In questo Wine Blog si parla di territori, di vignaioli e di vini ma, a volte, mi capita di dare spazio a realtà e a professionisti d’eccellenza che vivono e operano nell’enosfera e reputo possano condividere con me e con voi importanti conoscenze ed esperienze enoiche.
Pochi giorni fa mi è capitato di fare due chiacchiere virtuali con un uomo che ha maturato, negli anni, un rapporto di vera e propria simbiosi con il vino. Parlo di Arnaldo Rossi, ristoratore e piccolo produttore ma ancor prima amante del vino e comunicatore schietto e diretto del mondo dei vini artigianali.
Ho conosciuto Arnaldo nel suo ristorante Taverna Pane e Vino qualche anno fa durante uno dei miei viaggi a Cortona, patria della Syrah in Toscana, e non è stato difficile comprendere quanto profonda fosse la sua esperienza in questo settore. Ecco perché vi consiglio di leggere con attenzione le risposte alle domande che ho avuto modo di fargli qualche giorno fa:
• Quando e come nasce la tua passione per il vino?
La passione nasce relativamente tardi, i miei studi di industrial design, mi hanno portato dapprima ad interessarmi di arte e tecnologia e solo intorno ai 30 anni al vino. Tutto nacque quando mi resi conto che fino negli anni ’90 il mondo della ristorazione, almeno in toscana, era nettamente diviso tra ristoranti di lusso, trattorie semplici e pizzerie spesso mediocri. In pizzeria c’erano la pizza e la birra, nei fast food c’erano l’hamburger e la bibita, ma non esisteva un posto profondamente toscano dove poter mangiare piatti semplici e genuini, bere buon vino e spendere una cifra ragionevole. Nel 1997 apri la Taverna Pane e Vino ed iniziai la ricerca sui prodotti tipici, salumi, formaggi, zuppe, primi piatti e soprattutto vino.
• Quali sono i principi che contraddistinguono da sempre la tua ricerca enoica?
Ho sempre ricercato la qualità del vino, che ormai è cosa abbastanza scontata e quindi quello che più mi affascina, sono le storie e le persone che stanno dietro al vino, le loro tradizioni, il loro vissuto, il loro approccio al mondo della vigna e la loro interpretazione del vino.
• Hai avuto modo di visitare e conoscere alcuni tra i più grandi produttori e vignaioli italiani e stranieri. Quali incontri hanno segnato di più la tua carriera e il tuo modo di vivere e percepire il vino?
Tanti sono i produttori che mi hanno segnato, in tutti questi anni ho avuto la fortuna di conoscere i grandi del mondo del vino chge amo. Ma per un atto di riconoscenza non posso che iniziare da Giovanna Morganti di Podere le Boncie. E’ dalla visita alla sua cantina che è iniziato il percorso verso i vini naturali. Ricordo che lei mi apri una finestra verso un modo di pensare il vino che poi mi ha convinto a produrre vino. Non posso certo dimenticare quanto mi abbia aiutato nel capire la vigna Marco Tanganelli o i consigli di Ettore Falvo di Avignonesi, il genio di Marco de Bartoli, l’autorità di Nicolas Joly, la ferrea disciplina di Thierry Allemand, la serafica calma di Kenjiro Kagami di Domaine des Miroirs, la lucida follia di Bruno Schueller, gli interminabili monologhi di Lino Maga come quelli del Cavaliere Lorenzo Accomasso, le colte dissertazioni di Francesco Valentini, la visione globale di Stefano Amerighi, la pionieristica interpretazione del territorio di Fabrizio Niccolaini di Massa Vecchia, la determinazione di Angiolino Maule e di molti altri.
• Ho sempre pensato che per comprendere il vino fino in fondo si debba aver fatto esperienze dirette in varie ambiti e tu incarni le figure dell’oste”, del comunicatore e, da qualche anno, anche quella del produttore. Cos’è il vino per te, oggi?
L’incipit della tua domanda è lo stesso che uso io nella mia presentazione “Ho sempre pensato che per giudicare il lavoro degli altri fosse necessario mettersi in gioco in prima persona, così dopo aver passato tanti anni a proporre vini naturali nel mio ristorante ho ritenuto fosse giunto il momento di produrre un vino tutto mio.”
Di conseguenza mi trovi perfettamente concorde, il vino, oggi ma non solo oggi è l’espressione più alta del sapiente lavoro di trasformazione dell’uomo di un frutto. Per quanto possa essere buona una patata i suoi sottoprodotti non avranno mai la storia, il fascino, la complessità e non per ultimo il valore di mercato del sottoprodotto dell’uva che è il vino. Ragion per cui dobbiamo essere molto responsabili e onesti quando produciamo, vendiamo e raccontiamo un vino. L’aspetto che attiene alla comunicazione è un tratto saliente al quale non smetto mai di dedicarmi.
• Quanto conta la sostenibilità ambientale e l’artigianalità produttiva nella tua ricerca?
Per me è un elemento imprescindibile, anche per quello che ho detto prima. Se hai un territorio vocato alla produzione di uva da vino, ti dovresti sentire moralmente obbligato a rispettarlo e restituire quell’ambiente nel bicchiere. Cosa difficile da fare con un approccio “industriale”.
• I 3 vini che ti hanno colpito di più nella tua vita di assaggi e i 3 che vorresti consigliare come tue recenti scoperte?
Bella domanda…
Nel 2015 a Baglio Samperi (Marsala) seduto sulla sedia dell’ormai scomparso Marco de Bartoli una bottiglia di Vecchio Samperi del 1958… mi commossi per il vino e per l’omaggio che i figli mi vollero tributare.
Nel 2014 durante un convegno con il Cabernet La Fonte di Pietrarsa 1997 di Massa Vecchia sbalordii gli ospiti dimostrando che i vini naturali, se fatti bene, possano durare anni
Nel 2012 il Gevrey Chambertin Clos St. Jacques 2002 di Armand Rousseau la classe cristallina nonostante la giovane età.
Tra le mie ultime scoperte metterei:
L’Aglianico Drogone 2016 di Cantina Giardino, un rosso del sud definitivo di una cantina che anche dopo l’ultima visita continua a sorprendermi.
In Alsazia produttori amici mi hanno consigliato André Kleinknecht un produttore qui sconosciuto che fa bianchi di una pulizia e naturalità pazzesca
Anche se ormai l’ho scoperto da anni resto sempre incantato dalla bellezza delle vigne di Donnas e dai vini di Rolando Nicco delle Selve di Picotendro.
Ringrazio Arnaldo per il tempo dedicato a questa piccola ma esaustiva chiacchierata che evidenzia quanto la sua attitudine enoica sia completa e profonda, spaziando dagli incontri con i mostri sacri del vino artigianale italiano alla scoperta di nuove piccole realtà. Inoltre, credo che essere gestire un ristorante con un’importante carta vini e dedicarsi a produrre piccole tirature di vini di nicchia renda Arnaldo Rossi un esempio di quanto le etichette e i compartimenti stagni mentali nel vino, come nella vita, siano limiti da valicare.
F.S.R
#WineIsSharing
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