Quanto Vale il Vino?

Leggendo un articolo di un regista di nicchia Brasiliano, che vive a Roma da diversi anni (Jonathan Nossiter) ho deciso di dedicare un post cercando di focalizzare i punti salienti dell’articolo in questione e ponendo dei quesiti, che reputo più che attuali e coerenti con la situazione del mondo del Vino odierna.
“Tutto ha un prezzo”, recita una dDi tutto conosciamo il prezzo, di niente il valore” (F.Nietzsche).

elle frasi più utilizzate da chi opera in borsa, ma la citazione giusta, non è forse questa:

E’ ciò che, spesso, mi ritrovo a chiedermi quando prima o dopo aver assaggiato un Vino ne valuto il rapporto fra qualità (soggettiva) e prezzo (oggettivo). Quali dei due parametri è davvero il più importante? La qualità, ovviamente, mi verrebbe da dire…ma saremmo davvero disposti a spendere qualsiasi cifra per una qualità della quale non possiamo sapere in termini assoluti quanto nel giudizio che abbiamo di essa incida la forza dell’etichetta in questione, la conoscenza diretta o indiretta di quella determinata cantina, la percezione istantanea e contestualizzata di quel calice di Vino? 
Quanti di voi appena vedono un vino che non conoscono corrono a cercarne il prezzo online? Quanti seguono le statistiche e le classifiche vedendo i Vini più cari del mondo come dei sogni, dei miraggi ai quali anelare con la bava alla bocca? Ma è davvero questo che vogliamo dal Vino? Che ci emozioni per quanto l’abbiamo pagato ancor prima che per il suo reale ed intrinseco valore?
Per utilizzare un’altra frase fatta “business is business”, dicono gli americani, ma questo concetto può realmente appartenere ad un mondo tanto legato alla cultura, alla storia di persone e luoghi ed all’amore per la Natura ed i suoi frutti? Beh…sarebbe da ipocriti dire, soprattutto per me che non produco Vino, che la passione e l’amore per il proprio lavoro e la propria terra possano bastare ad appagare chi il Vino lo crea con sudore, sì…ma anche tanti investimenti. Il denaro occorre e concorre alla qualità, questo è ormai palese, ma non sempre le leggi di mercato offrono una proporzionalità reale fra quella che è la reale attenzione alla qualità, unitamente alle peculiarità di un territorio (che da sole possono già fare la differenza), ed il costo del prodotto finito.
“Il vino, da sempre specchio del mondo, non sfugge a questa regola demoralizzante. Ormai è una bene di consumo, con marchi in competizione tra loro e analizzati in base al loro valore di indicatori finanziari e sociali. Una bottiglia di vino, oggi, è come una borsa di Gucci: l’originale costa una cifra ingiustificata, poi ci sono tutta una serie di imitazioni più o meno a buon mercato.” dice Jonathan Nossiter.
Avendo creato una società che vede l’azione di comprare qualcosa con il proprio denaro come una delle massime soddisfazioni capaci di appagare il nostro IO, è inevitabile che anche qualcosa di pure e vivo come il Vino, potesse venir contaminato da queste mere dinamiche economiche.
Quindi compriamo il Vino soltanto per il piacere di berlo e per l’effetto che quella determinata etichetta a quel determinato costo hanno su noi stessi e sugli altri?
Io stesso scrivo di Vino e mi trovo in un limbo in cui da una parte ci sono la passione, la curiosità, la voglia di andare oltre le etichette alla ricerca dell’inaspettato, della scoperta che possa farmi dire “Straordinario Vino… ed a questo prezzo per giunta!”, mentre dall’altra parte c’è una sensazione di, quasi, obbligo e costrizione, per quanto piacevolissimi s’intenda, di dover passare per forza per quei Vini, perché se non hai bevuto un costoso vino di Bolgheri (non faccio nomi per correttezza) non sei un vero appassionato di Vino…se non hai mai brindato con alcuni noti champagne francesi non puoi considerarti un intenditore… bah… è palese che stia volutamente generalizzando e riducendo il concetto a banali esempi pragmatici, che, però…con le dovute e sacrosante eccezioni… non distano molto dalla realtà. Ci fidiamo di presunti esperti e di indotte campagne di marketing per la scelta del Vino da acquistare, quando il Vino è ciò che di più soggettivo esista ed un po’ come l’Arte, va apprezzato profondamente, senza condizionamenti esterni o dipendendo dai dettami di chi, ormai, sempre di più a livello mondiale (per fortuna meno in Italia) tira le fila del Wine Market, raggiungendo fatturati inverosimili, che nulla potrebbero mai avere a che fare con una produzione di qualità per quel numero di bottiglie annue, per quel tipo di coltivazioni, per quel tipo di Vino.
Eppure il Vino è storicamente qualcosa che trascende l’economia, o meglio ha avuto da sempre a che fare con l’economia reale, quella familiare e cittadina. Un’economia che dipendeva tanto dalla Natura quanto dalle persone, nella quale l’agricoltura era non solo un lavoro più che onesto, bensì il fulcro della capacità di progredire dell’uomo.
Fino a qualche decina di anno fa guardavamo al vino come alla massima espressione del connubio uomo-Natura, un connubio che ha portato risultati dei quali ancora oggi le più importanti cantine del mondo (francesi) si vantano, pur sapendo bene che poco hanno a che fare i propri vini odierni con ciò che veniva servito nelle tavole dei reali di tutto il mondo. Eppure anche questo incide sul costo di quei Vini…Vini che arrivano a costare centinaia di migliaia di €uro. E’ normale, direte, rispondere a questi quesiti, semplicemente, adattandosi al mondo in cui viviamo e pensando che come il fatto che un calciatore “guadagni” milioni di €uro l’anno sia dovuto alla “richiesta” che c’è di quel tipo di prodotto/spettacolo e quindi agli introiti indotti da esso, così è per il Vino, in quanto finché ci sarà chi acquisterà quei Vini a quei costi, perché equipararli alla reale qualità in essi infusa? Ci sarebbe da introdurre il concetto dell’emozione…si…ma davvero noi pensiamo di poter essere così puri ed incondizionati da poter valutare un Vino “mitologico”dai costi inauditi, senza che questo aspetto ci induca alcune soggezione (positiva o negativa che sia)?
Io, da par mio, comprendo più che consapevolmente le dinamiche economiche e sociali che invadono ormai anche il mondo che amo di più, quello del Vino, come so che la modernità è un bene e come tale va applicata in ogni situazione ed in ogni comparto delle nostre vite, là dove essa possa apportare significative e positive modifiche…eppure mi sento combattuto, perché vedo, vivo e conosco l’Italia del Vino, un Italia che non avrebbe eguali al mondo per qualità e singolarità, per unicità ed eleganza dei propri Vini, ma che spesso si vede costretta a correre in questa pista tracciata dai mercati stessi, con delle zavorre, zavorre che nulla hanno a che fare con la passione e l’Amore che ogni produttore italiano, ed in particolare quelli medio-piccoli, mette nel proprio lavoro. Se c’è una cosa che so è che, se c’è un settore nel quale non dovremmo guardare all’America come un esempio, questo è proprio quello del Vino.
E’ questa l’altra faccia della medaglia… tutto questo “gioco al massacro” porta molti a cedere di fronte al Dio Denaro,optando per produzioni massificate e povere di contenuto reale, per poter vendere tanto a poco prezzo, ma chi continua a credere nell’eccellenza, chi continua a lavorare sodo per dare un prodotto di grande qualità, non sempre può chiedere ciò che effettivamente dovrebbe…eppure quei Vini ci donano emozioni, emozioni che prescindono da 
Se è vero che la percentuale di lavoratori agricoli in Francia e Italia, è passata da oltre il 50% della popolazione nel 1900 al 20% del 1970,  e che oggi si attesta 3%,  è ovvio che si tenda a discernere il Vino dall’agricoltura stessa, quasi come se legare questi due concetti potesse rappresentare un atto denigratorio nei confronti dei grandi produttori di Vino. 
Ciò che è palese è che il vino resta e (speriamo) sarà sempre un prodotto agricolo, nel quale si esprime la massima capacità dell’uomo di plasmare, se pur in parte, la Natura per il suo piacere, perché il Vino è prima di tutto questo…piacere!…O almeno dovrebbe esserlo!
“Il viticoltore è il cugino di campagna di tutti gli artisti che scrivono, dipingono, filmano, ballano e scrivono musica, e per questo motivo il vino è una specie di museo vivente, il testamento di uno specifico pezzo di terra. Il tempo e le piante racchiudono la storia, la cultura e le pratiche sociali di ogni regione e sottoregione.” cit. J.N.
Se il Vino è, quindi, l’anello di congiunzione fra uomo, Natura ed Arte, e se è storicamente stato così importante e così legato al concetto di ricerca della qualità, perché Noi WineLovers non facciamo lo stesso, cercando di trattare il Vino come frutto dell’artigianalità di persone e non dell’industria, continuando a cercare e ricercare la nostra reale soddisfazione ed il nostro reale appagamento, organolettico e soprattutto emozionale, indipendentemente da costi e Brand?

A chi produce non posso che dare il mio sostegno, qualsiasi scelta facciano, in quanto sono conscio delle difficoltà di alcuni, dovute, come già accennato, anche al paese in cui viviamo, che io continuo a definire un Hotel a 7 stelle, in cui è stupendo vivere, ma che spesso ha costi inauditi, se paragonati ad altri paesi e per le aziende del Vino questo è addirittura amplificato, se poi ci mettiamo anche la fantomatica Crisi, sarebbe inutile dire che vorrei che tutti mirassero alla qualità ed alla realizzazione dei propri Vini e non di quelli imposti da guide e mercati… 

Lascia un commento

Blog at WordPress.com.

Up ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: