti i costi di sminuire un vino solo perché stia, effettivamente, facendo numeri da capogiro e per la sua innata capacità di essere apprezzato in maniera così trasversale e democratica, sia quanto meno eccessivo.
Sia chiaro, di errori ne sono stati fatti e se ne stanno facendo ancora e, probabilmente, data la noncuranza e la negligenza di alcuni, se ne faranno, ma esistono cantine e vignaioli che vanno tutelati. Per lo più “piccole” realtà a conduzione familiare che si fanno il mazzo e che credono nelle potenzialità del territorio e nel poter dar vita a vini che non siano solo “facili”, bensì apprezzabili anche dai palati più esigenti, con un approccio low profile e con una grande voglia di far emergere peculiarità e diversità di cui l’area produttiva del Prosecco può contare. Uno dei vantaggi di disporre di un’areale effettivamente “troppo” allargato.
L’azienda di cui vorrei parlarvi oggi è quella capitanata da Jessica Mattiazzo, che con la sua famiglia conduce i vigneti dell’Azienda Agricola Mattiazzo Leo.
Una realtà che ha base nella zona di Valdobbiadene chiamata “Il Settolo”, fra le colline e il fiume Piave. Si tratta di una cantina familiare, di quelle ricavate in un piccolo rustico, che ha visto ospitare generazioni e generazioni della stessa famiglia per più di 100 anni.
Il Prosecco Leo Vanin è ottenuto esclusivamente dalle uve raccolte nei circa sei ettari di terreno che che la famiglia Mattiazzo segue a 360°.
La cosa che mi ha incuriosito di più di questa cantina è stata la possibilità di poter ricondurre i vari assaggi a tre delle principali denominazioni del Prosecco spumante, che l’azienda più produrre grazie alle diverse giaciture degli appezzamenti: Valdobbiadene Superiore DOCG, Asolo Superiore DOCG, Treviso DOC.
A conferma della tesi di potenziali diversità e di territori diversamente vocati ed interpretabili per la produzione di Prosecco, ho chiesto a chi, di certo, ha più di me il polso della situazione, quali siano le peculiarità di ciascuna zona a livello pedoclimatico prima ed organolettico poi:
Valdobbiadene DOCG: per questo spumante utilizziamo le uve di due vigneti situati nel comune di Valdobbiadene. Una parcella è proprio in paese mentre l’altra è situata nella vicina frazione di Santo Stefano. Per entrambe, vista anche la vicinanza, il suolo risulta abbastanza magro con una composizione varia di sedimenti morenici, calcare, arenaria e una piccola parte di argilla. Grazie al terreno abbastanza permeabile ed asciutto non si riscontrano problemi di ristagno o di umidità di risalita. Il vino che ne deriva è speculare, molto magro, raffinato ed elegante. La componente calcarea inoltre accentua i sottili sentori floreali e fruttati tipici del vitigno prevalente.
Sia per questa tipologia che per il Doc Treviso, beneficiamo della protezione del monte Cesen che si trova proprio a ridosso della cittadina di Valdobbiadene. Esso garantisce una buona protezione dalle gelate primaverili e in periodo estivo assicura lievi brezze da inversione termica.
Treviso Doc: vengono raccolte uve nei vigneti attigui alla cantina, sempre nel territorio di Valdobbiadene, ma al di fuori del territorio designato per la DOCG, la zona nota con il nome di Settolo, sede di un’importante parco naturalistico. A 200 mt in linea d’aria scorre il fiume Piave, qui il suolo è ben suddiviso fra ciotolo, argilla (nella zona più alta) e sabbia.
Questa varietà fa nascere delle uve molto interessanti dal punto di vista organolettico, la componente magra enfatizza e spinge su profumi molto fruttati, la parte grassa (argillosa) fornisce invece una certa “spalla” che normalmente manca al vitigno prevalente. I venti che seguono il greto del fiume in direzione Nord-Sud e che trovano nel Settolo il primo “sfogo” dopo aver percorso il canale feltrino permettono alle viti di non andare in sofferenza nei mesi caldi e anzi aiutano a sviluppare dei valori di acidità molto buoni per la produzione di basi spumanti.
Un territorio che da buonissimi risultati anche per lo Chardonnay ed il Pinot Nero, coltivati dall’azienda.
Asolo DOCG: in questa denominazione l’azienda possiede un’unica particella situata nel comune di Cornuda.
Il sottosuolo è prevalentemente argilloso con una parte minima di morena. Data la natura del terreno i vini risultano generalmente più grassi e meno raffinati rispetto alla zona di Valdobbiadene. Per questo motivo si è scelto di spumantizzare nella versione Brut, attualmente siamo a 9 gr./l ma si stanno testando delle microspumantizzazioni a 7 e a 5 gr.. Per contro la maggiore “spalla” permette un’evoluzione nel tempo più costante e preserva lo spumante dall’invecchiamento “standard” dei 12 mesi, in annate generalmente buone e con cantine ben mantenute si possono raggiungere
tranquillamente i 24 mesi senza rinunciare alla piacevolezza caratteristica.
Per esperienza personale, più di assaggio che enologica, in quanto conosco onestamente poco tutta l’areale di produzione del Prosecco, già solo assaggiando, ad esempio l’Asolo DOCG di questa azienda e comparandolo con quello di altre, ribadisco quanto detto sopra, riguardo le innumerevoli differenze di fondo che, tradotte a volte in sottili sfumature, in dinamiche d’equilibrio o altre in più marcate caratteristiche organolettiche, sono percepibili e stimolano la curiosità nei confronti di quello che oltre ad essere un fenomeno è un vino, specie quando lo si fa come Bacco comanda!
Altro errore che spesso si compie è quello di pensare che l’unica uva utilizzata per produrre prosecco sia il vitigno Glera, in quanto nelle principali docg sono ammesse fino ad un 15% uve storiche del territorio come Verdiso, Perera e Bianchetta e Glera lunga. Mentre nella doc sono possibili anche vitigni internazionali Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Pinot nero vinificato, ovviamente, in bianco.
La raccolta è completamente svolta a mano ed in cassetta per evitare rotture delle bucce e conseguenti degenerazioni dei frutti. Tutte le fasi di vinificazione e fermentazione vengono svolte all’interno della nostra cantina.
Tutti gli appezzamenti vengono raccolti e lavorati separatamente per preservare le tipicità e le caratteristiche di ogni diverso terreno.
Tornando all’azienda della famiglia Mattiazzo, la conduzione dei vigneti è in regime sostenibile sia per quanto riguarda i trattamenti, sia per quanto riguarda la gestione del sottofila, la vendemmia viene effettuata a mano, in cassette e tutte le fasi di vinificazione vengono svolte direttamente nella cantina di proprietà. Cose che potrebbero sembrare la mera normalità altrove, ma che per il Prosecco, a mio parere, rappresentano un grande plus.
Passiamo, ora, al vino che mi ha colpito di più dell’Az. Agr. Mattiazzo Leo:
Prosecco Valdobbiadene Docg Superiore Extra Dry 2015 Leo Vanin: il naso è quello dei cesti di frutta fresca che mia nonna amava tenere colmi di mele e pere ogni giorno (ero fortunato… faceva la “fruttarola”!). Poi arriva la primavera, quella delle corse nei prati di margherite, che solo quando cadi a terra, magari giocando a pallone (ricordate quando si usavano le magliette per segnare i pali delle porte?!), ti porta al naso il fresco odore dell’erba. Bello, dritto, a suo modo fine e per nulla noioso. Uno di quei Prosecco che dimostra quanto sia riduttivo segregare questi vini all’aperitivo, in quanto (con un po’ di pazienza e di senno) si possano incontrare bottiglie degne della convivialità della tavola.
Ciò che mi ha spinto a scrivere di questa cantina è la volontà, evidente, di valorizzare il Prosecco non solo come fenomeno di massa, ma anche come vino di pregio enfatizzando la presenza di cru e sottozone come in altre denominazioni più blasonate. Tanto da aver aspettato 7 anni, tra prove, ricerche, studi sui vari terroir e sulle diverse varietà, per arrivare a produrre anche un Prosecco Frizzante, da riferimentazione in bottiglia, Questo vino rappresenta, per la famiglia Matiazzo, la vera storia dell’Alta Trevigiana e punta a diventare un mezzo di comunicazione per educare il consumatore alla storia del Prosecco, che non è di certo nato 30 anni fa.
F.S.R.
#WineIsSharing
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