Appena tornato da Barolo Brunello ed avrei già voluto buttar giù due righe riguardo l’evento e gli assaggi che mi hanno colpito di più, ma dato che ho sempre creduto che, oltre alla persistenza gustativa, esistesse un parametro ancor più importante, ovvero la persistenza emozionale, ho deciso di far precedere al mio racconto dell’evento, qualche riga sull’emozione che persiste ancora in me, a distanza di ore. Quest’emozione ha un nome ed è quello del Barolo della Cantina di Giulia Negri, a La Morra.
A volte crediamo di poter rendere più comprensibile una denominazione tracciando linee e creando insiemi e sottoinsiemi e di certo questo aiuta molto, ma ci sono due concetti che vanno oltre ogni tipologia di divisione e congiunzione, ovvero l’omologazione, negativamente parlando e l’identità, il fattore che io cerco da sempre in ogni Vino ed in ogni realtà e quindi, a mio modo di vedere e di vivere il Vino, ciò che di più positivo possa esprimere il lavoro di un produttore.
Giulia Negri è una giovane, anzi giovanissima produttrice, di quelle che potresti scambiare per una “hostess” trovandotela dietro un banco d’assaggio, sì… finché il tuo sguardo non si posa sulle sue mani… mani da vignaiola vera! Giulia è una ragazza che poteva tranquillamente continuare a lavorare nella piccola, ma storica ed importante, azienda di famiglia o magari prendere tutt’altra strada, eppure lei il vino voleva farlo a modo suo, rischiando, sbagliando, vivendo, imparando, purché libera di seguire il suo istinto.
Istinto che, sono bastati pochi istanti, a far coincidere con una grande preparazione ed una consapevolezza solida e mai traballante, capace di mettere in riga molti produttori con ben più anni d’esperienza alle spalle.
Tecnica ed istinto, ragione e passione, tradizione e modernità, calore e freschezza… gli opposti che non solo si attraggono, bensì si fondono, in una grande armonia. I suoi Vini sono a tratti quasi irriverenti, perché devianti dai diktat di una tradizione che, sin troppo spesso, coincide con una percettibile omologazione. Io credo nel terroir e, come già detto più volte in passato, sono fermamente convinto che nell’equazione enoica che porta proprio proprio al concetto di terroir, il/la vignaiolo/a sia fondamentale nell’interpretare ciò che la natura ci da, con rispetto e senza eccessi, ma al contempo con personalità e lungimiranza. Ho sentito parlare di “Barolo del futuro”, di “Barolisti visionari”, di “Barolo moderno”, ma secondo me Giulia Negri non è questo, come non è la tradizione intesa come gabbia che inibisce la libertà d’espressione di ciascun produttore. Mi è bastato un istante per capire che quel Cru Serradenari a più di 500slm non era un Barolo né tradizionale né moderno. Quel Barolo era l’identità di un terroir che, mi prendo tutte le responsabilità del caso a costo di smettere di scrivere di Barolo domani (naaaa… :-p) è, oggi, il terroir ideale per un grande nebbiolo (terreni + microclima + viti + esposizione + personalità e visione della produttrice). Fortunata a ritrovarsi vigne fare sulla vetta più alta del Barolo dove poter fare il suo vino in tutta libertà? Ovviamente sì, ma se c’è una cosa che ho capito in anni di viaggi, assaggi ed incontri è che la fortuna da sola non riuscirà mai a produrre grandi vini!
Continuiamo tutti a chiacchierare di global warming, di annate da rivalutare, dell’incertezza della viticoltura del futuro fra patologie e clima eppure non ci rendiamo conto che alla luce di questi cambiamenti, reali e concreti, anche le nostre convinzioni ed i “mostri sacri” di molte denominazioni, tra le quali spiccano di certo Barolo e Brunello, andrebbero rivalutati.
Continuiamo tutti a chiacchierare di global warming, di annate da rivalutare, dell’incertezza della viticoltura del futuro fra patologie e clima eppure non ci rendiamo conto che alla luce di questi cambiamenti, reali e concreti, anche le nostre convinzioni ed i “mostri sacri” di molte denominazioni, tra le quali spiccano di certo Barolo e Brunello, andrebbero rivalutati.
Parliamo dell’epoca della freschezza e della mineralità, di una rivoluzione positiva dei palati, che sono stanchi dei Vini parkeriani, eppure abbiamo il timore reverenziale di ammettere che esistano ancora quei vini e che là dove non esistano, si siano lasciate correre troppe cadute di stile da parte dei grandi. Siamo in un’era enoica nella quale bisognerebbe aver il coraggio di capire che freschezza e mineralità sono da un lato concetti abusati e spesso strumentalizzati, ma dall’altro il pilastro dei grandi vini del presente e del futuro. Le tradizioni sono il passato del presente, ma il presente sarà il passato del futuro e questa Barolo Girl sta cambiando le regole ragazzi… e questo non significa che non esistono altri Barolo buoni quanto i suoi, magari, per molti di voi, ce ne saranno anche di gran lunga superiori, ma io, oggi, se dovessi scegliere un Barolo sceglierei il suoi Serradenari 2011 e 2012, entrambe espressioni integre, sincere e brillanti di un terroir in cui escursioni termiche, terreni calcarei, esposizione e, soprattutto, rispetto della vignaiola si traducono in un’identità che riconoscerei fra mille. Per alcuni e forse anche per lei, Giulia è una “garagista”, ma per me è semplicemente una vignaiola che ha saputo trasformare la fortuna di avere quelle vigne, lì e non altrove, in qualcosa di emozionante, a prescindere da ogni condizionamento. Credo che l’unica volta in cui io mi sia sbilanciato così fortemente fu quando, anni fa, parlai de Le Potazzine, una realtà che oggi tutti conosciamo, ma che non era stata compresa ed apprezzata sin da subito con l’odierno plebiscito, e la cosa mi fa riflettere, perché le similitudini in termini di altitudine, esposizioni, terreni e rispetto in vigna ed in cantina sono molte. Io ho definito più volte il Brunello de Le Potazzine, come quello di altre cantine dalle caratteristiche simili, il presente ed il futuro del Brunello, nel rispetto di una tradizione che fu snaturata e violentata da molti in favore di un mercato e mi chiedo se quello che questa giovane produttrice stia facendo a La Morra non sia qualcosa di molto simile a ciò che questi, oggi, riconosciuti grandi nomi del Brunello hanno fatto negli ultimi anni a Montalcino. Siamo forse di fronte al vero nuovo Barolo? Critici, puristi e nostalgici potranno vedermi come un eretico ora, ma ne riparleremo tra qualche decennio, tanto Giulia ha la gioventù dalla sua ed io, facendo i dovuti scongiuri, spero di poter bere ancora i suoi Vini di qui a qualche lustro.
Lo so, ho fatto paragoni imponenti, per molti risulteranno azzardati, ma non sono mai stato certo come ora nel dire che al di là del gusto personale, ciò che sta facendo Giulia meriti grandissima attenzione ed io non mancherò di riservargliela. In me, intanto, l’emozione di quegli assaggi persiste ancora.
Se i Barolo Boys hanno cambiato (in meglio o in peggio decidetelo voi) il mondo del vino in senso lato italiano in senso lato e quello della Langhe in senso stresso, portando un’innovazione per lo più tecnica, Giulia sta cambiando le regole del gioco, facendo capire quando, oggi, stiano cambiando le peculiarità di ogni zona e cru di Barolo e quanto, a volte, fare qualche passo indietro possa rappresentare il massimo della modernità. I suoi vini attingono alla vigna come pochi altri, attingono alla tradizione in modo assennato e contemporaneo, ma soprattutto sono bevibili oggi ed hanno un grande potenziale per esserlo anche domani. Ecco perché, per me, ironicamente la definirei Barolo Girl!
Se i Barolo Boys hanno cambiato (in meglio o in peggio decidetelo voi) il mondo del vino in senso lato italiano in senso lato e quello della Langhe in senso stresso, portando un’innovazione per lo più tecnica, Giulia sta cambiando le regole del gioco, facendo capire quando, oggi, stiano cambiando le peculiarità di ogni zona e cru di Barolo e quanto, a volte, fare qualche passo indietro possa rappresentare il massimo della modernità. I suoi vini attingono alla vigna come pochi altri, attingono alla tradizione in modo assennato e contemporaneo, ma soprattutto sono bevibili oggi ed hanno un grande potenziale per esserlo anche domani. Ecco perché, per me, ironicamente la definirei Barolo Girl!
Vi lascio con delle parole della stessa Giulia Negri, che credo dicano molto riguardo ciò che è lei e ciò che sono i suoi Vini:
“C’è chi si fa incantare dalle cantine da milioni di euro, firmate dall’architetto di grido.
Per me in cantina sono essenziali tre cose: la pulizia, la semplicità, la passione…
…Il mio garage è minuscolo. Per curare la vigna, fare i vini e girare il mondo per venderli, in tutto siamo in quattro. Gli avversari non mancano: la grandine, la gelata, la siccità. Peggio di loro ci sono solo certi Grandi Sacerdoti del vino, quelli che sanno tutto ma spesso capiscono poco. Un buon garagista sa di non sapere. Sa che l’arte del vino sta nel continuare a cercare. Cercare e cercare ancora, anche a costo di sbagliare, sino a quando farà il vino più buono del mondo.”
F.S.R.
#WineIsSharing
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