Negli ultimi anni si parla tanto di vini verticali, di vini freschi e io stesso prediligo assaggiare e quindi raccontare vini dal piglio più dinamico, dalla beva più agile, ma il rischio è quello di denigrare vini di maggior struttura, dotati di più estratto, di certo non esili.
Alla luce di quello che sta diventando una sorta di preconcetto nei confronti di alcuni vini considerati “difficili da bere” ho avuto modo di selezionare alcune referenze per una masterclass molto interessante che ha messo in comparazione vini molto differenti fra loro, ma al contempo uniti dalla capacità di andare oltre gli ostacoli che qualcuno vuole necessariamente vedere nelle loro componenti.
La discriminante, ancor più che per i vini “esili”, meno concentrati e strutturati, è sempre l’acidità e la sua capacità di rendere un sorso meno noioso e flemmatico. Ecco perché i vini da me scelti avevano in comune un buon bilanciamento fra corpo e acidità nonostante in 3 casi su 5 il metodo di vinificazione prevedesse l’appassimento.
Ecco quindi che alla cieca i 5 vini serviti a qualche grado in meno della consueta temperatura di servizio, hanno fatto divertire me e gli astanti.
Ecco quindi che alla cieca i 5 vini serviti a qualche grado in meno della consueta temperatura di servizio, hanno fatto divertire me e gli astanti.
Raboso Del Piave Doc 2012 Casa Roma: “per bere una bottiglia di Raboso ci vogliono 3 persone: una che la beva e le altre due che lo sorreggano!” questo detto locale già la dice lunga sul pregiudizio legato al carattere forte e, a tratti aspro, di questo vino. Un varietale con un’acidità di base altissima, che solo negli ultimi anni ha visto un manipolo di virtuosi produttori saperla gestire, domare e integrare alla buona struttura e alla texture tannica che andava levigata per non risultare un ulteriore ostacolo alla beva. E’ proprio questo che l’azienda Casa Roma ha saputo fare, portando in bottiglia dopo il consono affinamento un vino contemporaneo dalla grande freschezza nonostante l’imponente struttura e l’importante tessitura tannica. Un vino che conserva la sua naturale vocazione all’invecchiamento ma che non teme di esser stappato e bevuto con buona dinamica anche a ridosso dall’uscita sul mercato.
Stilla Maris Aglianico Campania Igt 2012 Tenuta Scuotto: una selezione di Aglianico che poteva far pensare ad un vino ancora imbrigliato, con un tannino da maturare ma il garbo della Tenuta Scuotto in vinificazione e, ancora prima, la grande attenzione nella selezione delle uve destinate alle poco più di 1000 bottiglie di questo vino hanno portato nel calice un liquido già composto, armonico, elegante. Il Sorso è sferzante nel suo nerbo che non teme di trafiggere la struttura importante percorrendola come una spina dorsale disegnata con mano ferma e decisa. Un vino dalla matrice forte ma che non teme il secondo e il terzo calice, ripudiando ogni forma di noia.
Sforzato della Valtellina DOCG “Albareda” 2012 – Mamete Prevostini: il territorio qui fa la differenza, dando a questo vino volutamente concentrato e potente uno charme proprio solo della Valtellina. Il naso invita già a riflettere su quanto non necessariamente l’appassimento debba divenire un limite alla dinamica di un vino che, in questo caso, esprime nella sua speziatura intrigante e nelle tonalità balsamiche mentolate tutta la sua voglia di essere bevuto! Il sorso è pieno, intenso, dall’incedere sicuro e la sensazione di avvolgente calore è mitigata dalla trama nitida nel tannino che accompagna ad un finale di sorso saporitissimo e asciutto.
Amarone della Valpolicella Classico Docg 2012 Tommasi: una provocazione inserire una realtà così nota con un vino prodotto in tirature importanti, ma credo che a rendere una degustazione alla cieca ancor più interessante sia proprio il riscontro che si ha riguardo ad un assaggio mettendo da parte ogni pregiudizio ed evitando ogni condizionamento. Da sempre trovo l’Amarone di Tommasi un riferimento per la denominazione in termini di classicità e di equilibrio, in quanto mai eccessivo nella sovrastruttura alla quale, purtroppo, qualche produttore ha ceduto negli anni. Un Amarone che alle note di appassimento è capace di aggiungere finezza e toni sfumati di balsamicità vitale per dare vitalità al naso. In bocca viene fuori il garbo di chi sa attingere alle peculiarità di ogni singola uva presente nel blend (Corvina Veronese, Corvinone, Rondinella e Oseleta) mantenendo una buona acidità totale (siamo vicini ai 6 g/l) e bilanciando concentrazione e slancio grazie alla qualità della gestione dell’appassimento e al contenimento del residuo zuccherino. Un vino di grande eleganza che non va relegato alla “meditazione”.
Burson Etichetta Nera Ravenna Rosso Igp 2012 Tenuta Uccellina: l’outsider della degustazione, sconosciuto ai più, il Burson è un vino prodotto con la rara uva Longanesi riscoperta dall’Omonimo Antonio Longanesi negli anni ’50 maritata ad un albero vicino al suo capanno di caccia. Un uva ostica, che solo recentemente alcuni acuti e competenti vignaioli ed enologi hanno saputo domare e rendere più aggraziata e interessante al naso e al palato. Il riferimento, per me, da anni è questa realtà che ha trovato in una corretta gestione dell’appassimento e dell’affinamento in tonneau la quadra per portare in bottiglia e nel calice un vino garbato ma in grado di preservare la sua personalità forte, a tratti rustica ma al contempo fiera e armonica in ogni sua sfaccettatura. Il sorso entra ampio, intenso, per poi distendersi dritto, asciutto e tannico. Un tannino presente, forte, ma non eccessivo e ben definito.
Questa è solo la prima di una serie di degustazioni comparative atte a sfatare i pregiudizi e gli stereotipi riguardanti alcuni vini che negli ultimi anni vengono reiteratamente penalizzati dall’ondata di generalizzazioni riguardanti la verticalità e la freschezza. Come detto in principio io sono il primo fautore dei vini agili, freschi, asciutti ed eleganti ma è importante non confondere queste peculiarità con l’esilità e la carenza di struttura. Si può ritrovare eleganza, profondità e dinamica di sorso anche in vini più complessi e con una maggior tonicità muscolare e per questo non denigro o disdegno vini come quelli presi in considerazione in questa degustazione. L’equilibrio è alla base di tutto e mi piace vedere il gusto come un valore e un senso tanto obiettivo quanto elastico ed inclusivo, pronto ad essere stupito da contrasti ed espressioni inattese, pronto a lasciarsi emozionare da incontri che alcuni erronei preconcetti potrebbero farci evitare.
Il mio invito è sempre quello di assaggiare continuamente qualsiasi vino vi incuriosisca senza alcun limite dato da pregiudizi o condizionamenti esterni. Solo così avrete modo di costruire il vostro background enoico e di dialogare in maniera sincera e completa con il vostro palato.
F.S.R.
#WineIsSharing
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