Nelle Langhe un mix di ruralità e modernità – La Cantina Salvano

Il Piemonte è una delle culle
dell’enologia italiana e vanta alcune delle aziende più antiche e
non è raro, quindi, incontrare sul proprio cammino enoico realtà
come quella della quale vi parlerò oggi, che affonda le proprie
radici nei primi del secolo scorso: La Cantina Salvano.

A quel tempo la viticoltura non era
l’unica attività dell’azienda agricola ed infatti si coltivavano
grano, patate e nocciole, ma si può risalire alle prime
vinificazioni avvenute negli anni ’30, grazie ad Angelo Salvano
inizia la produzione di vini nella cascina “Grillo” tra le vigne
di Diano d’Alba, nel cuore delle Langhe. I suoi prodotti, frutto
del faticoso lavoro nelle vigne e della dedizione ad una terra dura e
ricca allo stesso tempo, iniziano ad essere conosciuti da molti.
Nell’immediato dopoguerra la ferrea volontà del figlio, mio
omonimo, Saverio gli permise di ampliare la cantina e trasferirsi in
Valle Talloria. Da qui inizia l’imbottigliamento del vino, prima
solo venduto e distribuito in piccoli fusti e damigiane. Il nome
Salvano diventa sinonimo di vini di qualità riscontrando successo in
tutto il Nord d’Italia. Nel 1982 inizia una nuova e decisiva fase
di crescita, quando due ragazzi dalle origini contadine decidono di
mettere a frutto il loro entusiasmo e realizzare un loro grande sogno
nel cassetto. Luciana Agnello e Piero Sobrero apportano alla casa
vinicola le loro ambizioni ed esperienze personali, mantenendo vivi
la tradizione, i metodi di produzione, i sapori e i profumi di
un’arte antica, legata alle radici della terra delle Langhe.
Nel 1991 viene ristrutturata la vecchia
cascina e viene rinnovata la cantina mantenendo le caratteristiche
tipiche dei casolari contadini di Langa come arcate a mattoni a vista
ed il fienile ora utilizzato come magazzino botti. Attualmente la
cantina si trova a 16 metri sotto il livello della strada e questo
permette di mantenere una temperatura ed una umidità costante
durante tutto l’anno favorendo quindi la produzione dei vini.
Nel 1998 entra in azienda Massimo
Sobrero, che insieme a suo fratello Alessio porta un’ulteriore
sferzata di novità e spinta verso il futuro alla Cantina gestita
ancora dai genitori Luciana e Piero, che si occupano di dirigere
l’azienda e di organizzare il lavoro nei vigneti.
Ciò che mi ha affascinato di
quest’azienda è il suo apparente anacronismo che, in un’era in cui
si rincorre la modernità a volte fino a non aver più il fiato e
l’apporto di ossigeno utile al cervello per ragionare con cognizione
di causa, si evince in primis dal packaging delle bottiglie
interamente confezionate a mano da 4 donne artigiane del luogo e in
secondo luogo dalla volontà di continuare ad esprimere e manifestare
la propria origine contadina.
Tra i Vini che ho avuto modo di
assaggiare, tutti da vitigni autoctoni, vi parlerò di due referenze
che mi hanno particolarmente colpito:
Gentilium Langhe Rosso DOC 2012: un
Nebbiolo nitido, con quella sferzata di freschezza data dal piccolo
saldo di Barbera. E’ un po’ come se l’austerità, si trasformasse in
familiarità, come se la timidezza, divenisse quell’umiltà contadina
da saper leggere ed interpretare. Una volta apertosi, il Vino inizia
a parlare di sé, della sua terra e del suo vissuto, con frutto
fresco, note speziate, radicali e sincera armonia. Schietto, diretto
al sorso, senza alcun volo pindarico, ma con tanta concretezza.
Un bel Nebbiolo, fatto per oggi e per
domani, senza dimenticare ieri.
Barolo DOCG 2011: il Barolo è il
fiore all’occhiello dell’azienda Salvano, che ritrova in questa
bottiglia l’espressione di un’eleganza easy, mai eccessiva, fatta di
consapevolezza e lungimiranza. Un Vino, anch’esso, che porta con sé
il fascino della ruralità, con note di terra e radice di liquirizia
che sembrano quasi volerlo ribadire. La struttura c’è e quella vena
di freschezza che lo aiuterà a durare nel tempo anche. Un Barolo che
sorprende e credo lo farà anche restandosene un po’ coricato in
Cantina, fin quando non deciderò di volerne godere l’evoluzione, che
mi auspico sia ciò che lascia intendere ogni sorso odierno.

Una cantina che è stata capace di
coniugare la ruralità alla modernità, la tradizione alla modernità,
come un po’ tutte dovrebbero saper fare oggi. Ammetto di esser stato
il primo a farmi qualche domanda vedendo il packaging delle bottiglie
che sarei poi andato ad assaggiare, ma quando dico che la storia di
un’azienda, di un territorio e delle persone che vivono quell’azienda
e quel territorio sia fondamentale è proprio per questo… perché
se attraverso la conoscenza di ciò che una Cantina è si riesce a
chiudere un cerchio tutto ha più senso.


F.S.R.
#WineIsSharing

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