Vini dealcolati, analcolici e “annacquati”- – L’Informatore Agrario fa chiarezza sulla questione

Nell ultime settimane è scoppiato il caso dei vini “dealcolati” portando sulle prime pagine di magazine enoici, wine blog e sulle bacheche social di operatori di settore e appassionati titoli e post allarmistici sulla falsa riga di “l’EU autorizza i vini allungati con acqua per renderli meno alcolici” o “L’EU mette l’acqua nel vino per renderlo analcolico”. In realtà, le notizie pubblicate sono state spesso strumentalizzate e per questo ho preferito non scriverne fino a stamane, quando ho ricevuto la newsletter de L’Informatore Agrario che mira a far chiarezza sull’argomento. Un comunicato che sembra essere una delle analisi meno fuorvianti e più chiare della situazione.

Condivido con voi il comunicato:

VINO, “UNA TEMPESTA IN UN BICCHIER D’ACQUA”. SU L’INFORMATORE AGRARIO LA RICOSTRUZIONE DEL CASO UE SUI VINI DEALCOLATI

“Vino: una tempesta in un bicchier d’acqua”. È l’approfondimento sui vini dealcolati de L’Informatore Agrario, che nel numero in uscita fa luce sul tema bollente della cronaca degli ultimi giorni. La proposta che riguarda la dealcolazione dei vini – ricostruisce il settimanale di settore – risale infatti alla discussione della bozza di riforma della Pac del 2018, in cui la Commissione proponeva norme per regolamentare il mercato dei vini dealcolati o parzialmente dealcolati, includendo inizialmente in quest’ultima anche dop e igp. Una formula che, pur non prevedendo nella versione originale di 3 anni fa alcuna “aggiunta”, era stata modificata dalla Commissione nel testo di lavoro con la possibilità di deroga al divieto generale di utilizzo dell’acqua, suscitando una dura – e all’epoca solitaria – reazione della Efow (Federazione europea dei vini d’origine) che definì la bozza “aberrante”.

Alle pressioni della Efow si aggiunsero poi quelle di Europarlamento e Consiglio UE, impegnati nella battaglia per la trasparenza e i requisiti di etichettatura anche sui dealcolati, spingendo la Commissione a tornare sui suoi passi. Il testo di compromesso, sui cui anche Efow si è allineata, prevede la possibilità (e non certamente l’obbligo) di eliminare l’alcol dal vino attraverso la “restituzione” di acqua recuperata dal processo di vinificazione. Non si tratta quindi di un’“aggiunta” di acqua, che rappresenterebbe un ingrediente aggiuntivo e andrebbe pertanto come tale indicato in etichetta. Questo processo, si specifica nel testo, non deve causare “una sostanziale modifica della composizione del prodotto”, e non può essere utilizzato per correggere o modificare le caratteristiche organolettiche. Infine, per i vini dop e igp viene consentita la sola dealcolazione parziale entro il limite di 8,5 gradi.

Un intervento che, spiega il presidente di Efow, Bernard Farges, a L’Informatore Agrario, consente di mitigare la spinta al rialzo sulla gradazione alcolica del cambiamento climatico là dove necessario, mantenendo il pieno controllo dei vini a denominazione d’origine in mano ai produttori e ai consorzi di tutela: i disciplinari, e il fatto che siano i produttori a decidere cosa produrre e con quale grado alcolico, restano quindi intoccabili. Nessuno obbligherà i produttori dop e igp fare vino dealcolato.

E mentre i competitor europei si preparano ad intercettare un mercato dinamico, ad esempio quello dei Paesi arabi, con il “Vino sin alcol”, la “boisson à base de vin désalcoolisé” e l’“Alkoholfreier Wein”, in un contesto in cui la Commissione paventa nuove norme salutiste per l’etichettatura con il Piano contro il cancro e potrebbe diminuire il bilancio per i programmi di promozione, la discussione sull’appellativo “vino” ai dealcolati diventa sempre più politica.”

Sicuramente meno grave di quanto si pensasse, ma resta la paura che in EU si possano prendere decisioni a sfavore del mondo del vino e, soprattutto, che non si tenga conto di quanto questo settore sia importante per paesi come Italia, Francia e Spagna. Un’importanza che fa assumere alle decisioni continentali su produzione e comunicazione del vino un’incidenza vitale per le piccole e medie realtà del nostro paese che poco hanno a che fare con dinamiche industriali e mire commerciali che non prevedano la ricerca della qualità e l’espressione varietale e territoriale con una sempre più alta attitudine alla sostenibilità.

F.S.R.

#WineIsSharing

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