Vinoé, evento F.I.S.A.R. a Firenze – Tra assaggi e semplici considerazioni da wineblogger

Dopo aver preso parte
alla “prima” non potevo mancare alla seconda edizione dell’evento
più atteso dagli appassionati di vino di Firenze e non solo: Vinoé.
In una cornice perfetta
come quella della Stazione Leopolda di Firenze la F.I.S.A.R. Ha
dimostrato ancora una volta di saper organizzare al meglio un evento
enoico di questa portata, con un aumento delle cantine presenti ed
ancor più momenti di confronto per addetti ai lavori e winelovers,
come degustazioni guidate e convegni su macro temi molti
interessanti.
vinoè firenze evento vino
A prescindere dal
contesto, sempre molto suggestivo e spazioso, vorrei complimentarmi
con l’organizzazione per la scelta di dare a ciascun produttore un
banco d’assaggio adeguatamente ampio nel quale gestire al meglio le
degustazioni ed il confronto con gli avventori e per l’illuminazione
di ogni postazione, capace di “mettere in luce” – letteralmente –
ogni vino in maniera ineccepibili.
Ora, questi due dettagli
potrebbero sembrare di poco conto, ma – sarà la mia una deformazione
da wineblogger – mi capita sempre più spesso di partecipare ad
eventi e degustazioni con banchi d’assaggio minuscoli e vini in
penombra, cosa che oltre a rendere l’assaggio ed il confronto con il
produttore molto difficoltosi impedisce di poter scattare una foto ad
un’etichetta piuttosto che ad un calice di vino. Per tutti quelli che
troveranno questo discorso superficiale – lo capisco – ci terrei
a sottolineare quanto oggi sia importante per un produttore
partecipare a questo tipo di eventi non solo per far assaggiare i
propri vini o sperare di intercettare nuovi clienti, ma anche e
soprattutto per avere una visibilità organica, data anche e
soprattutto dalla possibilità di essere comunicati dagli stessi
appassionati, tramite un post sui social, un commento su un blog o
anche semplicemente mostrando uno scatto tenuto come promemoria nel
proprio smartphone ad amici e potenziali clienti. Sin troppo spesso
ci si fossilizza su un ritorno economico diretto prodotto dagli
eventi enoici, quando – oggi – è importantissimo cercare di
massimizzare il ritorno di immagine e comunicativo che si può
ottenere ad un evento come Vinoé, senza alcuno sforzo, se non quello
di veicolare al meglio le peculiarità dei propri vini e della
propria realtà.
Non vorrei farla troppo
lunga con “sta” storia delle foto, ma credo mettere i produttori
nelle condizioni di poter mostrare al meglio i propri vini anche solo
per le loro specifiche cromatiche nel calice, sia fondamentale e lo è
ancor di più per me che tornando alla base mi diverto a condividere
i miei assaggi e i miei incontri tramite i social network e questo
wineblog. Quindi bravi agli organizzatori di Vinoè per questo
dettaglio non indifferente.

Mi scuso per questa
digressione comunicativa, ma è un pensiero condiviso durante
l’evento con molti appassionati e “colleghi” e ci tenevo a
riportarlo anche in questa sede.
Ora passiamo agli assaggi
che mi hanno colpito di più in questa edizione di Vinoé:
migliori vini vinoè firenze
Metodo Classico Brut- Podere La Regola: 90% Gros Manseng e 10% Chardonnay, per un Metodo Classico atipico nella scelta del varietale principale, ma tipicamente elegante al naso, in cui i lieviti sono già ben integrati ad un profilo aromatico fresco, agrumato e a tratti balsamico. Il sorso è deciso e ben bilanciato, con una buona freschezza ed un finale lievemente minerale.

Mi Mo Ma Mu 2015 – Terre di
Macerato:
un’Albana che fa l’Albana! Si dice spesso che l’Albana sia
una sorta di rosso travestito da bianco e spingendone la macerazione
sulle bucce come ha fatto Franco Dalmonte, ovvero vinificandola in
rosso, ci si rende conto di quanto quell’affermazione sia concreta e
veritiera. Una struttura imponente ed un tannino ben presente vengono
bilanciati da un sorso longilineo dal finale salino. Un vino che
alcuni considererebbero estremo, ma che a me sembra solo estremamente
buono!

Le Barrosche 2016 Ravenna IGT – Costa Archi: un bianco da uve Montù, il primo che ho modo di assaggiare, non lo nego. Il naso si diverte a giocare con il frutto ed il fiore senza eccedere in maturità, ma con una buona concretezza. Il sorso è dinamico, con un buon bilanciamento fra struttura e freschezza. Un vino che si lascia bere, senza tanti fronzoli e che conclude con un lieve finale tannico come a voler mostrare la stoffa di questa uva, che prende il nome dalla sua predisposizioni alla quantità ma che in realtà, in questo caso, si dimostra capace di prodigarsi in un’ottima qualità.

Campo della Pieve
Vernaccia di San Gimignano 2015 – Il Colombaio di Santa Chiara:
che
luce che ha questa Vernaccia! Un vino che a primo naso ti catapulta
in primavera, con una profusa freschezza floreale resa per nulla
banale dallo sfondo minerale, a tratti marino. In bocca si apre per
poi allungarsi verticalmente fino ad arrivare ad un finale salino che
manda il sorso in loop.

Le Tese Umbria IGT 2015 –
Romanelli:
un altro macerato, tanto per dimostrare che nella reale
omologazione di massa che c’è stata con il “boom” italiano delle
macerazioni spinte con ogni sorta di varietale, spesso poco adatto a
questo tipo di vinificazione, c’è anche qualcosa di molto buono!
Prima nota di merito è, senza ombra di dubbio, il fatto è che il
Trebbiano Spoletino c’è e si sente! Sorso pieno, ma spinto fino in
fondo da un’ondata di freschezza e mineralità tipiche di questo
grande vitigno umbro. Un’interpretazione rischiosa, ma ben riuscita.

Fosso di Corsano Colli di Luni 2016 – Terenzuola: eccola qui la lama che cercavo per tagliare in due il logorio della vita moderna! Una folata d’estate in quel contesto autunnale, con una beva che non manca di nulla, piena quanto basta per permettere alla freschezza di non perdersi in un sorso esile, bensì di farsi strada lentamente dal calice all’ultima papilla gustativa che ho nel cavo orale. La forza tanto armonica quanto dirompente di un’onda.

Lacrime del Bricco Derthona Timorasso 2015 – Vigneti Boveri Giacomo: un Timorasso di grande identità, comparato con altri prodotti su terreni differenti e ad altitudini diverse, questo è quello che mi ha stupito per equilibrio fra componente fresca e corpo e tra mineralità sapidità e lunghezza. Il naso è divertente e solare ed il sorso inerziale. Ottimo vino anche in prospettiva.

Vigna Cavarchione 2014
Chianti Classico – Istine:
annata difficile che continua a
stupirmi, specie nelle interpretazioni più eleganti del Sangiovese
come questo “cru” di Istine, che regala finezza al naso e
linearità al sorso, con una buona spina dorsale minerale. Un vino
che non lesina struttura, nonostante la 2014 sia da considerarsi
un’annata più esile, e che che manifesta una gran bella dinamica
capace di renderne la beva disinvolta e davvero piacevole. Vorrei
ritrovarne una bottiglia in cantina tra 4 o 5 anni, ma so già che la
stapperei prima!

Volubile Langhe Nebbiolo
2016 – La Carlina:
del Nebbiolo “giovane” spesso si accusa un
tannino eccessivamente presente e si tende a considerarlo prematuro,
ma sto assaggiando diverse interpretazioni della 2016 in grado di
integrare alla materia del corpo la trama tannica e la componente
acido/minerale, creando equilibri divertenti ed apprezzabili pur
mantenendo una forte predisposizione all’affinamento in vetro. Questo
Volubile non è da meno, con un naso intrigante che sfocia in un
sorso dalla buona freschezza ed un tannino ben smussato – seppur,
ovviamente, presente.
Un nitido esempio di come
anche il Nebbiolo possa essere apprezzato anche in gioventù.

Vigna Laura 2014 – Tenuta Benedetta: avevo già avuto modo di assaggiare i vini di questa piccola nuova azienda dell’Etna in “anteprima” qualche mese fa ed in particolare dell’unicum rappresentato dal loro sangiovese in purezza, ma a colpirmi in questa occasione è stato il loro IGP (presto vi spiegherò perché non è ancora un Etna Doc) da assemblaggio classico di Nerello Mascalese (80%) e Nerello Cappuccio (20%). Un vino che al naso ammalia con la vitalità del frutto e la mineralità del vulcano ed in bocca conferma una buona struttura, una texture tannica ben integrata ed una buona acidità, a delineare un profilo elegante ed un sorso slanciato e profondo.
Migliarina Rossese di
Dolceacqua 2014 – Roberto Rondelli:
Un vitigno prezioso, coltivato
con rispetto e sapienza in un terreno che definire vocato renderebbe
solo in parte l’idea. Il Migliarina si conferma essere, anche in
questa “strana” 2014, il Rossese nella sua espressione più
longilinea, dinamica e congruente con ciò che, oggi, cerco in questo
ed in molti altri vini. E’ palese che abbia bisogno di bottiglia, ma
la stoffa c’è e si percepisce tutta! Davvero un grande vino
(presentato in anteprima – ancora non sul mercato).

Ventisei Pinot Nero IGT
2014– Az. Agr. Il Rio:
se c’è un Pinot Nero capace di posizionarsi
nel “posto giusto” questo è il Ventisei de Il Rio. Perché dico
questo? Perché esistono pochi Pinot Nero in Italia davvero validi e,
tra quei pochi, in molti cercano di scomodare paragoni importanti e,
spesso, improponibili. Questo è un vino che esprime grande umiltà e
consapevolezza, rinunciando ad improbabili paragoni ed enfatizzando,
piuttosto, la propria espressione territoriale e l’interpretazione
del vignaiolo. Più che descriverlo, vi confiderò un “segreto”:
di tutti i vini assaggiati a Vinoé questo è quello che mi sono
tenuto nel calice anche una volta lasciato lo stand ed ho continuato
a sorseggiarlo chiacchierando con degli amici, ritrovandomi a
rimetterci il naso continuamente ed a berlo con una facilità
disarmante. Se lo scopo del vino è essere apprezzato e bevuto…
missione compiuta!

Brunello di Montalcino
2012 – Fattoi:
in un’annata, forse, sopravvalutata, Fattoi resta
una sicurezza nello stile e nella coerenza materica che
contraddistingue i vini di questa realà. E’ un vino potente, ma
capace di non sfociare in stucchevoli e spiacevoli “cotture” e di
mantenere un sorso ben slanciato grazie ad una freschezza integrata
al meglio con la struttura possente. Un vino lungo e di grande
profondità, che non pone limiti al proprio potenziale evolutivo.

Barolo Aculei 2013 – La Biòca: è il vino che da inizio ad una nuova era aziendale, in quanto si tratta della mia raccolta e la prima vinificazione di uve da Barolo di proprietà de La Biòca. Un assemblaggio di diverse vigne che ha dato modo al produttore di “divertirsi” con i tagli, andando a ricercare una complementarietà fra le varie peculiarità dei singoli vigneti in termini di terreno ed esposizione. C’è struttura e c’è una buona acidità, il tannino non risulta eccessivamente aggressivo, per un sorso già equilibrato, ma che non potrà rifinire la sua eleganza con qualche annetto di bottiglia.

Titolo Aglianico del Vulture 2015 – Elena Fucci: sono sempre molto curioso di assaggiare le nuove annate di vini che seguo da un po’ come il Titolo di Elena Fucci. Questa 2015 mi ha colpito molto, in confronto alle annate assaggiate in passato, in quanto ho percepito una grande predisposizione all’eleganza, nonostante la consueta forza ed il calore di questo vino pieno ed avvolgente. Il sorso è asciutto e il tannino dell’Aglianico è ben smussato, seppur giustamente presente. E’ la spina dorsale acida a renderlo così vivo oggi ed in prospettiva. Probabilmente – vedremo cosa diranno i prossimi assaggi – l’annata più in linea con il mio gusto da quando assaggio questo vino.

Nel complesso, Vinoé si conferma, a distanza di un anno dalla sua prima edizione, un evento ben organizzato e nel quale è possibile, ancora, trovare qualche chicca enoica non troppo mainstream. Questo è molto importante per me, ma ormai anche per un appassionato qualsiasi che non può non rendersi conto di quanto “gira e rigira” molte manifestazioni enoiche presentino le stesse aziende da anni. Confido che per Vinoé la strada sia sempre di più quella della ricerca e del ricambio di anno in anno.
F.S.R.
#WineIsSharing

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