Negli ultimi mesi, girando per l’Italia ho avuto modo di parlare con molti vignaioli, di confrontarmi con decine e decine di produttori e, soprattutto, di vedere le loro vigne, le loro uve e, negli ultimi giorni, persino di assaggiare le masse dei vini che stanno producendo e che in etichetta recheranno l’annata 2017.
Nonostante le diverse opinioni, dovute principalmente alle diversità pedoclimatiche dell’uno piuttosto che dell’altro territorio e ancor più del singolo vigneto, c’è stato un filo conduttore che mi ha accompagnato lungo tutto il percorso di comprensione di questa “strana” annata: il fattore “C”.
Molti di voi penseranno subito alla classica boutade, ma non sarò così scontato, per quanto – sì! – per “C” intendo anche la classica botta di “culo”, che per non urtare la sensibilità di qualche puritano chiamerò c…uore da qui in avanti! 😋
A pensarci bene, però, il fattore “C” non è solo uno! Sono tre i termini aventi come iniziale la “C” che hanno identificato al meglio l’annata 2017: c…uore, coraggio e consapevolezza.
Tre parole, tre concetti, tre valori imprescindibili dal fare vino.
Le mie saranno considerazioni ironiche, ma non troppo, su ciò che ho visto e vissuto in questo “strano” 2017.
Ecco, quindi i tre fattori “C” della vigna, del vino e del vignaiolo.
Partiamo dall’ultima: la Consapevolezza.
Un valore che ho riscontrato più maturo ed evidente nei vignaioli con più esperienza e che ha condizionato in modo, spesso, positivo le scelte in vigna, nonostante l’annata complessa. Sia chiaro, non ci si poteva aspettare la gelata di aprile, ma anche in quel caso la consapevolezza ha contenuto molto i danni. Una saggezza che parte a monte, sin dall’impianto dei vigneti che se posti nelle zone più consone hanno evitato la prima “piaga” di questa 2017, ovvero il gelo. Lungi da me dire che ogni vigna colpita dalla gelata di aprile fosse fuori posto perché non è così, ma in alcune situazioni i vignaioli stessi hanno ammesso che a subire di più l’inatteso gelo primaverile (con le piante già molto avanti) siano state proprio le vigne di fondovalle. Emblematico il caso di un produttore toscano che aveva impiantato da poco qualche filare “extra” in fondo ad un vecchio vigneto e al mio arrivo mi mostra dove si è fermato il gelo. Secondo voi? Proprio all’altezza dell’ultimo filare del vigneto storico, come a voler segnare un confine netto tra dove si può e dove non si può impiantare in quel terreno.
Un’annata che sarà ricordata come una di quelle che “ti mettono alla prova” prima con la gelata di aprile, poi con la siccità – per fortuna non ovunque -, senza contare le problematiche di default legate al “fare vigna” e al “fare vino”.
Qui il mio “sfogo” subito dopo la gelata dello scorso aprile: www.wineblogroll.com/vignaioli
Non mi stancherò mai di ribadire quanto sia difficile il lavoro – perché di lavoro si tratta, anche se qualcuno a volte lo dimentica! – del vignaiolo per via dell’estrema incertezza con la quale, volente o nolente, i viticoltori devono convivere di annata in annata. Il clima sempre più in balia del global warming – se non ci credete, approfondite l’argomento -; le patologie della vite che non sempre si riescono a prevenire e/o combattere con un approccio sostenibile e rispettoso – come, per fortuna, ormai stanno cercando di fare quasi tutti i vignaioli; un’economia balorda che spinge ed obbliga molti vignaioli a diventare i primi venditori dei propri vini; gli animali, che mai come negli ultimi anni hanno decimato i raccolti, eludendo molti dei sistemi adottati dai produttori per tenerli lontani dalla vigna.
Un coraggio che è sostenuto e alimentato, nella maggior parte dei casi, da una grande passione e dall’amore per la propria terra in senso stretto e per la terra in senso lato.
Si parla tanto di viticoltura eroica pensando – giustamente – alle grandi pendenze ed all’impossibilità di meccanizzazione di vigneti impervi come quelli della Valtellina o delle Cinque Terre, ma ora come ora – specie se il clima continuerà a mutare in questa direzione – tutti i vignaioli sono da considerare “eroici” a loro modo, per il solo fatto che per una grandinata o a causa dei cinghiali (e altri animali) rischiano di perdere gran parte del lavoro fatto fino a quel momento, un lavoro che non potrà essere recuperato se non a distanza di un anno – sempre che l’annata successiva sia clemente.
Di vignaioli coraggiosi ne ho conosciuti molti ma sono i giovani a colpirmi di più, in questo caso! Quei giovani che hanno portato e stanno portando una nuova consapevolezza, con estremo rispetto della tradizione e del territorio ma anche con un approccio più lungimirante e concreto. Giovani capaci di prendersi qualche rischio, forse, proprio perché non hanno il peso dell’esperienza – un peso che a volte può fuorviare di fronte ad annate anomale mai vissute prima.
Non posso che ricordare il caso di un produttore di Montalcino che in un annata torrida e siccitosa come questa, camminando tra le sue vigne ad agosto inoltrato, guardando i grappoli già quasi maturi mi guarda e mi dice con fare sicuro: “Io, anche quest’anno, provo a raccogliere ad ottobre!”. E così è stato… quel produttore – e altri come lui – ha avuto quel “blend” di coraggio, consapevolezza e, ovviamente, un “pizzico di c…uore” che gli ha permesso di portare a casa un’uva straordinariamente sana e bella forte della reidratazione apportata da due piogge settembrine.
E’ celebre la diatriba fra chi sostiene Seneca che con la sua massima «La fortuna non esiste: esiste solo il momento in cui il talento incontra l’opportunità» vuole porre l’attenzione sulle capacità individuali e sull’intuito, e chi sostiene Diogene e il suo pensiero «Preferisco avere una goccia di fortuna che una botte di saggezza» che riabilita la fortuna a deus ex machina di gran parte degli accadimenti della nostra vita.
Come sempre credo che la verità stia nel mezzo e che nella vita come nel mestiere del vignaiolo ci voglia tanta tanta fortuna, ma che al contempo sia importante saper agevolare e assecondare il fato con il coraggio e con la consapevolezza, con il talento e la preparazione.
Ecco perché da un’annata come questa un vignaiolo può imparare tanto, prendendo coscienza dell’importanza di tutti questi fattori “C”, ma non smettendo mai di agire d’anticipo, con soluzioni rispettose e lungimiranti che contemplino lavorazioni in vigna capaci di favorire una maggior ritenzione idrica dei terreni (solo in casi estremi, in alcune zone e ponderandone al meglio l’utilizzo, si potrebbe pensare all’irrigazione), l’utilizzo di prodotti naturali per agire sulla conduttanza stomatica delle foglie della vite (in base alla tipologia di vitigno coltivato), una scelta più accurata dei portainnesti e più in generale tutto ciò che potrebbe evitare uno stress così imponente alle piante che mai come in quest’annata (in molte regioni) hanno implorato pietà rischiando la morte per stress idrico e dimostrando quanto la tesi “la vite deve soffrire per dare un’uva migliore” sia da rivalutare o quanto meno da prendere con le molle. Se – specie in alcuni terreni – un moderato stress idrico può garantire contenimento di un’eccessiva vigoria e conferire all’uva un maggior apporto di fenoli, antociani e composti antiossidanti, nonché un impatto positivo sul colore e sul profilo aromatico del vino che si andrà a produrre, non dimentichiamoci che la vite esige equilibrio! Anche i migliori atleti sostengono di dare il meglio di sé stessi sotto stress, ma si tratta di uno stress gestibile e dovuto a fattori positivi come un pre-gara importante, ma non riuscirebbero mai a offrire una performance all’altezza dei propri standard senza una corretta alimentazione e idratazione. Lo stesso vale per la vite che pur tollerando più di molte altre piante e di molti esseri viventi la carenza di acqua e le difficili condizioni pedoclimatiche non può sopportare la combo devastante fra siccità ed incuria, fra mancanza d’acqua e azioni poco consapevoli “a protocollo” di incauto produttori. Veder morire piante di “caldo e di sete” come ho visto quest’anno fa riflettere, ma trovare piante spoglie ad agosto dovrebbe far riflettere in egual modo.
Sapete una cosa?!? A forza di scrivere “c…uore” mi sono reso conto di aver utilizzato con ironia quello che, a tutti gli effetti, è il quarto fattore “C”, perché senza consapevolezza, coraggio, un po’ di fortuna e tanto tanto cuore in questo lavoro, come nella vita, si fa davvero fatica ad andare avanti!
Anche se con qualche giorno di anticipo colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che si fanno il mazzo per dare a me e a tutti gli enoappassionati qualcosa da assaggiare, qualcosa di cui parlare, disquisire, sulla quale imbastire confronti e intorno alla quale vivere una convivialità spesso sin troppo deviata dalla modernità che solo il vino e la tavola in generale sono in grado di riportare indietro nel tempo. Io non sono un critico, ma chi mi conosce sa quanto sia selettivo nello scegliere chi andare a trovare, quali vini assaggiare e, soprattutto, di quali scrivere in questo wineblog ma mi sembra il minimo ringraziare chi lavora per dare a me e a tutti coloro che amano scrivere di vino la fonte primaria di ispirazione, di spunti e il soggetto di ogni nostra condivisione enoica.
Che questa 2017 possa essere ricordata come un’annata dai grandi insegnamenti e che possa, come spesso accade in questo meraviglioso mondo, stupirci in bottiglia!
E che consapevolezza, coraggio, cuore e… culo ci/vi assistano!😜
F.S.R.
#WineIsSharing
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