Cari winelovers, oggi vi porto con me a Riparbella, comune della provincia di Pisa in cui si fa vino sin dai tempi degli Etruschi, eppure, fino a pochi lustri fa non vi era l’ombra di una cantina.
Se oggi è possibile abbinare il territorio di Riparbella al vino lo dobbiamo principalmente alla lungimiranza di una famiglia, la famiglia Nuti.
“Una famiglia che da, ormai, più di tre generazioni ha un rapporto speciale con la terra” mi racconta Flavio, figlio di Rolando, fondatore di un’importante azienda agromeccanica che ha svolto e svolge tuttora servizi agricoli per la gran parte delle aziende vitivinicole di Bolgheri, fra cui Ornellaia e la Tenuta del Marchese Incisa produttore del noto Sassicaia. Quindi sin da allora si percepiva l’importanza del vino e del territorio della Costa Toscana e del fascino imprenditoriale che ne seguiva.
Fu, però, il fratello maggior di Flavio, ovvero Luca, appena laureatosi in Agraria, a scommettere fortemente in questa realtà agli inizia degli anni ’90, dando origine alla prima azienda vinicola del territorio di Riparbella.
Il primo step fu, ça va sans dire, quello di impiantare i nuovi vigneti e di mantenere in produzione i 2ha di vigneto storico di Sangiovese in località La Regola (toponimo presente nella carte catastali fiorentine sin dal 1700), da cui il nome dell’azienda. L’azienda coltiva i più noti vitigni bordolesi, che molto bene si sono adattati a tutto l’areale della Costa Toscana, senza rinunciare ai vitigni tradizionali come il Sangiovese e le uve bianche Vermentino, Trebbiano, Malvasia e Colombana, che confluiscono nell’eccellente vino dolce Sondrete. L’approccio in vigna è estremamente accorto e rispettoso e senza ostentare certificazioni o eno-ideologie vengono adottati criteri che dal biologico sfociano nei più ragionevoli principi della biodinamica.
Oggi l’azienda , è condotta da Luca Nuti, che si occupa dell’aspetto agronomico e produttivo avvalendosi del supporto del giovane enologo Edoardo Crecchi e della consulenza esterna di Luca Rettondini. Mentre Flavio, avvocato di professione, ha deciso di conferire le proprie forze e la propria competenza nel progetto dal 2000, implementando la comunicazione ed occupandosi dell’aspetto commerciale e amministrativo.
L’evoluzione del Podere La Regola, nel corso degli anni, è stata notevole, ma ciò che, oggi, balza subito agli occhi, e ne attesta strutturalmente il nuovo corso, è la costruzione di una nuovissima cantina, creata secondo i principi della sostenibilità e dell’ecocompatibilità, che non fa rimpiangere la piccola cantina “casalinga” nella quale avvenivano le prime vinificazioni.
Solitamente non mi dilungo molto nel descrivere e nel raccontare le strutture produttive, ma in questo caso credo che la nuova cantina de La Regola meriti qualche attenzione extra.
Parliamo di una realtà ben integrata nel contesto paesaggistico, costruita con criterio e votata alla massima funzionalità ed ancor più ad una polifunzionalità, che ne fa un vero e proprio contenitore nel quale vino, arte e cultura in generale si fondono in un blend di notevole garbo.
Ho scritto più volte di quanto, in Italia, siamo indietro per quanto concerne enoturismo ed attività di supporto alla produzione vinicola, come organizzazione di eventi culturali e mostre d’arte in Cantina. Situazione aggravata dall’assenza, in molte realtà, di sale degustazione adeguate e wineshop per la vendita diretta. Tutto questo è fondamentale, non solo per permettere agli avventori di vivere un’esperienza enoica a 360°, ma anche per dare all’azienda delle fonti di sostentamento alternative, da poter reinvestire nella cura dei vigneti e della cantina.
Il connubio vino ed arte in questa cantina vede la sua massima espressione nella barricaia concepita dal maestro Stefano Tonelli, artista di fama internazionale molto legato alla famiglia Nuti ed a questa terra.
Una vera e propria installazione artistica, ispirata al “SOGNO DEL VINO E ALLA SUA GESTAZIONE.”
“L’ho intuita ad occhi chiusi, trasformando il pensiero in vibrazione. Il grande pianeta che sorge nella parete centrale è quello della nostra Umanità, è quasi colmo di volti, immobili e ad occhi chiusi. Come l’autore, anch’essi muti e in silenzio a restituire la vibrazione creatrice. E’ il simbolo dell’uomo che si guarda dentro e che sente il suo infinito espandersi nel mistero, ed è nell’ora e nell’oltre. Contemporaneamente.
Nelle due grandi pareti una danza cosmica custodisce il pianeta e le barrique dormienti. Intorno alle sei figure danzanti, disegnate come costellazioni immaginarie, si muovono piccoli esseri laboriosi che navigano spazi senza confini e monadi a forma di pesci, come unità invisibili in perenne transito tra una vita e l’altra. E’ un omaggio, antico e contemporaneo, agli Etruschi che hanno abitato questi luoghi, questa valle, questa pace del paesaggio.”

Le parole dell’artista raccontano solo in parte la tensione e l’emozione che si provano entrando in questo luogo catartico. In altre situazioni, mi è capitato di vedere con occhio critico quella strana arte di “agghindare” le cantine in maniera sin troppo leziosa, mettendo da parte il ruolo focale di quei locali e la loro fruibilità in termini prettamente lavorativi/operativi, ma in questo caso nulla è stato tolto al vino, ma molto è stato donato all’esperienza del visitatore. Si può e si deve criticare chi pensa di poter illudere l’avventore che l’arte possa conferire al vino un valore aggiunto in termini organolettici, ma non chi ha compreso che due grandi fattori culturali ed umani come l’Arte ed il Vino possano fondersi in un percorso che renda più suggestiva una visita in cantina e faccia venir meno quella frase che gli stessi produttori dicono spesso a chi, come me, di cantine ne ha viste molte, ovvero “vista una le hai viste tutte”. In questa cantina si può davvero dire sia stato fatto tutto a “Regola” d’Arte!
Passiamo agli assaggi che mi hanno colpito di più durante la mia visita presso la Cantina La Regola.
Lauro 2015/2013: uvaggio di Viognier (70%)e Chardonnay (30%), capace di abbinare una struttura importante, ben scolpita dall’affinamento in legno. Un sorso caldo, ma che ritrova armonia grazie ad una sottile, ma percettibile mineralità, che tiene vivo il sorso. La comparativa fra le due annate, per quanto differenti, fa emergere una buonissima capacità evolutiva, ancora non pienamente espressa nella 2013. La 2015 la dimenticherei volentieri in cantina per qualche annetto. Un bianco di apprezzabile piglio e di notevole intensità, in cui emergono i varietali nella loro contrapposizione che diviene unità d’intenti e, soprattutto, si percepisce una forte territorialità, nonostante l’apparente imprinting internazionale di questa referenza. Duttilità in itinere.
La Regola 2013/2014: Cabernet Franc (85%) con un piccolo saldo di Merlot e Petit Verdot, che mantiene integro il varietale e mostra, ancora una volta, quando questo vitigno abbia trovato in quest’area della Costa Toscana uno dei suoi habitat più naturalmente vocati.
La 2013 ha dato vita ad un vino di grande equilibrio, elegante nel raccontare il frutto in tutte le sue sfumature, con quella pennellata di verde linfa vitale che sfocia in una lieve, ma invitante, speziatura che fa da intrigante preambolo al sorso. Annata più difficile la 2014, eppure, la salubrità ed il clima mite di Riparbella hanno permesso di ottenere un vino che vanta maggior profondità, grazie ad una più spiccata freschezza, che spalleggiata dalla mineralità si fa apprezzare ora e fa ben sperare per la sua futura evoluzione. Dimostrazione di forza territoriale.
Strido 2013: il Merlot in purezza, baluardo de La Regola, per l’attenzione con il quale venga prodotto e per i risultati ottenuti fino ad ora in termini di apprezzamenti trasversali. Come molti grandi vini, anche lo Strido non è diretto, ama farsi desiderare, farsi attendere e mettere l’astante nella condizione di porsi quesiti, fino quasi ad indisporlo… per poi fare un respiro profondo e sfoggiare una camminata sicura, impettita e di classe, sorretta da un’ossatura minerale senza la quale mancherebbe di slancio. Anche in questo caso il suo incedere è solo agli albori del suo cammino. Non il solito Merlot!
Beloro 2011: seppur non sia più così usuale in questa area della Toscana, non poteva mancare un Sangiovese in purezza e devo ammettere che la mia curiosità rispetto a questa azienda era scaturita proprio da un assaggio estemporaneo del Beloro, così estemporaneo da non ricordarne più neanche l’annata! Poco male, visto che questa 2011 ha appagato ampiamente la mia curiosità mostrandosi sincera nelle note varietali e di buona armonia, con note mediterranee, fresche, fruttate e balsamiche che fanno da abbrivio ad un sorso intenso, ma fresco e minerale/sapido come nessun’altro dei vini assaggiati. Le escursioni termiche giorno-notte durante tutto l’arco dell’anno ed i terreni carichi di ferro e calcare danno il loro meglio nel Beloro. Il tannino è tutt’altro che rude, ma è palese la sua voglia di non fare da spettatore nell’auspicabilmente lungo spettacolo dell’invecchiamento.
Un Sangiovese che sarei curioso di assaggiare tra 10 anni alla cieca con altri grandi toscani. Uno dei volti mille volti autentici del Sangiovese, scevro da artifizi.
Da seguire nei prossimi anni anche il Metodo Classico base Gros Mangeng e Chardonnay.
Come avrete capito, il comun denominatore dei vini del Podere La Regola è il notevole potenziale evolutivo e questo può renderli meno approcciabili nei primi mesi dall’imbottigliamento, ma può regalare grandi soddisfazioni con la giusta attesa.
Concludo con un plauso alla famiglia Nuti per il rispetto e la premura che hanno verso un territorio che deve tanto a questa realtà e per la sostenibilità a 360° con la quale portano avanti il loro lavoro. Davvero un esempio da seguire.
F.S.R.
#WineIsSharing
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