Il Pinot Grigio Ramato e le sue sfumature – Una tradizione mai stata così contemporanea!

La mia ricerca è sempre stata orientata verso nicchie varietali, territoriali e “stilistiche” poco conosciute e/o, sin troppo spesso, poco comprese.
Dopo aver cercato di fare chiarezza riguardo ai vini bianchi macerati (cosìdetti “orange wine”) e aver dimostrato in più occasioni quanto in Italia si possa puntare su una produzione di vini rosati di qualità, non potevo esimermi dal dedicare un focus al vino capace di prendere il meglio di ambo i generi appena citati: il Pinot Grigio Ramato.
pinot grigio ramato
Partiamo col dire che il Pinot Grigio Ramato vanta una tradizione ben più radicata – sia in termini territoriali che temporali – dei rosati e degli orange wine in Italia, in quanto noto sin dai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia proprio col termine “Ramato”.
Una tradizione propria di un territorio circoscritto come quello del Triveneto con un vero e proprio cuore nel Friuli, nonostante ci siano buone espressioni di Pinot Grigio Ramato anche in Veneto e in Trentino Alto Adige.
Eppure, nonostante la storicità e l’identità varietale e territoriale del “PGR”, negli ultimi anni abbiamo assistito a una progressiva scomparsa di questa interpretazione più classica a favore della più “moderna e tecnologica” vinificazione in bianco, che ha reso famoso il Pinot Grigio italiano nel mondo.
Sì, perché pur avendo origini alsaziane (in loco si producono ancora vini “ramati”) la vera patria adottiva del Pinot Grigio è l’Italia che ne è divenuta la maggior produttrice con oltre il 40% della superficie vitata con questo varietale al mondo.
Il fenomeno commerciale del Pinot Grigio in bianco ha, così, indotto la grande maggioranza dei produttori a propendere per l’interpretazione più semplice da vendere e da far comprendere. Una comprensione che a me appare, invece, tutt’altro che semplice dato che non è di certo la vinificazione in “total white” quella che il vitigno stesso prediligerebbe. Vi basterà guardare un grappolo di Pinot Grigio per capire che quest’uva non vorrebbe essere privata di tutto il suo “colore” e con esso di parte del suo naturale corredo varietale che molto deve alla sua matrice genetica che lo vede essere una mutazione del nobile Pinot Nero.
pinot grigio uva colore
Sin dai primi assaggi in vigna, degli acini maturi di Pinot Grigio, la sua parentela con il Pinot Nero si è dimostrata essere palese, ma non sempre in cantina ho potuto riscontrare la stessa affinità. Questo perché è solo con una più o meno importante macerazione che le similitudini vengono enfatizzate, grazie all’estrazione dalla bucce e dai vinaccioli di precursori, sostanze minerali e tannini che possono corredare il vino prodotto di peculiarità più vicine alle dotazioni delle uve a bacca rossa che di quelle a bacca bianca.
Fondamentale, però, nel valutare la duttilità e la grande attitudine a stupire del Pinot Grigio Ramato è la capacità del vitigno di mantenere una buona acidità di base nonostante la piena maturazione che, unita alle quasi onnipresenti strutture minerali saline, permette a questo vino “bianco travestito da rosso” di sfoggiare spesso grande agilità  e una mai piatta dinamica di beva.

Un vino che vive in un limbo, essendo catalogato tra i bianchi – lo stesso pinot grigio è  spesso catalogato fra le uve a bacca bianca o “grigia” pur mostrando, in alcuni cloni e in alcune condizioni pedoclimatiche, una carica antocianica molto più vicina alle uve a bacca rossa – , prodotto con un’uva contraddittoria che si pone come il grigio fra il bianco e il nero e proprio per questo dovrebbe giocarsi la carta delle sue innumerevoli sfumature racchiuse tra i due estremi. Un vino che non è né bianco né rosso ma che conserva le migliori caratteristiche di entrambi i “generi” abbinando buona acidità e struttura, finezza a complessità e, soprattutto, notevole potenziale evolutivo.
Condizioni e peculiarità che mi hanno spinto a condurre proprio in Friuli, in occasione di Ein Prosit, una masterclass sul Pinot Grigio Ramato, con una selezione di vini mirata a mostrare un’esaustiva rappresentanza dello spettro cromatico e del potenziale espressivo del varietale così interpretato.

I 7 vini che ho avuto modo di selezionare – prossimamente ne verranno organizzate altre ancor più approfondite – vantano importanti diversità enologiche, in quanto a temperatura e durata delle macerazioni e in uno la macerazione è praticamente assente.
pinot grigio macerato vino friuli
Pinot Grigio Ramato Az. Agr. Visintini Andrea 2018: un’interpretazione capace di coniugare la tradizione (macerazione senza controllo della temperatura) con un appeal più contemporaneo, dato da un colore tenue, che ricorda i rosati provenzali, quasi a voler suggerire la potenzialità di questo vino nel colmare una lacuna produttiva del Friuli che storicamente non produce rosati. Il naso è fresco nel fiore e nel brutto e pur non avendo effettuato una prolungata macerazione il sorso non è affatto esile e gode di grande spina dorsale minerale.

Pinot Grigio Ramato Az. Agr. Valentino Butussi 2018: nel calice poca divergenza cromatica dal primo, ma molte le differenze in termini enologici in quanto si tratta di un assemblaggio di tre diverse vinificazioni (30% vinificazione in bianco acciaio, 30% 24 ore macerazione a freddo in acciaio, 40% macerazione a freddo 5 giorni, spremitura con torchio fermentazione inizia in acciaio, a metà va in legno, botti tradizionali friulane da 700l). Al naso le note varietali virano più verso quelle proprie del progenitore a bacca nera perfettamente integrate con quelle più fresche e minerali più facili da riscontrare nelle vinificazioni in bianco. Il sorso è inteso, slanciato e molto sapido. Una lieve ma ben definita trama tannica chiude con grande pulizia.

Pinot Grigio Ramato Flaibani 2016: un Pinot Grigio Ramato che per acquisire la sua naturale cromia non necessita di soste sulle bucce, bensì mette in mostra la carica del clone in una privilegiata esposizione e la capacità di estrazione della pressatura tradizionale con il torchio. Vino di grande intensità, complesso e di notevole eleganza. Un sorso fiero e slanciato che non manca di struttura e non lesina freschezza e sapidità.

PG “Rosa” Silvano Ferlat 2018: il più intenso della batteria pur non avendo protratto per molto la macerazione (una parte della massa 2 giorni, una parte 4 e una parte 7 giorni di macerazione) la pressatura delle bucce successiva alla svinatura e l’assemblaggio del torchiato con il blend delle 3 masse da origine ad un vino molto carico di colore, di profumi e di materia. Il frutto è spinto sulla visciola matura e la ciliegia, con note balsamiche e speziate a rendere il naso più fresco e intrigante. In bocca ha polpa da vendere ma è l’acidità (la scelta di non fare malolattica lo premia) a dare estrema dinamica e piacevolezza alla beva. 

Pinot Grigio Ramato Riserva Vignaioli Specogna 2012-2013-2014-2015: un’interpretazione tanto azzardata quanto saggia del Pinot Grigio Ramato che vede nel metodo solera  (in barrique con macerazione delle masse da 7 a 12 giorni in base all’annata) applicato dai fratelli Specogna un unicum stilistico ed espressivo. Un vino che gode della maturità della prevalente massa del 2012 (ca. il 60%) ma al contempo può contare sulle iniezioni di gioventù e di equilibrio date dalle piccole quote delle annate successive. Ne risulta un Pinot Grigio Ramato armonico, fine e di grande integrità. La beva è agile nonostante l’importanza di un sorso concreto ma mai eccessivo. Sapida e asciutta la chiosa.

Pinot Grigio Ramato Simon di Brazzan 2016: nel calice l’importanza di un vino tradotto da un interprete tanto fedele alla tradizione quante consapevole di ogni suo gesto agronomico ed enologico come Daniele Drius. Un naso ancora un po’ imbrigliato dall’affinamento ma già molto elegante. Il sorso è pieno, intenso, con buona dinamica e una matrice minerale a tratti più ematica che sapida. Un vino che fa pensare di poter evolvere ancora molto in bottiglia.

Pinot Grigio Ramato Vis Uvae Il Carpino 2013: per chiudere la degustazione volevo un vino che propendesse verso il mondo degli “orange”, mantenendo dinamiche varietali e tradizionali proprie del Pinot Grigio Ramato. Ho scelto il Vis Uvae dell’azienda di San Floriano del Collio perché oltre al grande potenziale evolutivo mi aveva stupito durante la mia visita in azienda di qualche tempo fa ma non tanto quanto ha saputo stupirmi al termine della masterclass condotta ad Ein Prosit! Vino ancora sicuro di sè, che ha saputo farsi amico l’ossigeno sin dalla macerazione in tini di rovere aperti per circa 10 giorni. Note  fresche balsamiche avvolgono il frutto ora sottospirito e la rosa solo lievemente appassita. Nel calice un vino che ha tutta la complessità di un vino maturo ma per nulla stanco, ancora carico di energia. Un’energia che si percepisce nel sorso ancora integro, vibrante e dalla saggia eleganza artigiana.
masterclass degustazione saverio russo pinot grigio ramato
Questo era solo un assaggio dello spettro cromatico e organolettico che il Pinot Grigio Ramato può offrire ma la mia speranza è che le riunioni “carbonare” fatte nei mesi scorsi culminate in questa degustazione possano portare ad un percorso ben più ampio di divulgazione delle potenzialità di questa interessantissima espressione di un varietale ormai divenuto proprio di un territorio e dell’identità di quella stessa terra. 
Un vino capace di grande contemporaneità pur mantenendo saldo l’attaccamento alla tradizione, che può e deve puntare sulla sua estrema duttilità e sulle diverse interpretazioni  possibili come valore aggiunto.
Ad oggi si può contare su una piccola massa critica che fa della qualità il proprio punto di forza e per questo confido si formi presto un’associazione che riunisca i produttori di Pinot Grigio Ramato più virtuosi, che credono davvero nelle possibilità di un vino che deve rappresentare una nicchia importante del vino friulano e non solo.
Nell’era del boom del vini rosati e degli orange wine sarebbe davvero un peccato sprecare l’occasione per mostrare quanto il “Ramato” possa esprimere e quante sfumature di “grigio” esistano al di là della più nota vinificazione in bianco. 


F.S.R.
#WineIsSharing

Lascia un commento

Blog at WordPress.com.

Up ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: