Grifalco – L’Aglianico del Vulture secondo i giovani Lorenzo e Andrea Piccin

Qualche settimana sono tornato in una terra dalla grande vocazione, che negli ultimi anni sta vivendo un principio di riscossa più che meritata. Parlo del Vulture, areale che ricade nella parte nord della Regione Basilicata, in Provincia di Potenza e comprende un territorio di alta e media collina, situato sulle pendici del vulcano spento denominato Monte Vulture che annovera vette che superano abbondantemente i 1300mslm, per poi degradare progressivamente verso ovest lungo il fiume Ofanto e verso Est verso la piana della Puglia. Un territorio che gode della ricchezza dei terreni vulcanici e della varietà di quote altimetriche originate dall’attività orogenetica del vulcano. Sono proprio i rilievi tra i 200 e gli oltre 700 mslm ad ospitare la viticoltura del Vulture in cui regna indiscusso l’autoctono Aglianico.
cantina grifalco vulture
Un potenziale per molti anni sopito in cui, però, molti hanno sempre creduto, proprio come la famiglia Piccin, che dalla toscanissima Montepulciano ha deciso di trasferire la propria esperienza vitivinicola e tutta la loro fiducia enoica in Basilicata e più precisamente a Venosa, dove hanno fondato la Cantina Grifalco della Lucania.
grifalco della lucania
La Cantina Grifalco nasce nel 2004 dal volere di Cecilia e Fabrizio, che hanno visto proprio nel Vulture il territorio ideale in cui creare, insieme ai propri figli Lorenzo e Andrea, una realtà nuova e di grande prospettiva.

Oggi l’azienda è gestita in autonomia proprio dai due giovani fratelli con Lorenzo completamente dedicato alla gestione agronomica ed enologica e Andrea alla parte commerciale. 
piccin grifalco vini
Sono proprio Lorenzo e Andrea ad accogliermi in azienda, mostrandomi con grande fierezza le novità apportate in cantina e le nuove dotazioni acquisite per una sempre più oculata gestione della raccolta. Attenzioni volte totalmente alla qualità e al rispetto, valori che hanno permesso alla Grifalco di passare dall’essere una realtà inizialmente avulsa dal territorio (come spesso accade, chi investe in un territorio da “alloctono”, deve scontare un periodo di incubazione permeato da un’ingiustificata diffidenza) a un riferimento in Italia e nel mondo quanto si parla di Aglianico del Vulture.
grappolo aglianico
La volontà di far tornare in auge un vino dal passato complesso come l’Aglianico passa tutta attraverso le scelte della famiglia che sin dal principio ha deciso di coltivare solo ed esclusivamente Aglianico del Vulture nelle varie piccole parcelle di vigna sparse in diverse zone dell’areale, con un’età che spazia tra i 20 e gli 80 anni, su terreni completamente diversi l’uno dall’altro e differenti espressioni.

L’idea è sempre stata quella di mostrare attraverso un’interpretazione saggia e oculata e un lavoro in sottrazione le varie sfaccettature dell’Aglianico attraverso l’identità che il varietale può esprimere nei diversi “cru” aziendali.
vendemmia aglianico vulture
Un concetto, quello di “cru”, che non era ancora stato preso in considerazione in maniera così convinta ma che ha permesso a Grifalco di distinguersi e di comunicare un Aglianico pronto a confrontarsi con i più grandi areali italiani per vocazione.

Ecco così nascere i vini da singola vigna come il Damaschito dalla vigna di San Martino e, successivamente, il Daginestra.
Un approccio, quello della famiglia Piccin, che sta portando, insieme al lavoro di squadra messo a punto con il gruppo Generazione Vulture formato dalle “nuove leve” della denominazione, l’Aglianco del Vulture a divenire il riferimento dei vini del Sud Italia.
vulture vigneti grifalco
Un vino che ha dovuto pagare per anni lo scotto di esser percepito come frutto di un vitigno di nicchia e di cui la gente era timorosa, per via di interpretazioni passate votate all’eccesso di struttura alcolica e dai tannini sgraziati che ne ostacolavano le beva.

Ho sempre sostenuto che l’Aglianico fosse uno dei più grandi vitigni italiani e, come ho avuto modo di raccontare a Lorenzo e Andrea durante la mia visita, è assurdo che la sua rivalsa stia arrivando solo ora, quando in luoghi culto del vino globale come la Borgogna c’è chi ha sempre visto in questo varietale grandi potenzialità anche in termini di eleganza. Sì, perché fu proprio un vignaiolo di Borgogna a tracciarmi una linea ideale dell’eleganza, confermatami poi da un grande enologo italiano che in Borgogna ha lavorato, che vedeva nel Pinot Noir, il Nebbiolo, il Sangiovese delle zone classiche, l’Aglianico e il Nerello Capuccio i vitigni più difficili da gestire per ottenere la finezza auspicata ma anche quelli capaci dei più grandi exploit in termini di classe e longevità.

All’epoca presi quelle parole col beneficio del dubbio, ma oggi mi sento di confermare che questi vitigni sono, almeno per quanto mi riguarda, la materia di cui sono fatti gran parte dei miei assaggi più nitidi ed eleganti degli ultimi anni.

Questo anche grazie a realtà come Grifalco e come altre giovani e meno giovani aziende del Vulture che finalmente hanno iniziato ad interpretare l’Aglianico con il garbo e la sensibilità necessari per renderlo il grande vino che è sempre potuto essere e che oggi è!

A dimostrazione di ciò ci sono i vini che ho avuto modo di assaggiare della cantina Grifalco:
vini grifalco aglianico vulture
Gricos Aglianico del Vulture DOC 2015 – Grifalco: è ancora un giovincello questo Gricos ma è capace di mostrare un lato più fresco, affabile e a tratti già godibile di un vitigno che, sin troppo spesso, viene denigrato in giovane età. Questa interpretazione regala piacevolezza senza sottrarre nerbo, struttura e trama tannica, ma semplicemente armonizzando il tutto con accortezza ed equilibrio.

Grifalco Aglianico del Vulture DOC 2015 – Grifalco: la struttura del Grifalco è possente, ma ben bilanciata dallo slancio acido e minerale tipico di questo vitigno e di questi terreni. Il legno è in via di integrazione ed è proprio in questa fase di autodeterminazione che l’Aglianico racconta di più della sua raccolta, della maturità e dell’equilibrio, nonché dell’estrazione in macerazione. Si racconta senza creare alibi né tanto meno mettendo le mani avanti, bensì lo fa per esporre la propria essenza che non muterà, mentre a mutare sarà la nostra percezione della sua sostanza.

Damaschito Aglianico del Vulture DOC 2013 – Grifalco: il vino che di più sento nelle mie corde sin dal primo incontro con questa realtà. Il varietale purissimo nel pieno del suo cammino evolutivo, ti traina verso il Vulture, verso ciò che questa terra era e ciò che torna ad essere in ogni calice vulcanico. Potenza e acidità, carattere ed eleganza non sembrano mostrare alcun problema di convivenza. A quanto sento, più che la crisi del 7° anno, altri 2 anni di vetro è proprio ciò che serve per fortificare ancor di più questo sodalizio fra struttura e finezza.

Daginestra Aglianico del Vulture DOC 2012 – Grifalco: la complessità di questo cru e pari alla saggezza delle sue vigne, capaci di conferire al naso un’identità unica in cui fiore, frutto, spezia e ferro di fondono con grande armonia e nessuna esuberanza. Una testimonianza in bottiglia di quanto l’Aglianico possa anelare alla finezza sia aromatica che di sorso, grazie al grande slancio fresco e minerale e al tannino fitto e acuto come il pensiero di chi sa interpretare senza deviare la vocazione di una terra e del suo varietale principe.


Fabrizio e Cecilia hanno lasciato l’azienda in buonissime mani e nel mio percorso alla continua ricerca di giovani vignaioli e realtà agli inizi della loro storia enoica, Lorenzo e Andrea si sono dimostrati una costanza conferma in termini di coerenza ed equilibrio, crescendo gradualmente e non lesinando sforzi e migliorie per ottenere sempre di più dalle proprie uve.

generazione vulture cantine

Confido molto, inoltre, nell’integrazione che i due giovani hanno fortemente voluto con gli altri vignaioli locali di Generazione Vulture, in quanto molta dell’attuale rivalsa dell’Aglianico parte proprio da questa positiva e propositiva unione di intenti. Bravi!


F.S.R.
#WineIsSharing

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