Un viaggio nel pensiero “green” e nei vini bio della Cantina Podere di Pomaio ad Arezzo

Nell’era della relatività
delle distanze, spesso ci si ritrova a conoscer meglio luoghi lontani
che quelli vicini a casa. Nel mio caso, questo si traduce nell’aver
visitato moltissime realtà vitivinicole, territori e cantine in
areali più o meno distanti da dove vivo da qualche anno –
Sansepolcro (Arezzo) – tralasciando quelle “di casa”.
Un mea culpa è doveroso,
ma le scuse contano poco se non si attuano misure a sostegno di
questa mancanza, quindi l’obiettivo di questa nuova stagione sarà
quello di cercare qualcosa di interessante anche nella zona che è
ormai diventata la mia seconda terra.

Cantine arezzo
Per non perdere altro
tempo, ho subito iniziato con un’azienda di cui ho scritto con
cadenza annuale parlando dei vini assaggiati durante eventi o fiere
in giro per l’Italia, ma della quale non avevo mai avuto modo di
visitare i vigneti e la cantina.
Cantina Podere di Pomaio
Parlo del Podere di Pomaio, un’azienda vitivinicola “Green” e Bio, giovane (prima
vinificazione 2010) che nasce, però, nel 1991, con l’acquisto dell’antico
podere da parte di Pier Ferruccio Rossi, per l’esigenza di una
famiglia allargata di avere un luogo da poter chiamare casa.
E’ solo nel 2000 però,
che Podere di Pomaio vede la sua prima svolta in termini
vitivinicoli, grazie al figlio Iacopo che, appena laureatosi in
agraria e specializzatosi in Viticoltura, dopo un po’ di giusta
gavetta all’interno di uno studio di consulenza agronomica, decide di
buttarsi a capofitto nell’avventura del “nuovo” Podere di Pomaio.
A dar man forte in termini commerciali e, soprattutto – dato il suo
background nel marketing – di comunicazione è il fratello Marco,
che vede nelle dinamiche fraterne un continuo brain storming in cui a
volte prevalga il “brain” a volte la “storm”, ma senza il
quale non sarebbe possibile crescere.
La mia visita mi porta su
una delle più integre colline aretine, in una giornata in cui li
sole ne mostra le benevole esposizioni e i vigneti di Sangiovese –
vitigno principe dell’azienda – sfoggiano grappoli sani e turgidi a
pochi giorni dall’inizio della vendemmia. Una volta attraversato il
cancello d’entrata del podere, dopo aver lasciato il centro storico
della città di Arezzo solo da pochi attimi, il termine “spaesato”
trova la sua più idonea e positiva collocazione, nello spettro delle
mie sensazioni. Si lascia il “paese” per entrare in un contesto
incontaminato, in cui le varie attività del podere sono incastonate
con profondo rispetto e grande armonia. La natura è complice del
lavoro di Iacopo Rossi, che da agronomo, ancor prima che enologo,
sente forte questa connessione e, con estremo raziocinio, si pone
come custode ed interprete di ciò che questo territorio può donare.

Ciò che ha acceso i
riflettori già da qualche anno su questa realtà è stato, senza
tema di smentita, il progetto Think Green che rappresenta in toto
l’espressione dell’impegno del Podere di Pomaio a produrre
rispettando l’uomo, il vino e la collina Ri-ducendo, Ri-ciclando,
Ri-usando ma soprattutto Ri-pensando il reale in chiave smart ed
ovviamente eco-friendly.
Il credo “green” dell’azienda parte
proprio dalla vigna, condotta secondo principi bio applicati con
consapevolezza e lungimiranza e non di certo per mera
“certificazione”.
La Cantina sembra incastonarsi
naturalmente nella collina, grazie alla sua concezione architettonica
“bio” che vede le sue pareti erette con massi ciclopici
utilizzati secondo soluzioni che attingono alle conoscenze ancestrali
di Romani ed Etruschi. Enormi massi, malte naturali, pozzolaniche,
colori non chimici, pavimenti in cotto e basalto lavico unitamente
alla sostenibilità energetica rendono il complesso un raro esempio
di cantina ecosostenibile italiana.
Questo estremo rispetto per il
territorio e per la natura stessa si riflette nei vini prodotti da
Podere di Pomaio, che impressionano per identità e legame con il
terroir creatosi in questo angolo meno conosciuto della toscana del
vino.

I vini prodotti sono 5 più uno – che
vi spiegherò nel proseguo dell’articolo -, ma andrò a citare i tre
che di più mi hanno colpito durante la mia ultima visita:
vini podere pomaio
Podere di Pomaio – RosAntico Toscana
Rosato IGT 2016:
in questo rosato da sole uve Sangiovese c’è l’anima
fresca, giovane e dinamica dell’azienda. Un vino che gioca
sull’espressione più luminosa del territorio, senza tralasciarne la
struttura, ma giovando tutto su slancio fresco e sapidità minerale.
L’ho bevuto il vigna, mentre il vento
portava i profumi dell’uva, a soli pochi giorni dalla piena maturità,
al mio naso e la concordanza con il vino nel calice è stata
disarmante.
Podere di Pomaio – Porsenna Toscana
Rosso IGT 2013:
eccolo qui il vino che vorrei trovare in ogni cantina
toscana con vigne vocate per la produzione di Sangiovese, ovvero una
vinificazione in purezza, elevato legno grande, con un equo
affinamento in vetro. Se nel RosAntico c’era la freschezza e la
dinamica, nel Porsenna permane una spina dorsale fresca e dalla
dinamica più frivola del rosato si passa ad una complessità
armonica, mai snob o altezzosa. E’ un Sangiovese puro, varietale, con
le sue spigolature identitarie che denotano la voglia di crescere
ancora nel tempo ed una personalità già forte. La beva è inerziale
grazie al finale sapido ed alla finezza del tannino che non da
soluzione di continuità al sorso. Un vino che avrei visto benissimo
nella mia scorsa degustazione Trasversale del Sangiovese, certo che
non avrebbe sfigurato.

Podere di Pomaio – Clante Toscana
Rosso IGT 2014:
c’è un fazzoletto di terra nel Podere di Pomaio dove
vengono allevati ad alberello piante di Merlot che daranno origine ad
una sola bottiglia cadauna. Un esercizio di stile? No! Una ponderata
scelta agronomica che vede quel vigneto disporre delle peculiari
condizioni pedoclimatiche per la produzione di un grande Merlot di
territorio. Come ho già avuto modo di dire in passato, pur amando i
vitigni tipici e storici o, che dir si voglia, autoctoni, non mi
passerebbe mai neanche per l’anticamera del cervello – cit. mia
nonna – di denigrare un’uva solo perché “internazionale”, anzi
mi affascina sempre molto come sia proprio con gli internazionali che
si possa evidenziare la forza espressiva di un territorio. Vi
spiego… se con li Sangiovese i riferimenti sono molti, ma pur
sempre “limitati” a poche regioni e non moltissimi contesti (per
lo più italiani), con vitigni come il Merlot il raggio d’azione di
un’eventuale comparazione di estende al mondo intero. Quindi, quando
un territorio riesce ad imporsi su un varietale “tosto” e ben
definito – a volte tendente all’omologazione – come il Merlot,
tirando fuori un’identità unica fatta di note mediterranee, di
un’insolita freschezza e di una mineralità saporita e divertente, io
non posso che apprezzare quel contesto e chi ha saputo interpretarlo
al meglio.

Avevo detto tre, ma non posso non
includere un +1 che rappresenta per i fratelli Rossi la scommessa per
il futuro ed un punto di inizio, non di certo un punto d’arrivo:
Pomaio Origini.
Parliamo di un vino prodotto secondo il
concetto della “sottrazione”, ovvero cercando di lasciar
esprimere il territorio e l’annata, attraverso una trasformazione
dell’uva da identificarsi con i criteri della vinificazione
“naturale” (lieviti indigeni, niente controllo delle temperature,
minima aggiunta di solforosa, già ampiamente sotto la soglia del bio
in tutti i vini dell’azienda). Un altro vino “naturale”? Non è
questo il messaggio che l’azienda Pomaio sta lanciando, bensì è un
vero e proprio messaggio in bottiglia per i naufraghi del vino, che
sin troppo spesso si sono imbarcati nel mare magnum delle tendenze
modaiole da un lato e degli estremismi “bio-naturali” dall’altro,
senza prima fare i conti con chi segna le sorti di ogni annata: Madre
Natura!

Il concetto all’origine di Origini –
passatemi il gioco di parole – è di una semplicità così
disarmante che, in un mondo in cui le complicazioni sono all’ordine
del giorno – specie nel vino – mi è parso tutt’altro che
scontato: non si può fare vino naturale ovunque, con qualsiasi
vitigno ed in ogni annata.

L’equilibrio ed il rispetto sono a monte di ogni capitolo della storia enoica del Podere di Pomaio e sono certo che non smetterà di esserlo. Arezzo si dimostra un areale sorprendente che continuerò a scoprire.
F.S.R.
#WineIsSharing

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