Le molteplici identità del Collio e un’ideale zonazione territoriale

Cuei in friulano, Brda in sloveno ma per tutti noi amanti del vino è il Collio, ovvero quell’areale di collina sito in Friuli Venezia Giulia tra Italia e Slovenia, che si estende tra il fiume Isonzo ed il suo affluente di destra, il fiume Iudrio, delimitata a sud dalla pianura friulana e a nord dalle frazioni di Mernico (Dolegna del Collio), Cobaler (Canale d’Isonzo) e Lasizze (Canale d’Isonzo).
collio zonazione vino
Il Collio ha rappresentato per la produzione di vini bianchi l’areale per eccellenza di tutta la penisola per lustri e tutt’ora questa zona viticola manifesta con orgoglio la sua trazione bianchista attraverso una viticoltura prevalentemente dedicata ai vitigni a bacca bianca (autoctoni e alloctoni) e un approccio enologico evoluto e consapevole figlio di una preparazione tecnica e di un’esperienza coltivate con largo anticipo rispetto alle altre denominazioni italiche.
vini bianchi collio
Un livello di consapevolezza che permette, oggi, a molte realtà storiche e meno storiche del Collio di operare con rinnovato rispetto dalla vigna alla bottiglia e proprio per questo ho ritenuto opportuno approfondire le dinamiche relative alla sostenibilità, nonché le varie singolarità proprie di ogni “ideale” microzona recandomi in loco. 
Un tour fra vigne e cantine in cui ho potuto scorgere le peculiarità di quest’area collinare, collocata fra le Alpi Giulie ed il Mare Adriatico, che vanta condizioni pedoclimatiche molto particolari che vedono le vigne adagiate sulla ponca (tipico terreno del Collio formato da marne di origine eocenica) godere di una ventilazione e di un’escursione termica ottimali, specie per la maturazione aromatica e la preservazione della freschezza dei varietali a bacca bianca qulai: Malvasia, Ribolla Gialla e Friulano, ma anche Sauvignon, Chardonnay, Pinot Grigio, Müller Thurgau, Riesling, Traminer Aromatico e, ovviamente, Pinot Bianco.
Oggi la purezza è una delle chiavi di lettura più apprezzate sia dai produttori che dagli appassionati dei vini del Collio, in quanto il singolo varietale può farsi traduttore e veicolo ideale delle caratteristiche specifiche del territorio in senso lato e di microzone a sé stanti in senso stretto, eppure la storia di quest’area – un po’ come quella di tanti altri areali italiani – è rappresentata dagli assemblaggi. Blend o, ancor meglio, uvaggi di vitigni autoctoni come il Friulano (ex-Tocai), la Ribolla e la Malvasia che successivamente (grazie alla nascita della denominazione Collio Bianco voluta fortemente dal Consorzio di Tutela) anche internazionali. Più precisamente sono ammessi nel Collio Bianco tutti i vitigni a bacca bianca in disciplinare in purezza o in blend in misura libera, fatta eccezione per gli aromatici come Muller Thurgau e Traminer aromatico che sono ammessi solo per un massimo del 15%.
Il Collio Rosso, molto più raro, si ottiene invece dall’unione dei vitigni a bacca rossa storicamente presenti sul territorio: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Pinot Nero.
 
Fatte queste precisazioni, vorrei soffermarmi su quanto il microcosmo del Collio sia ben più vasto di ciò che le dimensioni fisiche di questa DOC possano far pensare, in quanto ricco di sfaccettature e di espressioni territoriali non solo colturali ma anche, e soprattutto, culturali. 
Pariamo con le differenze con i vicini Colli Orientali nei quali la matrice prettamente friulana (furlàn) è netta sia in termini linguistici che culturali (tradizioni, culti, cucina), mentre nel Collio Goriziano possiamo trovare una contaminazione fra Friulano e Sloveno del Collio.
Per assurdo (ma non storicamente) il Collio Goriziano vanta molti più legami con la BRDA, la parte slovena di quelle colline divise non da un vero e proprio confine ma da una frontiera, ovvero una barriera permeabile che permette uno scambio costante. I popoli di questa frontiera – mi spiega Matteo Bellotto con il quale ho condiviso questo viaggio – che hanno visto il confine (ed era un confine che divideva est e ovest quindi non un confine qualsiasi) sono popoli profondamente “bastardi” che sono permeati da diverse identità che vivono in loro, che comunicano diversamente e convivono. La domanda è dove possono, queste identità, costruire un luogo di incontro col quale parlare la stessa lingua, una lingua muta, contadina, delle cose? La risposta è nella millenaria coltivazione della vite e del vino. I popoli e le persone di queste terre hanno costruito le loro identità attorno ai vitigni.
oslavia vigne gravner
E’ proprio per questo forte frazionamento che ho voluto approfondire il territorio ricercando in ciascuna ideale microzona delle condizioni pedoclimatiche uniche e l’ho fatto partendo da Sud, ovvero da Oslavia, nel comune di Gorizia.  Terra di Ribolla, presente in questa zona da millenni. Alta collina, forte ventilazione grazie alla Bora che arriva costante dal mare, un luogo ideale per la maturazione perfetta di questo vitigno particolarissimo e delicatissimo. Oslavia è anche terra di pionieri enoici, quali Josko Gravner e l’indimenticato Stanko Radikon, capaci di riportare in auge la macerazione sulle bucce alla fine degli anni ’90, dando nuovo lustro ad una prassi antica, facendo da precursori di una tendenza che ha preso piede in Italia e in tutto il mondo guardando sì alla Georgia come storica madre dei macerati ma ai vignaioli di questa zona come riferimenti per la produzione di vini bianchi macerati di grande qualità. E’ proprio ad Osvlavia che nel 2008 nasce l’Associazione produttori di Ribolla. La sapidità, comun denominatore dei bianchi del Collio, ad Oslavia assume connotazioni ancor più distintive nella Ribolla e fa da filo conduttore con i vini della vicina (a nord) San Floriano, dove la Malvasia Istriana spicca per slancio, freschezza e mineralità salina.
san floriano collio
A San Floriano del Collio i vigneti si spingono in “alto” fino a circa 250mlsm che per un areale composto da dolci colline rappresenta un’altitudine di tutto rispetto.
Le escursioni termiche di San Floriano favoriscono, anche in questo caso, lo sviluppo dei precursori aromatici anche sul Pinot Grigio (varietale che rappresenta il 30% circa della produzione del Collio) anche se essendo zona abbastanza calda i vini ivi prodotto non lesinano struttura.
farra collio vigne
Spostandoci verso sud-ovest ci troveremo a Mossa, Capriva, San Lorenzo e l’isola di Farra d’Isonzo, zone note per essere tendenzialmente più calde (l’anfiteatro di Capriva dietro al Castello di Spessa ne è un esempio importante). E’ proprio in questa microzona che si è acclimatato maggiormente il Pinot Bianco, capace di offrire espressioni di grande forza e longevità, per fortuna, mai eccessivamente opulente. Zona calda ma dotata, anch’essa, di percettibili escursioni termiche che agevolano la produzione di vitigni come il Sauvignon e nel Pinot Grigio preservandone ed esaltandone (specie nelle annate più fresche) il corredo aromatico. Di certo non mancano, neanche in quest’area,  le vigne di Friulano (unico vitigno presente su tutto il territorio) che beneficiano dell’influsso della piana del Preval, che con il suo bosco crea un microclima favorevole alla coltivazione di questo varietale.
cormons collio vigne
Poco più a sud arriviamo a Cormons che ha diverse microzone importanti: Pradis, zona molto calda che regala corpo e carattere molto forte ai vini; Zegla, che grazie al lavoro di 3 realtà virtuose sta già lavorando ad un progetto di cru valorizzando le peculiarità di questa zona e invitando l’intero areale ad una zonazione più approfondita; Plessiva, Novali, Brazzano, zona particolarmente calda.  Quella di Cormons e delle sue zone è sicuramente la zona più calda, il centro della mezza luna del Collio, con le colline che si alzano sulla pianura senza difese naturali davanti e che vantano un’esposizione continua alla luca. Tra Cormons e l’ultimo comune a Nord del Collio ci sono circa 2 gradi in media di differenza di temperatura. 
dolegna collio
Questo comune è Dolegna del Collio, il luogo più fresco dell’areale e con le maggiori escursioni termiche; è dove, anche, le colline e, quindi, i vigneti risultano essere più irti e scoscesi rendendosi habitat ideale per il Sauvignon. Dentro Dolegna si trovano aziende di riferimento grazie ai loro vini ma soprattutto a cru di immensa bellezza. Ruttars, ad esempio, ha insita in sé la capacità di donare ai vini un mix perfetto di freschezza e mineralità che fanno da spina dorsale ad una tonica struttura muscolare, dando persistenza al sorso e longevità alle bottiglie. Poi ci sono Lonzano, con la sua grande presenza boschiva, e Scriò con colline che cadono a picco e vigneti che sembrano sprofondare nella terra fino alla punta estrema ognuno capace di diverse espressioni (qui i microclimi sono stati calcolati da uno studio e se nel trovano circa 37 tipi diversi in base alla esposizione e alla presenza di bosco).
logo collio
Va da sé che questa ricchezza di singolarità sia di natura storico-cuturale che pedoclimatica può rappresentare un limite e, al contempo, un valore aggiunto importantissimo.
Il limite si pone quando si cerca di identificare il Collio come un solo territorio e i suoi vini come figli di condizioni pedoclimatiche simili e di tradizioni proprie di uno stesso “popolo”.
E’ fondamentale, a mio parere, più che in molte altre regioni e in molti altri areali, ricercare nelle singole identità del Collio specifiche espressioni enoiche frutto di una serie di variabili insiste nella storia di queste ideali microzone. E’ per questo che non parlerei di una zonazione vocazionale, bensì di una distinzione di cru che vantano ognuno delle peculiarità che si traducono, al netto dell’approccio agronomico e enologico, in espressioni differenti capaci di comporre varie facce dello scintillante diamante che il Collio è da sempre.
Durante il mio viaggio riecheggiava spesso una massima che vorrebbe il popolo friulano unito solo se tenuto separato e, per quanto queste parole possano sembrare negative, in realtà credo che ci sia un’accezione molto positiva celata dietro un pensiero che afferma e conferma il valore delle singole identità all’interno di un insieme più grande che è quello del popolo friulano in toto, replicabile in quell’insieme più piccolo ma egualmente variegato che è il Collio. Questo non significa dividere e isolare (che di questi tempi sono termini che tutti vorremmo dimenticare), bensì elevare le specificità di ogni zona e della sua indigena popolazione anche e soprattutto attraverso le espressioni di vigna e di cantina, fornendo al vino il ruolo di veicolo per valori che seppur differenti vadano ad arricchire il quadro più ampio dei valori di un intero areale. Credo che questo stia già avvenendo e che il livello di consapevolezza agronomica ed enologica dei singoli produttori sia talmente elevato in queste zone da poter permettere una nitidezza ancor maggior delle connotazioni date da ciascun terroir aziendale in senso stretto e da ciascuna ideale MGA (o UGA) in senso lato.
susgrape
A stupirmi è anche la crescente sensibilità nei confronti di una viticoltura più sostenibile in uno degli areali più complessi per il rispetto delle direttive delle certificazioni bio a causa della sua grande piovosità. Il consorzio, in collaborazione con alcune realtà del territorio, sta portando avanti vari progetti legati proprio all’ottimizzazione dei trattamenti nelle tempistiche e nel numero. Una sperimentazione che potrebbe portare ad una gestione agronomica ancor più rispettosa nel Collio e non solo. Parlo del progetto SUSgrape che vi invito ad approfondire in loco.
 
Ringrazio il Consorzio Tutela Vini Collio per aver organizzato al meglio la mia tre giorni in loco e Matteo Bellotto per avermi fatto da Cicerone in questo tour nelle microzone del Collio e per aver condiviso con me materiale al quale ho attinto profondamente per la stesura di questo articolo.
produttori collio
Concludo dicendo che durante il mio viaggio ho potuto incontrare molti produttori, spesso riuniti in una sola cantina ospitante, un messaggio importante di coesione territoriale e di voglia di confrontarsi tra vignaioli e tecnici di diverse realtà. E’ per questo che ho preferito non citare le singole aziende e non consigliarvi i “migliori assaggi” nell’ambito di un report che mira ad invogliarvi a scoprire, come ho voluto fare io, le singole caratteristiche di un areale così complesso e vocato. Chi mi segue attraverso i miei canali social avrà notato quali cantine ho avuto modo di visitare e quali vini mi hanno colpito di più, ma questo è un aspetto secondario del quale, comunque, terrò conto nelle mie prossime selezioni e nelle recensioni che scriverò in futuro.
 
F.S.R.
#WineIsSharing

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