a breve e nonostante le palesi differenze fra assaggio ed assaggio è palese che esista un fil rouge capace di fare da comun denominatore a tutti i Barolo della cantina Giacomo Fenocchio.
Cantina Giacomo Fenocchio – Tradizione e coraggio nella terra del Barolo

Giorni fa mi è balenata l’idea di fare un salto in Langa ma se, solitamente, cerco di ottimizzare dedicando almeno un paio di giorni a più realtà da visitare stavolta è stata una toccata e fuga di quelle che solo per alcune cantine vale la pena fare.
La mia meta è stata Monforte d’Alba dove sorge la cantina Giacomo Fenocchio, nata nel 1864 ma “solo” da poco più di 50 anni dedita alla produzione e all’imbottigliamento di grandi vini di Langa.
Ad attendermi in loco è Claudio, figlio di Giacomo e, se è al padre che si deve il cambio di marcia degli anni ’60, è con Claudio e Albino Fenocchio che questa realtà è entrata nel novero delle più importanti cantine del Barolo.
La giornata è di una nitidezza rara, si scorgono tutti i vigneti adagiati sullo sfondo alpino normalmente difficile da scorgere con tale definizione. Seguo l’indice di Claudio che con la precisione di un puntatore laser indica tutti i suoi cru e le loro peculiarità: Cannubi, con terreni marnosi ricchi di sabbia; Villero ferroso con argille e sedimenti calcarei; Castellero, simile al Cannubi con una prevalenza di sabbie gialle; Bussia (il preferito di Claudio), probabilmente il più “minerale”, con sedimenti argillosi e calcarei e molto ferro.
Basta uno sguardo per comprendere che ogni singola parcella dei vigneti di Claudio ha insita in sé una personalità differente fatta di sfumature non semplici da lasciar esprimere in maniera sincera, quindi è solo tramite un approccio garbato e rispettoso che si possono portare in bottiglia vini carichi di quelle singole identità.
Un approccio imperniato sul rispetto dalla vigna alla cantina, limitando al minimo (indispensabile) l’intervento dell’uomo sia in termini agronomici che enologici. La botte grande è simbolo di tradizione e a “casa” Fenocchio la tradizione si respira in ogni angolo, eppure questo non significa rintanarsi in concetti anacronistici e visioni vetuste, bensì attingere al passato traendone insegnamento al fine di volgere lo sguardo al futuro con maggior consapevolezza del fare e del non fare.
Ecco perché Claudio sarà sempre fedele al proprio stile ma non seguirà mai in maniera pedissequa dei protocolli, piuttosto interpreterà ogni singola annata con attenzione e capacità deduttiva, cercando le soluzioni migliori in termini di macerazione, affinamento e taglio di vasca grazie alla spiccata sensibilità enoica affinata negli anni. Il tutto senza mai lesinare coraggio nella sperimentazione com’è avvenuto con il 90 dì e con l’Anima Arancio dei quali vi parlerò tra poco.
Ho potuto appurare quanto sia sottile la differenza fra i vari cru e fra le varie vasche/botti degli medesimi cru avendo il privilegio di assaggiare i vini che verranno, ovvero le singole masse dei vini che dovranno andare in bottiglia
Passiamo però agli assaggi dei vini prodotti dall’azienda Giacomo Fenocchio che mi hanno colpito di più nell’ultimo anno:
Barolo Cannubi 2015 – Giacomo Fenocchio: tra tutti i cru di Barolo uno di quelli ai quali sono più legato data la sua predisposizione all’eleganza e alla freschezza, senza mai lesinare struttura e carattere. Questo Cannubi 2015 apre con note di frutto e fiore rese più fresche di gran parte di quelle percepite in altre espressioni pari annata da soffi balsamici. Dopo qualche minuto nel calice si fa avanti una matrice aromatica distintiva che ho riscontrato in altri vini di Claudio e che ha il potere di rievocare in me ricordi di fumo e cenere. Un sorso che entra ampio come si confà ad una 2015 ma sa distendersi con piglio sicuro e un incedere raro per i Baroli di quest’annata. Il finale è sanguigno, dalla trama tannica vivida e già priva di particolari spigoli.
Barolo Riserva Bussia 90 dì 2013 – Giacomo Fenocchio: la lunga macerazione dona molto ai Nebbioli di Claudio Fenocchio e in questo caso raggiunge l’apice della resa in termini di eleganza e potenziale evolutivo. Un vino che abbraccia il frutto con intriganti note speziate e suadenti note floreali; il sorso è integro, intenso ma al contempo slanciato fino a chiudere con note ematiche e un tannino fitto e ben definito. Un raro esempio di Barolo Riserva capace di grande prospettiva senza, però, porre evidenti ostavoli alla beva odierna.
Apprezzabile, inoltre, l’attaccamento di Claudio ai vini della tradizione ovvero alla Barbera e alla Freisa che porta in bottiglia senza stravolgere la loro indole naturale: una Barbera che coniuga un frutto succoso al grande slancio acido senza lesinare un bel finale minerale; una Freisa fresca, speziata e dinamica nel suo sorso lieve ma profondo.
Interessante l’Anima Arancio 2017, prodotto interamente con uve Arneis, provenienti dai vigneti nel comune di Monteu Roero. Anche in questo caso, come in tutti i vini di Claudio, la fermentazione è spontanea e, come si intuisce dal nome, la macerazione si spinge verso quella più tipica dei rossi con ben 30 giorni di permanenza sulle bucce.
Ne deriva un “orange wine” pulito, intenso nel frutto con maggior espressione delle note tioliche presenti nel varietale. Il sorso è materico, vibrante, saporito. Un vino bianco macerato fatto con consapevolezza tecnica e coerenza stilistica rare.
In conclusione l’azienda Giacomo Fenocchio fa della sua grande coesione familiare, della conoscenza della propria terra e della naturale attitudine ad interpretarne i frutti in maniera rispettosa e sincera i propri cardini. Cardini che servono ad aprire le porte a tutto ciò che di valido e coerente si possa fare per mantenere immutata la filosofia aziendale e lo stile dei vini di Claudio ma, al contempo, permettere a quegli stessi vini di non risultare mai anacronistici.
Ora non resta che attendere la 2016 che si conferma – assaggi alla “mano” – un’annata di grandissimi equilibri e dalla finezza rara.
F.S.R.
#WineIsSharing
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