L’Italia del vino è, per me, una scoperta continua, foriera di stupore e per questo non mi stancherò mai di girarla tutta da Nord a Sud, di areale in areale, di vigna in vigna.
Oggi è la volta di Bianco, luogo storico della viticoltura calabrese, a due passi dalla punta dello stivale, con la Sicilia lì a “qualche” bracciata.
E’ qui che la viticoltura calabra affonda le sue radici, in quella Riviera dei Gelsomini, parte meridionale della Calabria jonica, in cui i Greci sbarcarono nell’VIII^ secolo a.C. con buone probabilità con barbatelle al seguito.
A testimoniare l’atavica vocazione di questo territorio sono la ricchezza ampelografica e la presenza di antichi palmenti scavati nella roccia a ridosso di vigne che non di rado sono ancora impiantate ad alberello e in alcuni casi prefillossera.
E’ proprio qui che la giovane Antonella Lombardo ha deciso di iniziare la sua avventura da vignaiola.
Una linea molto netta quella che ha portato Antonella ad impiantare nelle sue piccole parcelle di vigna, che poggiano su marne argillose calcaree, solo varietà autoctone come il Gaglioppo, il Nerello Mascalese, il Calabrese Nero e il Greco di Bianco, il Mantonico e l’Alicante, questi ultimi due storicamente presenti ma quasi perduti del tutto. Conduzione agronomica in linea con i parametri del regime biologico e un approccio enologico in sottrazione volto al rispetto dell’integrità espressiva delle uve, con fermentazioni spontanee e il minimo impatto possibile, possibile grazie al supporto tecnico dell’enologo Emiliano Falsini.
Una “one-woman winery” in cui è Antonella ad occuparsi di ogni fase della produzione dalla vigna alla cantina con l’obiettivo di dar vita a vini che sappiano della sua terra, di sole e di mare.
Pi Greco Igt Calabria Bianco 2019: un Greco di Bianco vinificato secco (uno dei pochissimi) nitido nel varietale con fiori bianchi, tè verde, note agrumate a fare il paio con una velata mineralità marina che fa da giusto preambolo ad un sorso integro, materico (le fecce fini hanno fatto il loro lavoro egregiamente) ma slanciato e decisamente sapido. Buona la prima, direi!
Charà Igt Galabria Rosato 2019: un Rosato da Nerello Mascalese (storicamente presente in Calabria) capace di coniugare al meglio un profilo olfattivo fresco nel frutto e nelle note di agrume rosso e pepe rosa. Pieno il sorso, con una buona dinamica di beva, agile e saporito… ematico. Un Rosato degno di nota, che fa ben sperare per le prossime produzioni in rosso di questa piccola azienda.
Ichò Igt Calabria Rosso 2019: da uve Gaglioppo 50%, Calabrese (Nero d’Avola) 25%, Nerello Mascalese 25%, questo rosso ingrana subito la marcia giusta per una piccola realtà alla prima annata. Cosa non semplice quando ci si approccia per la prima volta ad un rosso affinato in legno (qui un tonneau nuovo e barrique rigenerate) in quanto non si conosce la loro incidenza sulle masse prodotte da uve non facili da gestire. L’Ichò è armonico, fine, intrigante nella lieve ma ben definita spezia nera. Il sorso è fiero, tonico e slanciato, con una chiusura decisamente ematica e un tannino fitto e già ben levigato.
Difficilmente scrivo di realtà che non hanno ancora completato la propria linea e che sono solo agli albori di un percorso, in quanto credo che ci vogliano almeno 3 annate per comprendere – almeno in parte – la concretezza e la coerenza di un progetto vitivinicolo indipendentemente dalle dimensioni e dalle mire della singola azienda. Eppure, la caparbietà, la passione e la preparazione di Antonella mi hanno convinto ad investire tempo e “penna” in un endorsement che sono certo verrà ripagato a suon di grandi vini di territorio. I vini rossi in divenire che ho avuto modo di assaggiare da vasca e da botte fanno ben sperare!
F.S.R.
#WineIsSharing
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