Bellese, Bellussera, belle emozioni da Vini di famiglia

Ci sono Vini, come per le persone, che conosci casualmente, altri che conosci grazie alle dritte di un amico ed altri ancora grazie al web ed ai social network ed è proprio grazie a facebook che sono giunto a conoscenza della Società Agricola Bellese Giacomo &
Enzo s.s.
che, effettivamente, ha un nome lunghissimo, ma a discapito di equivoci, non è altro che una piccola
azienda a conduzione familiare che viene portata avanti da padre in
figlio, di quelle che piacciono a me!
Figli della pianura che si trova a ridosso del fiume Piave, tanto caro alla Patria quanto, a volte, assimilato a produzioni di discutibile qualità, pregiudizio ribaltato in toto dai Bellese.

Seppure l’azienda non presenti
una superficie vitata molto ampia, l’Azienda ha sfruttato la diversità di terreni cercando di impiantare le tipologie di vitigni più adatte in base alla loro composizione ed alle peculiarità pedoclimatiche, coltivando sia vitigni internazionali come il Merlot,
il Cabernet Sauvignon, il Pinot Bianco e lo Chardonnay
sia quelli autoctoni come il Raboso Piave,
vino asprigno e robusto che raccoglie in sé le caratteristiche delle
“grave”: letti ghiaiosi costituiti da ciottoli di diversa misura
dono delle numerose alluvioni che fecero esondare il fiume Piave e che rappresentano un tassello importante del futuro dei vignaioli locali.
Da poco l’azienda ha allargato la sua
zona di coltivazione, affittando alcuni ettari nella zona di
Salgareda molto vocata per la coltivazione dei vitigni a bacca rossa,
mentre tra quelli a bacca bianca , nel suolo ampiamente argilloso in
un miscuglio di terra e roccia dolomitica, la fanno da padrone il
Prosecco/Glera
ed il meno diffuso, ma sicuramente interessante Manzoni
Bianco. Vini profondamente diversi tra di loro, ma tutti espressione
di grande territorialità.
Un’amore, quello di questa famiglia, che trascende la viticoltura, per arrivare a manifestare a pieno un attaccamento, ammirevole e purtroppo sempre meno presente nelle nuove generazioni, verso la propria Terra natia. Una Terra fatta di paesaggi nascosti nelle grave del Piave, lontana dalla vita di città che con i suoi ritmi cancella la pace e la
serenità. Una serenità, qui, facilmente ritrovabile nelle stradine sterrate
che affiancano le distese di viti in un’alternanza tra moderne
Guyot e monumentali Belussere (vecchio metodo di allevamento della vite, ormai in disuso per via dei maggiori costi di gestione, ma che i Bellese stanno rivalorizzando in quanto valore storico e metodologia maggiormente sostenbile di coltivazione) incorniciate da siepi alberate, da
boschetti di olmo campestre, da platani e sambuchi spontanei.

Ho scelto di parlarvi di questa azienda in quanto, con Désirée Sales Manager e con il resto dell’Azienda Bellese, condivido la filosofia che vede il Vino, non solo egregio protagonista di grandi degustazioni ed importanti eventi, nonché di abbinamenti all’insegna del lusso, bensì anche e soprattutto un compagno “easy” e tutt’altro che pretenzioso delle nostre giornate più comuni, atto a suscitare convivialità, senza necessariamente imporsi come oggetto di approfondite disamine o diatribe intorno ad annate, costi o premi di alcun tipo.
Vino facili da bere al giusto prezzo, purché espressione del territorio e di un lavoro artigianale, sono per me da apprezzare e promuovere in quanto il Vino è e dev’essere di tutti, anche del neofita, ma non per questo ci si deve accontentare di prodotti industriali.

Questo è attestato anche dalla volontà che spinge, da sempre, l’Azienda Bellese a confrontarsi direttamente con il consumatore privato, limitando al minimo la vendita attraverso attività
commerciali, in quanto il rapporto con il cliente, che spesso diventa un amico, è fondamentale per loro.

Non è facile descrivere, per Désirée, alla quale ho posto le mie domande di rito, la simbiosi
che si ha con il territorio vivendo in campagna. Ci nasci e ci
cresci – afferma con saggia convinzione. Quando fai il contadino un temporale può essere una
benedizione, ma la grandine ti può portare via il raccolto e la famiglia Bellese è fiera di essere composta da persone che sono prima di tutto contadini, che vivono del lavoro nelle proprie vigne,
le coltivano e le curano, senza sfruttarle ed abusarne, come purtroppo accade là dove si pensa, con leggerezza ed assenza di rispetto per la Natura e per noi che il Vino lo beviamo, di poter esaurire la linfa vitale di una piante per poi ripiantarla nel giro di neanche 10 anni.
Nonostante il Prosecco stia avendo
fortuna nei mercati mondiali e sarebbe stato semplice concentrarsi solo sulla produzione di questo Vino, magari massimizzando i ricavi anche attraverso escamotage in Vigna ed in Cantina, improntati ai numeri ed non alla qualità, l’Azienda Bellese va avanti per la sua strada, dedicandosi equamente a tutte le etichette prodotte.
Il tutto curando personalmente tutte le fasi produttive, dal
lavoro in vigna alla vendita. Importante, soprattutto per quelle zone, sottolineare che, anche nelle annate peggiori (vedi 2014) i Bellese non acquistano né uva
né Vino altrove.

A questo punto dei miei articoli vi aspettereste la mia cernita dei Vini in degustazione e la descrizione delle mie impressioni riguardo l’una piuttosto che l’altra etichetta, ma è successa una cosa molto particolare degustando la linea di questa azienda, ho trovato quel filo conduttore che a volte, per vari motivi, anche soltanto organolettici, non riesco a cogliere.
Un fil rouge che passa dai Rossi fermi Cabernet Sauvignon, Refosco dal P.R. (molto gastronomici, ovvero ideali per abbinamenti tipici della cucina mediterranea) al bianco fermo Pinot Bianco (fresco ed elegante), fino ad arrivare ai frizzanti Raboso, Chardonnay e Prosecco (briosi e mai scontati), ritrovando nel nuovo 373, un Vino Spumante Brut Millesimato (2014) che fa da perfetto trait d’union fra passato (proviene dal vecchio vitigno di Candolé a Bellussera di proprietà del padre di Désirée) e futuro, in quanto l’etichetta, il packaging, ma soprattutto la sua fresca e divertente beva rappresentano caratteristiche perfette per un Vino di qualità giovane e contemporaneo. Alla faccia di chi sostiene che non si può fare qualità con la Bellussera, un po’ come sostengono in Puglia con il Tendone (e qualche folle è persino arrivato a criticare l’alberello).

Il 373 è un Vino che vi emozionerà, per la sua bontà, ma anche per la sua storia, che potrei riportarvi pari pari qui, ma preferisco andiate a leggerla nel blog dell’azienda, dove Desirée ha descritto con trasporto e sincerità questa sua personale avventura: http://vinibellese.com.

5 cuori + 1 per la storia, al 373.
Ho davvero apprezzato la filosofia e la mission di questa azienda, ovvero quella di proporre Vini customer friendly, che abbinino alla piacevolezza della beva un’espressione sincera del territorio nel quale sono prodotti, con un piede saldamente affondato nella tradizione e nella storia della famiglia e con l’altro pronto a scoprire ed inesplorati “territori”.

Io andrò di certo a trovarli e vi consiglio di fare lo stesso! 

F.S.R.
#WineIsSharing!

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