La nascita dei tappi in sughero dalle sugherete alla bottiglia – Visita ad Amorim in Portogallo

La nascita dei tappi in sughero dalla sughereta alla bottiglia – Visita alle sedi Amorim in Portogallo

Una delle diatribe più accese degli ultimi anni nell’enosfera è sicuramente quella che vede contrapporsi tappi in sughero versus tappi alternativi. Io stesso ne ho disquisito più volte, cercando di mantenere un atteggiamento equilibrato, ma ponendo alla vostra attenzione pro e contro di ogni tipologia di tappatura. Eppure, troppe spesso mi sono ritrovato a dover fare affidamento su scritti di terzi, spesso non comprobati e con molto empirismo a monte di deduzioni a volte condivisibili altre opinabili. Ecco perché ho ritenuto opportuno andare a vedere con i miei occhi tutto quanto fosse possibile vedere circa la creazione di un tappo in sughero naturale. Per farlo ho accolto con non poca curiosità ed estremo piacere l’invito dei leader mondiali in termini di numeri, tradizione ed innovazione nel campo della produzione di derivati del sughero ed in particolare dei tappi in sughero da vino.

tappo in sughero difetti
Amorim
Sto parlando di Amorim, azienda storica che nasce in Portogallo nel 1870 ed ancora oggi vede la stessa famiglia Amorim al comando, nonostante la scomparsa proprio qualche giorno fa dell’ex presidente del colosso mondiale del sughero Amèrico Amorim.
Perché andare proprio da Amorim? Un paio di numeri prima di tutto: nel mondo vengono prodotti circa 12 miliardi di tappi l’anno e praticamente un terzo di questi proviene dagli stabilimenti di questa società portoghese.
Numeri impressionanti, vero? Numeri che fanno pensare a qualcosa di completamente industrializzato, automatizzato e ad una produzione massificata, omologata, in cui la quantità si faccia beffa della qualità, ma… niente di più sbagliato!
Un video che sintetizza in modo esemplare ed emozionale la realtà Amorim
Le sugherete e la decortica – “Per fare un tappo ci vuole un albero”
Il mio viaggio è partito proprio da dove nasce tutto, ovvero dalle foreste di quercia da sughero (quercus suber – lat.) dell’Alentejo, vero epicentro delle sugherete portoghesi e globali. E’ in questo luogo incontaminato, che nasce, cresce e viene reperita la materia prima per quella che ancora oggi è la chiusura più utilizzata per il nostro amato vino.
La foresta di sughero portoghese è considerata uno dei 35 santuari di biodiversità del mondo, e da qui annualmente si ottiene buona parte della sue produzione mondiale. Il Portogallo è il primo paese produttore, segue la Spagna e poi tutti gli altri paesi del bacino mediterraneo tra cui l’Italia, con una produzione, ovviamente, concentrata in Sardegna.

produzione sughero al mondo
Il ciclo del tappo di sughero inizia, qui, con la decortica, un processo che ancora oggi viene svolto completamente a mano da squadre di decorticatori locali che si tramandano questo sapere artigiano di generazione in generazione, mantenendo in vita quella che ad oggi è l’attività artigianale più remunerata al mondo, proprio per via dell’alta specializzazione richiesta e per la poca disponibilità di personale qualificato.

decortica quercia sughero
Le operazioni di decortica si svolgono nel periodo tra maggio a luglio, quando la linfa scorre tra il fusto della pianta e la sua corteccia favorendone il distacco dalla pianta madre, nel pieno rispetto dei cicli della natura. L’attenzione dei decorticatori è maniacale, in quanto ogni ferita inferta alla pianta potrebbe causarne la morte e quindi l’improduttività, altro motivo per il quale la loro esperienza è e resterà sempre fondamentale in questo settore. Vedere questi uomini segnati dal tempo arrampicarsi su questi maestosi alberi incidendo la sola corteccia con una sorta di piccola accetta, per poi far leva con un apposito manico e distaccare il sughero con tale maestria è stato a dir poco emozionante.
decorticatori guadagno
“Decorticare una quercia da sughero è un po’ come tosare una pecora”, in quanto quest’azione permette alla pianta di non accumulare sughero (isolante) all’esterno e di rigenerarsi ciclicamente e di svilupparsi nella maniera più equilibrata.
La cosa che mi ha impressionato di più è la durata di questi cicli, che partono con la semina o con la nascita di una quercia spontanea (la maggior parte delle sugherete è ancora di natura spontanea) per arrivare alla prima decortica al raggiungimento di 25 anni. La prima decortica, però, non darà origine a sughero atto a tappi, in quanto ancora vergine e non idoneo alla fabbricazione di chiusure di qualità.
Dovranno trascorrere altri 9 anni per la seconda decortica e ancora altri 9 prima che dalla corteccia si possano realizzare tappi. In pratica occorrono minimo 43/45 anni dalla nascita della pianta per iniziare a produrre tappi in sughero. La vita media di una quercia da sughero è di circa 200 anni, quindi fate voi i vostri calcoli e ditemi se questo potrà mai essere un processo assimilabile alla produzione massificata (in questi ritmi vincolanti risiede uno dei motivi per i quali difficilmente grandi multinazionali investiranno in questo settore… per fortuna, direi!).
corteccia sughero tappi
A questo punto il sughero raccolto dai decorticatori viene subito trasportato nella sede più vicina di Amorim nella quale ogni pezzo si sughero verrà rifilato, messo a stagionare in cataste poste in piazzali in cemento drenante, con un’apposita copertura, in modo da permettere un’asciugatura sana e lenta, che durerà circa 6 mesi. Anche in questo caso le attenzioni di Amorim sono lodevoli, in quanto molte altre aziende non adottano alcuni degli accorgimenti messi a punto dall’azienda portoghese rischiando che il sughero possa marcire favorendo lo sviluppo di altri difetti (la macchia gialla ad esempio, responsabile dei sentori di cartone bagnato) che verranno successivamente traslati nel tappo e quindi altereranno il nostro vino.
amorim sughero
Ecco le 4 misure preventive contro i potenziali difetti dei tappi in sughero adottate dall’azienda:
  • Pavimenti in cemento drenanti per evitare il contatto con la terra (prima il sughero veniva lasciato stagionare in foresta con ovvi problemi di contaminazione e di ristagno);
  • Taglio della zeppa (viene eliminata la parte che è stata per anni a contatto con la terra potenzialmente più carica di inquinanti);
  • Copertura delle cataste (contro la macchia gialla o sughero putrido – sensazioni di cartone bagnato – dovuto al ristagno di acqua e/o umidità durante la stagionatura),
  • Sollevamento da terra delle cataste per permettere maggior ricircolo d’aria ed evitare il contatto con il pavimento di ogni plancia;
Il sughero viene poi bollito e vaporizzato per eliminare gran parte dei microorganismi e delle impurità e per renderlo più malleabile, donandogli quindi le caratteristiche ideali per la produzione dei tappi.
amorim tappi portogallo
Se è vero che la nascita dei tappi da sughero richiede tanta fatica, rispetto per la Natura e tanta pazienza, è pur vero che i produttori di vino da un lato ed i consumatori dall’altro non si pongono di questi problemi e vogliono tutto e subito o quanto meno con tempi e velocità decisamente più rapidi. E’ qui che entra in gioco il secondo reparto Amorim che ho avuto modo di visitare, ovvero quello dedicato alla ricerca ed allo sviluppo, nonché alla produzione dei tappi ed alle infinite analisi di ogni plancia prima e di ogni tappo poi.
Tra i vari problemi correlati alla tappatura del vino la lotta al TCA.
TCA che può essere presente nel tappo a causa della contaminazione di una piccola parte della corteccia (da notare che il sughero è uno potente isolante ed è per questo che anche nello stesso tappo per avere un’incidenza nel vino di quello che comunemente chiamiamo “sentore di tappo” è necessario che sia la parte a contatto con il liquido quella intaccata dalla tricloroanisolo).
Un’attenzione, quella verso la TCA, davvero trasversale e che passa dai più pregiati tappi monopezzo, alle singole rondelle per tappi da spumante ai singoli granuli per i tappi agglomerati. Ogni singolo tappo di Amorim subisce trattamenti naturali e meccanici (mai chimici) atti a scovare e scongiurare contaminazioni del nostro vino.
Cos’è il TCA e da dove viene?
E’ importante sottolineare che il TCA, che in molti pensano sia dovuto esclusivamente all’azione di un fungo o di una muffa, in realtà va ad inquinare il sughero direttamente in pianta a causa dell’azione irresponsabile dell’uomo. Studi scientifici, infatti, hanno dimostrato che il TCA si formi a causa di agenti chimici provenienti da diserbanti ed altri prodotti utilizzati in passato in agricoltura che avrebbero inquinato terreni e falde acquifere. Ovviamente questo tipo di prodotto ha un decadimento lunghissimo ed ancora oggi ne paghiamo lo scotto ogni volta che stappiamo un vino e riscontriamo sentori di tappo. Il fungo a quanto pare è in grado di scatenare la reazione che darà poi vita alla contaminazione del vino. Altra nota importante è che il TCA è stato rilevato anche in vini non tappati a sughero, in quanto presente nel vino stesso in quantità percettibili. Questo è dovuto all’inquinamento di botti in legno o ad altre fonti di contaminazione atmosferiche negli ambienti di cantina e/o di stoccaggio. In questo caso è fondamentale specificare che il sughero in realtà funge da isolante e non lascia entrare nulla nella bottiglia a meno che non presenti difetti di produzione, rotture o restringimenti, lo stesso vale per i tappi a vite (di tipo ermetico e non traspiranti), mentre i tappi in plastica sono risultati i più permeabili da inquinanti atmosferici.
Niente più TCA! – La prima rivoluzione del sughero – Ndtech®
Passiamo dunque a quella che è stata la prima rivoluzione del sughero capitanata e ad oggi portata avanti dalla sola Amorim, ovvero Ndtech®, il progetto che ha reso possibile ciò che sembrava essere impossibile: la creazione di un tappo naturale garantito contro la TCA. Il naso elettronico che scopre i tappi difettosi, infatti, elimina i pezzi contaminati da tricloroanisolo (TCA) prima che entrino nella catena produttiva. La tecnologia utilizzata è stata messa a punto dalla stessa azienda portoghese in collaborazione con dei veri geni del settore ed è così segreta che non mi è stato permesso scattare foto all’interno dei laboratori, ma posso assicurarvi che anche uno scettico come me, di fronte a tale perfezione, non abbia potuto fare altro che credere.
L’avanguardia tecnologica riesce a rilevare la presenza di una molecola con un grado di 0,5 nanogrammi di TCA per litro (parti per trilione) e rimuovere automaticamente i tappi incriminati; da tener presente che la soglia di rilevamento di 0,5 nanogrammi/litro è l’equivalente di una goccia d’acqua in 800 piscine olimpioniche. “Il sistema NDtech® ha richiesto cinque anni e 10.000.000 di euro in investimenti in ricerca e sviluppo da parte di Amorim, oltre ad una partnership con una società britannica specializzata in gascromatografia, ma ora la remota possibilità di trovare una bottiglia alterata dal gusto di tappo viene superata”, conclude Carlos Santos, AD della Amorim Cork Italia che ci ha fatto da Cicerone attraverso l’azienda.
Verifiche di due importanti Istituti di analisi e di ricerca in campo enologico a livello globale su NDtech®
Questa è la realtà dei fatti, con tanto di studi di istituti ed enti scientifici internazionali a supporto di ciò che ho avuto modo di vedere e testare personalmente, ma mi rendo conto che, io stesso, prima di questo viaggio non avrei mai potuto credere a qualcosa del genere e, soprattutto, è da sottolineare che non tutti i tappi in circolazione, specie quelli delle altre aziende che non dispongono di questa tecnologia, siano garantiti contro la TCA. La cosa interessante, però, è che tutti i tappi in sughero naturale di Amorim subiscono una notevole quantità di test che già portano la percentuale di tappi potenzialmente affetti da TCA a soglie ridicole, ma se prima si era disposti ad accettare il rischio per mancanza di alternative, oggi ogni produttore può richiedere l’ulteriore test con il sistema NDtech® e quindi la garanzia totale contro la TCA per i propri tappi, con una piccola maggiorazione.
Etica e Sostenibilità
Un’ulteriore importante considerazione va fatta circa l’etica e la sostenibilità che rappresentano i valori cardine di questa azienda e partono dall’utilizzo di ogni singola parte del sughero per la produzione di tappi (monopezzo, in granina e rondelle), di altri prodotti in sughero come oggetti di design, coibentazioni per bioedilizia e per l’industria aerospaziale, nonché pavimenti e pareti, abbigliamento ed una serie infinita di altre creazioni, fino ad arrivare alla combustione della polvere di sughero per alimentare le centrali a biomassa degli stabilimenti ed al progetto ETICO che da oltre sei anni recupera e ricicla tappi in sughero, andando a sostenere sia l’azienda stessa che enti di beneficenza.
Quindi filiera chiusa e progetti di ecosostenibilità e solidarietà a testimoniare l’approccio sostenibile ed etico di Amorim.

La Amorim è un’azienda verticalmente integrata, con un’economia circolare, che prevede l’azzeramento degli sprechi, la massimizzazione di ogni operazione di produzione e quindi un’ottimizzazione dei costi di gestione dell’impresa. Il paragone tra il sughero il maiale è un must, dato che anche di questo preziosissimo materiale naturale “non si butta via niente”.

Considerazioni finali su tappi & co.
Io continuerò ad avere un atteggiamento equilibrato e rispettoso e nonostante tutto, come detto allo stesso Carlos, penso che i risultati raggiunti con le tappature a vite siano quanto meno interessanti, ma mi permetto di consigliare ai produttori ed agli appassionati di approfondire le dinamiche di produzione di tutte le tipologie di chiusura e di verificare, non tramite gli studi interni delle singole aziende, ma affidandosi ad istituti ed a laboratori esterni, quali siano davvero, oggi, i pro ed i contro del tappo in sughero di qualità e dei tappi a vite, in modo che ognuno possa semplicemente farsi una propria idea.
E’ indubbio che il sughero sia una materia prima sempre più difficile da reperire, ma è grazie ad Amorim che si stanno reimpiantando intere foreste e che si da lavoro ancora a oltre 3000 artigiani decorticatori portoghesi, in una zona che, altrimenti, avrebbe già subito una desertificazione naturale e sociale.

Detto questo c’è e ci sarà sempre il problema dei costi, ma anche da questo punto di vista il gap non è poi così ampio, se facciamo eccezioni per i tappi di alta gamma che, però, fanno riferimento all’1% dei vini prodotti oggi, nel mondo.
Comunque, pensare che ci sia una sola via da seguire sarebbe da ottusi, ma alla luce di quanto visto coi miei occhi e di quanto testato personalmente, per certo so che il tappo in sughero, specie se garantito contro il TCA, resti il miglior sistema di chiusura per vino in assoluto, non solo per il discorso meramente legato alle deviazioni organolettiche, bensì  per l’aspetto evolutivo del vino stesso, che grazie al tappo in sughero può assorbire una minima quantità di tannini atti al fissaggio del colore e può avere a disposizione una quantità di aria ottimale che non è quella che penetrata dall’esterno, ma quella contenuta dei pori del tappo che verrà enfiata nella bottiglia al momento della compressione in tappatura.
Dati forniti da autorevoli agenzie di statistica nei principali stati consumatori ed importatori di vino
Come vedete dai dati qui sopra si può dedurre che il fattore culturale e di tradizione, ma anche le qualità del sughero siano ancora oggi molto incidenti sulle scelte del consumatore e questo non può che influire su quelle dei commercianti e per ovvi motivi su quelle del produttore. Fa specie che un mercato così importante come quello degli USA, solitamente più frammentato e forse più aperto alle “novità”, non sembri avere dubbi in questo caso.
Sia chiaro, il tappo a vite avrà la sua evoluzione e di certo sarà sempre più presente nelle bottiglie anche di fascia media, oltre che in quelle di fascia bassa, ma non è escluso che questo maggior utilizzo non metta a nudo alcuni limiti culturali (i dati dicono che il tappo a vite è cresciuto esponenzialmente in termini di vendite con l’inizio della crisi del 2009, ma che poi si è stabilizzato, mentre il tappo in sughero oggi sta riacquisendo importanti quote di mercato, di pari passo con un maggior potere d’acquisto delle aziende e questo è sintomatico della percezione generale del sughero) e, soprattutto, l’appurata predisposizione alla riduzione dei vini affinati in bottiglia con tappi a vite nei quali la capsula in alluminio costituisce solo il supporto fisico mentre l’ermeticità è fornita dalla pellicola impermeabile contenuta all’interno. Questa pellicola è quindi l’elemento più importante del tappo a vite per vino ed è composto da materiale poli-accoppiato multistrato di polietilene espanso + strato isolante (Saranex, alluminio, stagno) + film trasparente idoneo al contatto con gli alimenti.

Non mi addentrerò nelle dinamiche relative alla tipologia di bottiglia da utilizzare ed alla linea di imbottigliamento da adeguare alla tappatura a vite, perché credo che se un produttore sia convinto di voler utilizzare questo tipo di tappo sia perfettamente in grado di fare i propri conti ed il mio non è di certo un invito ad acquistare tappi dall’una piuttosto che dall’altra azienda, ma è – come sempre – un’esortazione a non dare mai nulla per scontato e ad approfondire là dove si possa farlo. Io, nel mio piccolo, ho fatto presente ad Amorim che mi piacerebbe vedere molti produttori italiani in visita nella loro azienda ed ho appreso che lo fanno già da molto, ma che l’obiettivo è quello di implementare la possibilità di vedere con i propri occhi e di toccare con mano quanto quest’azienda faccia e quanta artigianalità, passione e, ovviamente, ricerca ci siano dietro ad un singolo tappo.
Parliamo spesso di romanticismo in vigna, di naturalità, di salvaguardia del sapere artigiano e della biodiversità, nonché di etica e di sostenibilità… beh, tutti questi valori io in Portogallo lì ho riscoperti in un luogo in cui mai avrei pensato di trovarne di così nitidi, vale a dire in un’azienda così grande ed importante.
Fa un po’ riflettere il consueto abbinamento del tappo a vite, di produzione più industriale e di certo meno sostenibile ed ecocompatibile, ad una filosofia più green o bio nel vino.

L’idea che mi sono fatto di Amorim, visitando tutto ciò che si potesse visitare, dalle sugherete ai laboratori più tecnologicamente avanzati, è quella di una realtà che nonostante la sua leadership globale, non smette mai di alzare l’asticella e di inseguire sogni, che divengono mission e che una volta raggiunti servono da volano per ulteriori traguardi. Uno di questi traguardi sarà svelato l’anno prossimo e porterà, probabilmente, alla seconda e definitiva rivoluzione del sughero ed a quel punto, credo, ogni singolo dubbio reale o potenziale verrà fugato. Parlo del debellamento completo da tutti i tappi in sughero naturale del TCA entro il 2020 grazie ad una nuovissima a tecnologia ancora top secret! 
Ma questa è un’altra storia e spero di potervene parlare in futuro…

A prescindere dalle opportune opinioni di ognuno (credo ci sia spazio per ogni scelta e posizione in questo campo come nella produzione del vino stesso, nel momento in cui ci siano comprensione e rispetto) credo che visitare una sughereta durante il periodo di decortica e, magari, seguire il sughero fino alla nascita dei tappi in modo da comprendere quanto sia affascinante, ma lungo ed attento il processo di produzione. Per me è stata un’esperienza davvero interessante, che mi spingerà ad essere ancora più attento e curioso riguardo le evoluzioni di ogni tipologia di chiusura, nell’attesa di potervi raccontare anche una visita in una fabbrica di tappi a vite, magari… perché, no?! Di sicuro sarà un po’ meno affascinante, ma di certo potrà darmi ulteriori spunti di riflessione da condividere con voi.

N.B.: non credo che un’azienda di questo calibro avesse bisogno di un endorsement da parte mia e lungi da me voler imporre un’idea commerciale o una filosofia etica a consumatori o ancor prima ai produttori, ma credo fosse opportuno raccontarvi la mia esperienza e darvi qualche informazioni in più riguardo il mondo dei tappi in sughero ed Amorim, che è la più antica azienda al mondo in questo campo, ancora oggi guidata dalla stessa famiglia che la fondò nel 1870.

F.S.R.
#WineIsSharing

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