il mio viaggio in Mosella aveva una “core mission” particolare e
così intrigrante da far passare in secondo piano, almeno per qualche
ora quelli che sono unanimamente considerati i più grandi Riesling
al mondo. Parlo dell’incontro con Daniel Twardowski e con il suo
Pinot Noix.
produttore, arrivato in Mosella con un sogno tanto visionario quanto
lungimirante e ponderato, date le specifiche del territorio e del
varietale di cui stiamo parlando.
già da tempo nel mondo del commercio di vini di pregio, sentì forte
il richiamo della terra ed aiutato dal destino e da una serie di
fortuite e fortunose coincidenze riuscì ad acquisire 3ha di vigneti
in Mosella, a Neumagen-Dhron.
Pinot Noir della Mosella in grado di competere con i suoi amati e più
blasonati Pinot Noir della Borgogna.
è un po’ come fare un gran premio della montagna al giro d’Italia in
Graziella, condotti secondo i principi dell’agricoltura biologica,
cercando di tutelare la vitalità del terreno e la salubrità delle
uve. Solo le migliori barbatelle di Pinot Nero da cloni francesi
delle migliori selezioni borgognone, con una parte delle vecchie viti
(oltre 40 anni) di Riesling presenti nei vigneti acquisiti innestate
a Pinot Noir, in modo da non espiantare piante così vecchie e
radicate.
E’ qui che nasce il Pinot Noix, un vino che deve il nome al
suggestivo agire degli uccelli che prendono le noci nate sugli alberi
presenti in fondo ai vigneti, per poi lasciarle cadere sul terreno di
ardesia blu, così dura da romperne il guscio. Un gesto che coniuga
al meglio natura ed intelligenza, spontaneità e tecnica, pulsione e
ragione, proprio come l’agire del vignaiolo, del produttore che
grazie alla sua competenza tecnica ed all’esperienza empirica, con
grande rispetto, produce il suo vino.
del terreno e proprio come loro il Pinot Noix è arrivato in bottiglia solo dopo alcune vendemmie sperimentali, a testimonianza della ricerca della qualità e della massima
espressione del terroir da parte di Daniel Twardowski.
cui la moderna tecnica è limitata al minimo indispensabile per
produrre vini puliti e stabili ed in cui la tradizionale
consapevolezza unita alle capacità termoregolatrici di un ambiente
tanto suggestivo quanto utile alla lenta e coerente maturazione dei
vini in legno da origine alle condizioni perfette per produrre un
grande vino di terroir.
fra le migliori barrique di rovere francese, per più del 90% usate,
con, dove i vini sosteranno tra i 14 a 18 mesi. Percentuale simile
per quanto riguarda la proporzione fra mosto fiore e pressato, il
tutto mirato alla realizzazione di una cuvée che nascerà solo dalle
migliori botti, nell’ottica di un equilibrio il quanto più armonico
possibile, in coerenza con l’espressione del territorio, del
varietale e dell’annata.
l’imbottigliamento senza filtri i vini sono conservati almeno tra i
più anni in bottiglia prima che diventi disponibile per il mercato.
nasce il Pinot Noix, solo ed unico vino dell’azienda, non sono ancora
entrati nella loro piena produttività, ma nelle prossime due
vendemmie ci si aspetta una piccola crescita delle rese, irrisorie,
che oggi non superano i 30 quintali per ettaro, cosa che nelle buone
annate, al massimo, porterà ad una produzione di poco superiore alle
precedenti.
assaggiare sono 2011, 2012, 2013, oltre ad una serie di interessanti
assaggi da botte delle nuove annate (2015 e 2016) ed un excursus
nelle prime sperimentazioni, molto utile per valutare l’effettiva
evoluzione delle viti e dell’approccio del produttore stesso, che
dimostra di aver ascoltato e compreso il frutto delle sue piante,
nei suoi vigneti, in rispondenza a ciascuna annata. La sensibilità,
in questo caso, è fondamentale, dato che ci troviamo di fronte ad un
vino che non ha riferimenti comparativi in quella specifica zona,
quanto meno, non con queste aspettative.
Pinot Noix 2012 – Daniel Twardowski: più educato, cortese, sapiente. Un vino saggio, figlio di un’annata buona, ma di certo non ottima, eppure capace di un abbrivio fresco-minerale che anche in questo caso verticalizza il sorso. Già godibile, ma da attendere per comprenderne quanto questa sinfonia ad un tempo lieve e mai greve sappia farsi concerto a più tempi, evoluto e complesso.
Pinot Noix 2013 – Daniel Twardowski: l’annata con cui, sin dal primo naso, sono entrato in empatia, tanto da apprezzarlo in cantina e da ritrovarlo alla cieca la sera in degustazione, nel primo giro di olfazioni – non picchiatemi, avevo terminato i sinonimi! -, quando ancora degli altri non avevo compreso alcunché. Quando capita, se capita, di entrare in tale sintonia con un vino non puoi che goderne ed apprezzarne la miriade di sfaccettature con trasporto e sensibilità, senza mancare di obiettività. Se nelle precedenti annata freschezza e mineralità si intrecciavano rincorrendosi, qui si fondono in un solido pilastro, ma non pensate al cemento armato, bensì ad un materiale ultraleggero o ancor meglio ad un pilastro fatto di mani che si stringono, di sguardi che si incrociano, di sorrisi che si scambiano; un pilastro di espressioni di gioia e di bontà d’animo, di gentilezza e leggerezza, ma anche di indissolubile legame e di grande compattezza.
Legno così ben integrato da risultare pressoché impercettibile nell’economia dell’assaggio, se non nell’azione di levigatura attuata sul tannino. Il più equilibrato dei tre, pur essendo il più giovane. Grande assaggio… che per me, ha steso molta Borgogna!
In conclusione, credo che volare in Mosella per assaggiare un Pinot Noir di questo livello e di queste prospettive sia una di quelle cose in grado di alimentare il fuoco sacro della passione enoica come poche altre sanno fare. Ad oggi, di certo non ho un bagaglio di comparazione tale da potermi sbilanciare come e quanto potrei farlo per un grande Sangiovese o un grande Verdicchio, ma sta di fatto che i vini di Daniel hanno dimostrato grande riconducibilità territoriale ed una spiccata personalità, legata a doppio filo alle sue vigne ed alle scelte agronomiche e enologiche rispettose fatte dal produttore. Se la Mosella dovesse mai cercare un riferimento, un traino, un precursore che veicoli le potenzialità di questo territorio, non solo per i Riesling, ma anche e soprattutto per il Pinot Noir, Daniel Twardowski sta dimostrando di annata in annata di essere un candidato ideale per questo ruolo.
Cosa ancor più importante, sarà distribuito anche in Italia, quindi accessibile e fruibile anche per i winelovers nostrani.
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