conferitori di Tramin, vignaioli veri che coltivano appezzamenti
piccolissimi per lo più inferiori all’ettaro, dai quali riescono a
trarre le migliori uve che difficilmente potrebbero rispettare in
termini di vinificazione quanto possono, invece, fare avvalendosi
della qualità delle dotazioni e dello staff enologico di Tramin. La
combinazione perfetta per fare qualità su una superficie diffusa su
più di 250ha vitati.
Pensate a tanti piccolissimi produttori che
difficilmente avrebbero la possibilità di avere la consulenza di un
Kellermeister come Willi Stürz e la disponibilità di una cantina
efficiente come quella inaugurata nel 2010 a Termeno, sulla base
della storica sede della cooperativa.
Questi piccoli grandi
vignaioli, oggi, si riconoscono nella realtà di Tramin cooperando
con il fine comune del rispetto e della qualità sapendo che, oltre
alla remunerazione economica potranno sempre contare su
gratificazioni come quella di vedere il proprio vigneto diventare un
vero e proprio cru che darà vita ad un singolo vino. E’ proprio
questo che è accaduto con il nuovo vino presentato nei giorni scorsi
da Tramin a 2500m di quota.
Parlo dello Chardonnay Troy 2015,
proveniente da una accurata e maniacale selezione dei grappoli e
degli acini dei vigneti situati in località Sella, sul versante
orientale del massiccio della Mendola ad un’altitudine che va dai 500
e 550 mlsm, ancora più in alto rispetto a quelli di Gewürztraminer
con cui si produce l’Epokale, vino che tanto ha fatto parlare di
Tramin per i clamorosi risultati ottenuti dalla critica
internazionale nell’ultimo anno.
allevati in parte a Pergola semplice aperta e in parte a Guyot e di
25 anni, ma ciò che mi ha colpito di più visitando questi vigneti è
la loro pendenza, che in alcune parcelle arriva sino al 30%. Un
terroir, questo, che non veniva considerato adatto alla produzione di
grandi Chardonnay, per via della poca struttura conferita ai vini
prodotti a queste altitudini, ma l’esposizione a sud-est in realtà
garantisce giornate calde e soleggiate che agevolano proprio la struttura,
mentre le forti escursioni termiche notturne e la presenza di
correnti fredde provenienti dalle montagne lavorano al fine di
preservare la freschezza e di aumentare l’espressività dello spettro
olfattivo. Il tutto è coadiuvato da terreni ricchi di ghiaia
calcarea mista ad argilla, perfetti per avere il giusto equilibrio
fra struttura e finezza, fra forza e slancio.
effetti che mi ha spinto fino a 2500m per poter assaggiarlo in
anteprima alla cieca in una degustazione comparativa con alcuni dei
vini più rappresentativi degli areali più vocati alla coltivazione
di questo varietale in Italia e nel mondo (Friuli, Piemonte, Umbria
Borgogna, Austria, Germania, California).
di degustazione riguardanti gli altri vini, ma posso dirvi con assoluta
sincerità che il Troy di Tramin ha avuto l’ardire di ben figurare in
un contesto in cui i vini scelti (che trovate qui nella foto qui di
seguito) potevano tranquillamente “dargli la paga”!
Troy è stata la sua grande identità che ha permesso a molti dei
presenti di non avere dubbi riguardo la sua provenienza espressa da
un’eleganza del frutto e del fiore tipica dei bianchi dell’Alto
Adige, resa complessa e per nulla banale da folate balsamiche e lievi
speziature che hanno fatto da perfette prefazioni ad un sorso
dall’attacco avvolgente pronto a distendersi con grande slancio e
disinvoltura, in una dinamica fresca e profondamente sapida.
quella rappresentata dalla grande integrazione del legno, che mi
preoccupava molto sapendo dell’affinamento per quasi un anno in
barrique di cui circa la metà nuove. E’ grazie al dosaggio
magistrale dell’affinamento (proseguito poi per 22 mesi sulle fecce
fini in acciaio e successivamente in bottiglia) che il varietale ha
potuto palesare la sua grande identità territoriale attraverso
peculiarità che solo in questo areale e ancor più in questi vigneti
sa acquisire.
Ho avuto modo di parlare con Willi in diverse occasioni della sua di vino e ho apprezzato quanto la sua ricerca dell’eleganza e della finezza non parta da mere concezioni enologiche, bensì dalla consapevolezza più profonda di ciò che le vigne dell’Alto Adige possono esprimere. Una consapevolezza che passa attraverso la sua passione per la viticoltura, portata avanti insieme a suo fratello negli appena 8000 metri di vigna condotti secondo i principi della biodinamica e dai quali produce non più di qualche bottiglia per il consumo familiare e per gli amici. Se c’è un comun denominatore fra gli enologi con i quali ho avuto più empatia e dei quali ho sentito più nelle mie corde l’operato è, senza ombra di dubbio, la loro voglia di partire della vigna, imparando ad interpretarne al meglio il prodotto cercando di comprendere, giorno dopo giorno, annata dopo annata, cosa non fare ancor prima di ciò che possono fare. Il Kellermeister di Tramin questo lo sa e, credo fermamente, che per un vignaiolo conferitore sapere di poter affidare il frutto del proprio lavoro in vigna ad un enologo-viticoltore così rispettoso possa rappresentare un motivo di orgoglio e di grande serenità.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.