Alberto Burzi – Un giovane Barolista a La Morra fra vecchie viti e rispettosa lungimiranza

Negli ultimi 10 anni ho cercato in lungo e in largo vigneti peculiari da visitare, vini da assaggiare, realtà e persone da raccontare e molte volte la mia ricerca si è orientata su giovani vignaioli, su cantine che non avessero ancora avuto modo di condividere a pieno il proprio operato e la propria visione enoica con un pubblico più ampio.

Anche il ruolino di marcia del mio ultimo viaggio in Piemonte è stato dettato da questi termini di ricerca tanto da avermi portato come prima tappa alla scoperta di un giovanissimo vignaiolo, che ha intrapreso la sua avventura di viticoltore e produttore solo nel 2012.

Alberto Burzi, giovane talento della Langa barolista. Il suo Capalot Vecchie Viti è tra i più luminosi esempi di Barolo degli ultimi anni.

Parlo di Alberto Burzi, classe ’86, vignaiolo dell’omonima cantina a La Morra, sicuramente uno dei comuni di riferimento del Barolo.

Di Alberto colpisce sin da subito la voglia di raccontare il proprio territorio attraverso la storia della sua famiglia e grazie alle dinamiche che lo hanno portato alla scelta di avviare una cantina praticamente da solo.

Camminando fra i vigneti che e alleva e conduce in prima persona è facile rendersi conto che l’obiettivo di Alberto non è mai stato quello di seguire pedissequamente le “regole non scritte” della viticoltura langhetta, bensì di prendere il meglio della tradizione e di declinarlo in maniera contemporanea, al fine di ottenere risultati frutto di una maggiore e rinnovata consapevolezza tecnica in cui qualità e rispetto vadano a braccetto.

La scelta di impiantare l’allora nuovo vigneto di Barbera con una densità piuttosto alta per la zona (7/8 mila ceppi per ettaro) e di potarla a 5 gemme, cercando di mantenere una produzione bassa ma al contempo di bilanciare l’equilibrio della pianta in ogni annata (sicuramente annate come la 2014 e la 2017 hanno avuto modo di insegnare molto a questo esponente della nouvelle vague barolista).

vigneto barolo la morra burzi

Eppure, si sente forte l’attaccamento a questa terra e, soprattutto, ai vecchi vigneti dai quali vengono prodotte le due referenze di Barolo, che Alberto Burzi ha ereditato dai nonni e che lo stesso giovane vignaiolo preserva attraverso una conduzione rispettosa e non invasiva, traendone il meglio di annata in annata.

In cantina il piglio è lo stesso, ovvero quello di chi sa cosa vuole ottenere ma sa anche che non si possono bruciare le tappe e che i grandi risultati vengono raggiunti solo step by step, con pazienza e continua dedizione, specie se a essere ricercata è l’identità espressiva e non il diktat commerciale o modaiolo del momento.

Per questo la Barbera viene vinificata in solo acciaio, il Langhe Nebbiolo in tonneau con tostatura leggera non nuovi e i Barolo in botte grande di Rovere di Slavonia.

cantina alberto burzi la morra

Anche nella vinificazione dei Baroli Alberto ha scelto di attingere alla saggezza dei nonni e, quindi, alla tradizionale macerazione (più o meno lunga in base all’annata) steccatura a cappello sommerso al fine di raggiungere il massimo equilibrio fra struttura e texture tannica, facendo la massima attenzione all’estrazione in base alla qualità delle bucce e dei vinaccioli.

Passando da circa 5,5ha a 7ha e dalla produzione di un solo vino (la Barbera) a 4 etichette in pochi anni l’impresa si è fatta sempre più impegnativa ma per questo giovani vignaiolo la soddisfazione sembra andare di pari passo con il lavoro e il sorriso sembra essere direttamente proporzionale all’impegno.

Per quanto riguarda i vini che ho avuto modo di assaggiare condivido con voi le mie impressioni:

vino alberto burzi

Alberto Burzi Barbera d’Alba Plaustra 2016: una Barbera di grande espressività, forte di un’annata in cui le, seppur giovani, viti hanno saputo infondere nei pochi grappoli per pianta voluti da Alberto l’identità varietale di un frutto intenso abbracciato da note terrose e speziate. Il sorso vanta una buona struttura, attraversata dalla tipica vena acida del vitigno che ha il duplice pregio di renderla agilissima alla beva oggi e di donarle un notevole potenziale evolutivo in vita di ciò che sarà domani.

Vini tipico ma che sa mostrare già una personalità spiccata che coincide con la volontà del giovane vignaiolo di portare nel calice vini con un palese equilibrio fra struttura e acidità, fra complessità e beva, senza mai cadere nell’oblio della scontatezza e dell’omologazione.

Alberto Burzi Nebbiolo Roncaja 2016: anche in questo caso l’annata aiuta molto nel rendere questo Nebbiolo completo e brillante, identitario nel varietale e nella territorialità ma soprattutto dalla beva disarmante.
Una beva introdotta da un naso dal frutto acceso, luminoso che accompagna a un soro fresco, vibrante e un’incidenza del legno percepibile solo nel lavoro di levigatura fatto sul tannino, per nulla scontroso e già fitto e potenzialmente elegante. Uno di quei vini che stappati fra 5 anni alla cieca potrebbero scomodare paragoni importanti.

Alberto Burzi Barolo 2014: 
dal blend delle migliori uve raccolte nei vigneti di Roncaglia, Rive, Rocchettevino e, in questa annata, anche del Capalot (dato che il cru non è stato prodotto nel 2014) questo Barolo affinato in grandi botti di rovere di Slavonia stupisce a primo naso per il connubio tra un’intensità rara in questa annata e la finezza più riconducibile al 2014 rincarando la dose al sorso con una potenza impattante che dice molto sulla cernita delle uve fatta da Alberto e sull’incidenza del frutto delle viti più vecchie nell’economia dell’intera massa portata in bottiglia.

Un vino eccezionale per l’annata ma ottimo a prescindere dai termini di paragone, per il suo equilibrio, la sua potenza espressiva e la sua beva slanciata ma per nulla esile.


Alberto Burzi Barolo Capalot Vecchie Viti 2013: il Barolo della tradizione con l’aiuto in termini di identità e di espressività delle radici ormai profonde di queste viti “vecchie” fino ad 85 anni eppure ancora piene di vigore.

Una lunga macerazione con steccatura permette un’estrazione importante ma lenta e ponderata che conferisce al vino integrità di frutto, complessità e note speziate e balsamiche a rendere intrigante e fresco un naso davvero elegante.

Il sorso è di grande ampiezza in entrata per poi spingere con slancio e buona dinamica grazie al suo nerbo acido ben integrato. E’ un gran bel punto di partenza per chi ha dalla sua piante dalle radici profonde e una altrettanto profonda voglia di coniugare al meglio tradizione e contemporaneità dando vita a vini dalla spiccata identità territoriale in grado di essere dei velocisti oggi e dei maratoneti in prospettiva.

Alberto Burzi ha le idee chiare, ma non ha alcune intenzione di correre troppo perché ha imparato dai propri nonni e dal Barolo stesso che il tempo può e sa esserti alleato se e solo se sei in grado di comprenderne il ritmo e di non volerne affrettare l’incedere. Eppure, i suoi vini sono già intrisi di una personalità molto definita, che nei prossimi anni, sono certo, andrà definendosi ancor più dettagliatamente.

Questa è una piccola realtà che in prospettiva può diventare un riferimento per chi è alla ricerca di vini frutto di un approccio rispettoso del territorio e della tradizione ma in grado di trasformare il lavoro in vigna e in cantina in calici contemporanei nell’armonia e nella beva, senza scadere nell’anacronismo di alcune visioni sin troppo retrograde da un lato e poco sagge dall’altro.

F.S.R.

#WineIsSharing

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