C’è una regione in Italia che che vanta solo DOC e DOCG ed è completamente priva di IGT: il Piemonte. Una ricchezza unica nel suo genere di denominazioni dalla spiccata identità territoriale seppur contingenti e, spesso, affini in termini di vitigni. Eppure quando parliamo di vino piemontese la mente del neofita e quella del più erudito appassionato si comportano quasi allo stesso modo, focalizzandosi su pochi noti territori, lasciando, sin troppo spesso, in disparte alcuni dei micro-areali più interessanti dell’intero panorama vitivinicolo italiano.
E’ questo il caso di quel meraviglioso macro insieme di unicità a base Nebbiolo denominato “Alto Piemonte” che il correttore del mio smartphone, in un divertente ed esaustivo gioco di parole, si ostina a voler chiamare l'”Altro Piemonte” e, forse, non ha tutti i torti!
Sì, perché l’Alto Piemonte conta al suo interno tante quante sono le denominazioni presenti in Langa. Denominazioni che, a mio parere, meritano ancor più attenzione di quella che stanno riguadagnando negli ultimi anni. Parlo, ovviamente, di: Gattinara (Docg), Ghemme (Docg), Lessona (Doc), Bramaterra (Doc), Boca (Doc), Sizzano (Doc), Fara (Doc), Valli Ossolane (Doc) e le recenti Doc di “ricaduta” Coste della Sesia e Colline Novaresi.
Sì, perché l’Alto Piemonte conta al suo interno tante quante sono le denominazioni presenti in Langa. Denominazioni che, a mio parere, meritano ancor più attenzione di quella che stanno riguadagnando negli ultimi anni. Parlo, ovviamente, di: Gattinara (Docg), Ghemme (Docg), Lessona (Doc), Bramaterra (Doc), Boca (Doc), Sizzano (Doc), Fara (Doc), Valli Ossolane (Doc) e le recenti Doc di “ricaduta” Coste della Sesia e Colline Novaresi.
Più ad ovest ci sarebbero Canavese Doc e Carema Doc che, però, sono fuori dal consorzio costituitosi a tutela del Nebbioli dell’Alto Piemonte avendo un loro consorzio di riferimento (Il Consorzio di tutela e Valorizzazione Vini DOCG Caluso, Carema e Canavese DOC) quindi non vengono inclusi, per convenzione, nell’Alto Piemonte, ma a mio parere è opportuno quanto meno menzionarli.
Un territorio, quello dell’Alto Piemonte, che vanta natali “esplosivi” data la sua origine vulcanica data oltre 280 milioni di anni fa, nell’epoca in cui il supervulcano ivi presente esplode con una potenza tale da modificare per molti anni il clima del pianeta.
La sua enorme caldera coincide oggi con le valli dei fiumi Sesia e Sessera, tra le province di Novara, Vercelli e Biella proprio in Alto Piemonte. Un ulteriore accadimento fondamentale per definire le dinamiche geologiche e orografiche del territorio è quello relativo allo scontro, ca. 50 milioni di anni fa, fra la Placca Africana e quella Europea che da origine alle Alpi e porta in superficie l’intera struttura sommersa dell’antico supervulcano, portandolo ad assumere un profilo orizzontale.
Due importanti geologi datano l’origine delle colline moreniche che costeggiano il corso del Sesia a 2 milioni di anni fa, grazie al deposito lasciato dai ghiacci e il dilavamento alluvionale del Monte Rosa.
Come accaduto a molti areali vitivinicoli italiani storicamente vocati e, quindi, molto vitati anche l’Alto Piemonte ha vissuto, purtroppo, gli esiti nefasti della fillossera prima e dell’esodo dalle campagne poi. E’ così che dai 40.000 ettari vitati di fine ‘800 siamo passati a 600 ettari del dopoguerra, in un’area che da sola allevava più dell’intero patrimonio viticolo attuale del Piemonte.
Oggi la superficie totale a vigneto dell’Alto Piemonte (compresi i 6ha e poco più di Carema) non arriva a 400ha.
Oggi l’Alto Piemonte sta vivendo una sorta di Rinascimento sostenuto da storiche realtà dalla rinnovata lungimiranza e soprattutto da giovani vignaioli/e che hanno compreso l’impressionante potenziale di questi territori nella produzione di grandi vini e in particolare di eccellenti Nebbiolo. Vini che guardano all’integrità della tradizione risultando assolutamente contemporanei grazie alla capacità di raggiungere complessità e finezza e di mantenere un grande equilibrio fra struttura e slancio. Una beva tanto agile quanto mai scontata, grazie alla naturale vocazione di questi territori all’eleganza luminosa e fresca della montagna e alla mineralità vulcanica e marina delle diverse matrici di questi terreni.
Una conduzione agronomica più savia e una maggior consapevolezza enologica, unitamente ai cambiamenti climatici (qui con esiti mediamente positivi) stanno dando origine ad una serie di produzioni di grande qualità e contemporaneità, capaci di destare l’interesse di appassionati e media italiani e non solo.
Quello che poteva sembrare un difetto oggi è un valore aggiunto nei confronti delle stesse Langhe, ovvero la sporadicità dei vigneti, contestualizzati in un paesaggio agricolo in cui il bosco è tornato ad essere una presenza dominante e non vige la monocoltura. Una biodiversità che fa il pari con la ricchezza di varietà di interpretazioni agronomiche che regalano suggestioni uniche come le forme di allevamento a Topìa (con i celebri Pilùn) e la Maggiorina di Boca, in molti casi disposti sugli “antichi” terrazzamenti. Un paesaggio agricolo in cui l’antropizzazione ha vissuto fasi contrastanti ma che, oggi, vanta potenzialità indiscusse, nonostante le difficoltà di una viticoltura, spesso, ai limiti dell’eroico.
Altra peculiarità dell’Alto Piemonte da rimarcare è sicuramente quella relativa al pedoclima che vede gran parte dei suoi vigneti godere della protezione delle Alpi e delle correnti fresche montane che portano sollievo estivo alle viti e le mantengono sane. Quello che potrebbe rappresentare un problema è la piovosità, sicuramente molto più alta che nel basso Piemonte, ma i terreni molto drenanti aiutano a
mantenere in equilibrio le piante di varietali per lo più autoctoni, tra i quali spiccano cloni e biotipi di Nebbiolo qui chiamati Spanna, Picotendro e Prunent.
mantenere in equilibrio le piante di varietali per lo più autoctoni, tra i quali spiccano cloni e biotipi di Nebbiolo qui chiamati Spanna, Picotendro e Prunent.
Nebbioli che in queste particolari condizioni pedoclimatiche vedono il loro ciclo vegetativo, già molto lungo, dilatarsi ulteriormente posticipando la vendemmia anche di 2 o 3 settimane prendendo come termine di paragone ciò che avviene nelle Langhe.
L’aver adagiato i vigneti con esposizioni (sud) ponderate capaci di godere di un lungo irradiamento e le forti escursioni termiche giorno-notte, oltre alla possibilità che le viti hanno di affondare le proprie radici in terreni sciolti, ricchi di scheletro, molto poveri di sostanza organica ma ricchi di minerali fondamentali e con acidità molto alta, sono tutti fattori determinanti per la qualità delle uve atte alla produzione dei vini dell’Alto Piemonte e in particolare dei Nebbioli.
Questo arcipelago di micro-denominazioni nel mare magnum del panorama vitivinicolo italiano, però, non può essere compreso se non recandosi sul posto, saggiando la moltitudine di composizioni dei terreni che potranno essere: vulcanici, disfacimenti granitici, morene di antichi ghiacciai, sabbiosi, ricchi di porfido, più o meno argillosi e limosi, carichi di calcare e ciottoli con quote di minerali e di scheletro. Più nello specifico potremmo dividere il territorio in 4 aree con Ghemme, Sizzano e Fara che vedono le loro viti affondare le proprie radici in terreni prevalentemente di origine morenica, con ciottoli affioranti e grande substrato minerale simili a quelli di Carema; Boca con terreni molto acidi, vulcanici, con una matrice di porfido importante e molto ricchi di scheletro; Gattinara troverete un terreno più fine, povero di sostanza organica e ricco di roccia; Bramaterra e Lessona con zone simili a quelle di Gattinara di matrice vulcanica e altre con più alta percentuale di argillosa e sabbia, in alcuni casi molto ricchi di calcare e di fossili marini, oltre al ricorrente porfido; nella Valdossola troveremo per lo più terreni formatisi da antichi depositi alluvionali divisi in zone più con alta componente argillosa e zone più ricche di scheletro, sabbia e limo. Insomma, anche in termini di suoli e sottosuoli l’Alto
Piemonte offre uno spettro ampio e variegato di opportunità.
Piemonte offre uno spettro ampio e variegato di opportunità.
Ribadendo che per conoscere territori come questi è fondamentale recarsi sul posto per vedere vivere vigneti e cantine confrontandosi con i singoli vignaioli per poi assaggiare i loro vini e comprenderne a pieno l’entità, l’essenza, la complessità, sono certo che la vostra curiosità potrà essere stimolata da vettori liquidi rappresentati dai vini delle seguenti realtà che vi consiglio di assaggiare (tra quelle che mi hanno colpito di più negli ultimi anni):
Gattinara: Cantina Delsignore, Antoniolo, Vegis Stefano, Azienda Franchino.
Ghemme: Rovellotti, Mirù, Ca’Nova, Pietraforata, Il Chiosso.
Boca: Davide Carlone, Poderi Garona, Poderi ai Valloni, Tenute Guardasole, Cascina Montalbano, Le Piane.
Lessona & Bramaterra: La Prevostura, Noah, Pietro Cassina, Colombera & Garella, Antoniotti Odilio, Tenute Sella, La Tur.
Fara: Gilberto Boniperti, Francesca Castaldi, Vigneti Valle Roncati.
Sizzano: Casa Vinicola Paride, Antoniotti Odilio, Cantina Comero.
Valli Ossolane: Edoardo Patrone.
Molte di queste realtà producono anche vini che ricadono nelle denominazioni Coste della Sesia e Colline Novaresi.
Per quanto concerne Carema vorrei suggerirvi Ferrando, la realtà più rappresentativa, e SorPasso una giovanissima cantina che farà molto parlare di sé nei prossimi anni.
In conclusione, per quanto possa essere difficile in termini di comunicazione e di massa critica creare un’attenzione costante e profonda su un territorio così frastagliato e ricco di diversità pedoclimatiche e varietali (basti pensare ai vari cloni di Nebbiolo e alla presenza in uvaggio e/o in blend di altre uve tra le quali spiccano le autoctone Vespolina, Uva Rara e Croatina), quando mi chiedono quali siano i territori da ri-scoprire in Italia l’Alto Piemonte è una risposta costante. Questo grazie alla grande armonia che vige fra natura e uomo, fra vigna e vignaioli capace di dar vita a vini di grande qualità e che hanno la loro arma vincente nella contemporaneità di un gusto e di un’eleganza senza tempo. Vini in grado di stupire con la loro austerità ma anche di emozionare per la loro fine complessità espressiva, vini in grado di mostrare sicurezza e nerbo sottendendo un’agilità di beva dinamica e vibrante. Anime diverse unite dal comun denominatore della longevità e del avuto modo di assaggiare negli ultimi anni, comprese vecchissime annate di Spanna che da sole raccontano la storia di terre vocate dalla notte dei tempi.
Ovunque voi siate, vale la pena partire per visitare l’Alto Piemonte, i suoi suggestivi vigneti e le sue virtuose cantine.
F.S.R.
#WineIsSharing