Barone Sergio – La passione di un avvocato per il Vino e per la Terra

In questi giorni sono tempestato di email, messaggi e post in cui vedo amici godersi quella meravigliosa terra che è la Sicilia ed io piuttosto che morire di invidia, ho cercato di raggiungerli passando per la via più breve, che è anche il mio mezzo di trasporto preferito, ovvero il calice! L’ho fatto assaggiando i Vini di un’azienda che ho conosciuto da poco e che ho avuto modo di segnalare fra le scoperte del mio Vinitaly. Un’azienda che ho sin da subito apprezzato per alcuni principi di fondo dei quali vi parlerò tra poche righe. L’azienda in questione è la Cantina Barone Sergio, ubicata
nell’area della Doc Eloro e Moscato di Noto, fondata nella seconda
metà del 1700 dal trisavolo paterno don Michele Mastrogiovanni
Tasca.

Ho avuto modo di conoscere l’Avv. Giovanni Sergio e di constatare la sua grande passione per il fare Vino ed il suo legame viscerale con il territorio. Un territorio che la sua famiglia vive e coltiva da anni, ma che solo dal 2004 ospita la Cantina Barone Sergio per come la possiamo apprezzare oggi.
Facendo mente locale conosco molti ottimi produttori di Vino che abbiano fatto o facciano ancora gli avvocati, e ciò che accomuna tutti è il senso di libertà e piacere psico-fisico che provano nel vivere la vigna e la cantina.
E’ grazie all’enologo Giovanni Rizzo ed al prof. Lucio Brancadoro che l’azienda ha focalizzato la propria produzione su quella vitivinicola con l’intento di
esaltare le qualità del nero d’Avola e del moscato di Noto.
Il Vino per l’Avv. Giovanni Sergio è davvero motivo di orgoglio e di ritorno alle origini ed ama seguire con attenzione ogni fase delle vinificazione ed uno dei principi di cui vi parlavo poc’anzi è la sua volontà di non andare ad incidere sulla qualità e le peculiarità dell’uva con l’affinamento in legno, tanto che nella sua cantina non troverete botti da invecchiamento. Il suo obiettivo è quello di produrre un grande Nero d’Avola, che esprima e piano il varietale, senza il contributo positivo o negativo che sia del legno ed io non posso che condividere il suo punto di vista, specie dopo aver assaggiato il suo Sergio che vado subito a raccontarvi.
Sergio Doc Eloro 2010: un Nero d’Avola in purezza, che proviene da una parcella di vigneto particolarmente vocata… un cru per intenderci! Ciò che si palesa subito al naso è un ode al vitigno ed alla Sicilia, nonché alla scelta di non aver intaccato tanto ben di Dio con il legno, tanto che la speziatura naturale del Nero d’Avola sembra urlare al mondo “e chi ha bisogno della Barrique?!”.
Il frutto c’è ed è fresco, nonostante le annate passate in bottiglia. Non vedi l’ora di berne un po’ ed al primo sorso capisci subito quanto, spesso, erroneamente si sia convinti che il legno sia fondamentale per l’elevazione e la longevità ancor più dove faccia caldo come in Sicilia. Una brezza fresca che sa di mare, in un gioco di acidità e mineralità che ti fa correre a prendere in mano la bottiglia per verificare se si sia letta bene l’annata. Eppure in gola il calore della passione sicula si sente, ma fa in fretta a scendere ed a lasciar dietro di sé un ampio abbraccio, che tiene vivi naso e bocca e scherza con il cuore.

Questo era il Sergio e l’atmosfera era quella di una serata romantica, magari in un baglio con una splendida vista sul mare è con l’Alégre che si arriva in spiaggia baciati dal sole.


Alégre IGT Sicilia 2015: il Grillo è un vitigno che amo particolarmente, perché, come pochi, ha la capacità di fungere da teletrasporto anche solo a primo naso. Sì, perché basta poco per ritrovarsi a prendere il sole su una delle meravigliose spiagge siciliane, con il profumo di mare nel naso ed il sapore di sale sulle labbra. In realtà basta guardarlo per rendersi conto di avere nel calice un dono del Sole e della Terra.  Un Vino giovane, ma che lascia scorgere potenzialità evolutive a breve termine, che virano verso la frutta tropicale ed addirittura sulla mandorla. Qui il passo a due fra freschezza e sapidità si spinge oltre e, con estremo equilibrio, raggiunge picchi di grande piacevolezza. L’impatto di questo Vino è quello di un colpo di fulmine… dell’amore di un’estate… ma poi, dopo qualche sorso, dopo averlo conosciuto meglio ti rendi conto che potrebbe ben più di un’estate!

E’ stato un piacere conoscere questa realtà ed ancor più chi la conduce con appurata passione, in una terra che è proprio grazie al Vino ed alle persone che il Vino lo fanno, lo vivono e lo sentono parte integrante delle proprie vite, che può vantare un riscatto dietro l’altro.
Giovanni mi confida che è l’amore che suo padre gli ha trasmesso per la sua terra, per l’azienda ed ancor più per questo lavoro, che lo ha spinto a continuare a fare Vino ed a volerlo fare nel migliore dei modi… una linfa vitale trasmessa da padre in figlio, che continua a scorrere e ad alimentare una passione inesauribile.

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