Carmignano cantine, vigne e vini – La micro Docg toscana pronta al proprio “Rinascimento” enoico

In Italia esistono 78 Denominazioni di Origine Garantita e Controllata di cui ben 11 sono nella sola Toscana e tra queste ce n’è una tanto piccola quanto antica e prestigiosa: la Docg Carmignano.

La storia del vino a Carmignano

Siamo in provincia di Prato, in quelle terre che persino gli Etruschi – prima – e i Romani – poi – hanno considerato vocate alla coltivazione della vite. Vocazione che diviene ben più che un’opinione degli storici, quando Cosimo III de’ Medici cita testualmente Carmignano tra le zone a vocazione vinicola del Granducato di Toscana. Nello specifico il 24 settembre del 1716 Cosimo III de’ Medici, sesto granduca di Toscana, emise il Bando Mediceo in base al quale veniva stabilita una severa normativa per la produzione ed il commercio dei vini realizzati nei suoi possedimenti. Per quattro aree geografiche di appartenenza furono fissati anche precisi confini. Il Chianti, il Pomino, il Carmignano e il Valdarno superiore ricevettero dando così origine a quella che oggi sarebbe chiamata DOCG, molto prima dell’avvento della prima AOC francese.

bando mediceo vino

E’ sempre grazie a un’esponente della famiglia de’ Medici che a Carmignano varietali altrove considerati “alloctoni” come il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc sono di casa. Sembra, infatti, che fu Caterina de’ Medici, all’epoca regina di Francia, a importare e far impiantare le prime barbatelle dei due noti varietali bordolesi, accanto al Sangiovese e ai complementari vitigni locali come il Cannaiolo Nero (ancora presente nel blend del Carmignano Docg) e alle varietà a bacca bianca utili alla produzione del prezioso Vin Santo di Carmignano (Malvasia e Trebbiano Toscano).

E’ così che nasce “la formula” vincente di un vino unico nel suo genere, antesignano di quei “Super Tuscan” che tanto avrebbero fatto parlare di Toscana nel mondo. Eppure, i vini rossi di Carmignano, pur rappresentando una commistione di vitigni tipici e internazionali, possono contare su una propria forte identità sia storica che organolettica, frutto di un pedoclima variegato ma dotato di palesi comuni denominatori.

Il disciplinare e l’identità dei vini di Carmignano

Ripercorrendo la storia recente di questa Docg, nata nel 2011 come upgrade della Doc riconosciuta nel 1975, possiamo ben comprendere perché i vini prodotti nelle colline che disegnano i suggestivi e rigogliosi paesaggi dei comuni di Carmignano e Poggio a Caiano, siano ancora oggi una nicchia (poco più di 200ha vitati totali in docg) da scoprire in attesa di affermare in maniera coesa e più ampia quel potenziale che solo alcune cantine di spicco hanno saputo far emergere in questi ultimi anni.

Partiamo con il disciplinare che prevede nel Carmignano Docg: il 50% di sangiovese, un massimo del 20% di canaiolo nero, il 10/20% di cabernet franc e/o cabernet sauvignon e un massimo del 10% di trebbiano toscano e/o canaiolo bianco e/o malvasia del Chianti. Possono concorrere altri vitigni a bacca rossa autorizzati nella provincia di Prato per un massimo del 10%. Vini che devono essere sottoposti a un periodo d’invecchiamento di almeno un anno in botti di rovere e/o di castagno (due anni per la versione Riserva).
Un disciplinare a maglie abbastanza larghe che può aver rappresentato un limite nella percezione esterna di un’identità chiara e lampante di questa denominazione in quanto abituati (soprattutto in Italia) a ricercare una certa congruenza fra identità varietale e quella dei territori di coltivazione. Ecco quindi che la storica dicotomia interpretativa che vede alcuni Carmignano a trazione Sangiovese e altri dal piglio più “internazionale” potrebbe aver confuso chi si approcciava all’areale di riferimento senza cercare ciò che conta davvero, ovvero il filo conduttore territoriale, riconducibile al particolare pedoclima locale.

Pedologia e condizioni micro-climatiche di Carmignano

L’areale si trova, infatti, all’interno della piccola catena del Montalbano, che da Serravalle Pistoiese giunge a strapiombo sull’Arno a sud di Artimino. La matrice più diffusa, tipica della zona è il “macigno” toscano, la nota formazione di arenarie gradate quarzoso-feldspatiche di età oligocenica. Al macigno di sovrappone in alcune zone il complesso caotico delle argille scagliose costituito da scisti argillosi di vario colore inglobanti blocchi calcarei, arenarie e/o brecce ofiolitiche. Non mancano affioramenti sparsi (da nord a sud) di “alberese” (calcare marnoso biancastro a frattura concoide). L’altitudine media va è attorno ai 200m slm e le pendenze passano da irte e scoscese a dolci in base alla zona e alla matrice geologica (più ripide dove dominano le arenarie e più dolci dove prevalgono gli scisti argillosi e i calcari marnosi). Gran parte dei vigneti gode di esposizione e giacitura ottimali, che permettono un ciclo vegetativo abbastanza dilatato per varietà tardive come il Sangiovese e il Cabernet Sauvignon. Seppur diversi, i suoli manifestano alcune proprietà comuni in quanto terreni a libero drenaggio, privi di intasamenti o ristagno idrico. Tendenzialmente in quest’area la vite ha dimostrato di resistere bene anche a stagioni siccitose.
Il clima, grazie alla vicinanza dell’Appennino, può contare su costanti venti freschi, fondamentali per temperare le notti estive, determinando un’ottima escursione termica. La piovosità media annua è inferiore ai mille millimetri. La maggior parte delle precipitazioni si hanno in autunno ed in inverno, ma tendenzialmente si ha un buon apporto idrico anche in estate e vendemmie fresche e asciutte. Fattori che, al netto dei singoli impianti (sesto, sistema d’allevamento, cloni e biotipi differenti) e della conduzione agronomica di ogni realtà vitivinicola locale, permettono la raccolta di uve ben mature e sane.

Queste particolari condizioni, unitamente agli equilibri che i vini di Carmignano riescono ad ottenere nei loro blend, possono rappresentare la chiave di lettura dell’intero territorio nonché la chiave di volta per elevare la notorietà e la percezione del valore di una denominazione che oltre alla sua storicità può e deve far valere le contemporaneità di vini capaci di una palese eleganza e di notevole longevità, senza però inficiare l’agilità di beva. Un mosaico di terreni, esposizioni e microclimi che rendono ancor più ragionevole e opportuna la scelta di una base ampelografica più ampia e non mono-varietale. Per dirla in parole povere a Carmignano si può impiantare il vitigno “giusto” per ciascuna condizione pedoclimatica senza forzare il singolo vitigno in contesti in cui non può, per forza di cose, dare risultati soddisfacenti. “Di contro” la sfaccettata pedologia dell’areale ha portato alcuni a credere fortemente in interpretazioni (IGT) in purezza di Sangiovese o dei singoli varietali internazionali, compreso il Merlot che pur non vantando la storicità del Cabernet in queste zone trova parcelle in cui esprimersi al meglio. Proprio per la variegata vocazione dei singoli vigneti non mi meraviglia l’annosa ma moderata diatriba fra chi vorrebbe più Sangiovese e chi, invece, crede maggiormente negli alloctoni come fulcro dei propri vini.

Non solo Carmignano Docg…

Carmignano, però, non è rappresentata solo dai suoi vini rossi più importanti, in quanto è in queste terre ha origine anche il giovane e versatile, ma per nulla scontato, Barco Reale di Carmignano Doc e il roseo VinRuspo (Barco Reale di Carmignano Rosato Doc), antesignano degli odierni rosati. Oltre a queste due declinazioni abbiamo il già citato Vin Santo di Carmignano (bianco e Occhio di Pernice).

Il mio focus su Carmignano di cantina in cantina

Durante il mio ultimo tour dell’areale ho avuto modo di visitare le vigne e le cantine di quasi tutte le azienda vitivinicole di Carmignano, unite sotto l’egida del Consorzio di Tutela vini di Carmignano.

Fattoria Ambra

fattoria ambra carmignano

Storica realtà del territorio che dispone di ca. 25ha di vigna, gestiti in biologico (certificato), in alcuni veri e propri “Cru” di Carmignano: la collina di Montalbiolo, l’Elzana, Santa Cristina in Pilli e Montefortini. Vini classici a trazione sangiovese, con un piglio d’antan eppure molto contemporanei nell’agilità di beva. Ottime le riserve 2018 con le proprie sfaccettate personalità e memorabile per integrità, slancio e sapore la 1990 Riserva “Le Vigne Alte” (oggi “Cru” Montalbiolo). L’agronomo ed enologo proprietario della Tenuta è Giuseppe Rigoli, detto “Beppe”, grande conoscitore di Carmignano e sensibile interprete di vigneti capaci di esprimere vini profondi e persistenti.

Piaggia

piaggia carmignano cantina

L’azienda di Mauro Vannucci e di sua figlia Silvia ha sede nel comune di Poggio a Caiano e comprende vigneti anche nel comune di Carmignano. L’azienda è stata avviata da Mauro Vannucci, che verso la metà degli anni ’70 ha acquistato terreni in località Piaggia, convinto che grazie all’ottima esposizione e al suolo argilloso, fresco e asciutto avrebbe ottenuto un grande vino Carmignano. Oggi, a distanza di qualche decade, Mauro può affermare, senza tema di smentita, di esserci riuscito dati i numerosi riconoscimenti ottenuti, diventando un riferimento per la denominazione e per il territorio. Un continuo livellamento verso l’alto di vini che combinano energia e profondità, materia e sapore. Succoso e intrigante il Carmignano “Il Sasso” 2019 Carmignano, mentre il Piaggia Riserva 2018 è specchio fedele di un’annata più fresca e slanciata, ma non per questo esile. Mauro è tra i produttori che credono di più nei Cabernet e nella vocazione di queste terre alla coltivazione di queste varietà. Una fiducia ripagata dal livello raggiunto dai propri vini ma che non sembra averlo ancora appagato del tutto. Per questo sono certo che l’asticella per Piaggia continuerà ad alzarsi.

Podere il Sassolo

podere il sassolo carmignano

L’azienda vitivinicola Podere Il Sassolo nasce grazie alla lungimiranza di Antonio Mannelli che ha voluto riportare a nuova vita la tradizione vinicola di questa splendida tenuta. Dal 1975 il Podere Il Sassolo ha mirato la propria produzione alla qualità, allevando in maniera rispettosa e accorta i 6ha di vigneto (in espansione), che contemplano i varietali tipici della zona e sono condotti in maniera sostenibile. Siamo a ca. 180m slm e la zona di riferimento è Santa Cristina a Mezzana, uno dei cru storici di Carmignano, in una conca naturale all’interno della catena montuosa del Montalbano che vanta condizioni microclimatiche ideali. L’azienda produce ca. 20mila bottiglie con un ottimo Barco Reale, che stupisce per tenuta nel tempo, e un Carmignano molto fedele alla tradizione.

Colline San Biagio

colline san biagio notaio pacchi cantina

La famiglia Pocaterra è tornata nella terre di origine materne a fare vino da 14ha di vigneto dislocati in alcuni delle più vocate zone dell’areale. Nei locali dell’Ex Monastero del XIII la produzione di vini di territorio incontra la ricettività palesando, in ambo i casi, il medesimo obiettivo: l’eleganza. Un luogo incantevole e, al contempo, vocato alla produzione di vini mai banali. Coerente, materico e saporito il Carmignano, affiancato da due espressioni in purezza di Sangiovese e Merlot che noi vogliono essere un mero esercizio di stile, bensì una dimostrazione della sfaccettata vocazione del territorio in cui il re dei vitigni tipici toscani e i varietali bordolesi coesistono da secoli. Tra le realtà che di più si stanno esponendo per innalzare il posizionamento e, quindi, la percezione del valore dei vini di Carmignano, meritevoli di un posto fra i grandi vini toscani e italiani anche in termine di prezzo.

Tenuta Ceri

tenuta ceri cantina carmignano

Una nuova realtà materialmente parlando, nonostante quella di Edoardo Ceri per il vino sia una passione che va avanti da anni ormai. Vigne e cantina incastonate in un contesto di grande biodiversità, coltivate con rispetto e lungimiranza. Un progetto che punta molto sulla sostenibilità e sull’identità di un territorio che può e deve livellare verso l’alto la percezione dei propri vini anche grazie alla nascita di realtà come questa. In attesa dei primi vini che usciranno da questa nuova cantina gli assaggi da botte promettono molto bene e l’obiettivo enologico è chiaro: qualità senza compromessi. A testimonianza di quanto Edoardo Ceri non abbia lasciato nulla al caso ci sono le eccellenti dotazioni di cui ha dotato la nuovissima cantina che, sono certo, gli permetteranno, unitamente all’accorta gestione agronomica delle varie parcelle dei suoi vigneti, di produrre vini in grado di destare l’interesse di molti appassionati e addetti ai lavori.

Fabrizio Pratesi Winery

fabrizio pratesi cantina vignaiolo carmignano

La storia della famiglia Pratesi è intrecciata a quella delle vigne e del vino di Carmignano da tempo ma è solo di recente che avviene il vero salto di qualità. Cambiamento che coincide con la scelta di Fabrizio di fare della propria passione per la vigna e il vino la sua vita. Oggi gestisce 8ha di vigna nel podere Lolocco (acquistato da Pietro Pratesi nel lontano 1875), con grande attenzione alla sostenibilità (bio) e con l’obiettivo primario di portare in un cantina uve sane e con il perfetto grado di un maturazione atte a produrre vini di qualità, portatori di un forte identità territoriale. Una linea di vini molto coerente nella mano e nell’attitudine a coniugare buona struttura a grande bevibilità. Ottimo il Circo Rosso Carmignano riserva 2018: fiero, tonico e slanciato e saporito. Con tannini ancora in divenire. Un vignaiolo caparbio e dalle idee molto chiare che sta contribuendo, annata dopo annata, alla crescita dell’intero territorio anche grazie alla presidenza del Consorzio.

Fattoria Le Ginestre

fattoria le ginestre vin santo carmignano

Carmignano non è solo una dei più antichi areali di produzione circoscritti e riconosciuti al mondo; è anche uno dei luoghi del vino più densi di storia e di bellezza che il nostro paese possa offrire a chi, oltre che di vini, ha sete di storia e di bellezza. Una delle più nitide conferme è la Fattoria Le Ginestre, antica fattoria granducale, che ha visto avvicendarsi alcune delle più importanti famiglie fiorentine, prima fra tutti quella dei Medici. Dal 1874 è di proprietà della famiglia Landini che dopo varie vicissitudini ha ricominciato a produrre vino dai propri 6ha di vigna nell’areale della DOCG Carmignano. A breve torneranno in commercio anche i Rossi ma per ora ciò che caratterizza fortemente questa piccola grande realtà, oltre alla passione e alla dedizione di Andrea Landini che la conduce, è il Vin Santo di Carmignano, pregno di tradizione, pazienza ed equilibrio. Vini degni di questo pezzo di storia toscana.

Tenuta Le Farnete – Pierazzuoli

le farnete cantina carmignano pierazzuoli

Tenuta Le Farnete è la realtà carmignanese della famiglia Pierazzuoli (l’altra è la Tenuta Cantagallo dall’altra parte del Monte Albano, dove si produce l’omonimo Chianti). 7ha più altri 5ha che entreranno in produzione nei prossimi anni e un approccio che combina tecnica e tecnologia ai principi della tradizione e del rispetto dell’identità territoriale. Il Sangiovese viene affinato in botte grande, mentre i varietali internazionali, complementari, si elevano in legni più piccoli. Fresco, slanciato e sapido il Carmignano 2019; fiero, materico ed ematico il Carmignano Riserva 2018. Una famiglia che crede molto in queste areale e che apporta al confronto territoriale una visione più ampia fondamentale per la crescita della denominazione.

Tenuta Castelvecchio

castelvecchio cantina carmignano

Una realtà piccola ma ben strutturata, guidata da Romina Pinori, che con passione porta avanti l’ormai ultra-trentennale scommessa vitivinicola della sua famiglia. L’azienda dispone di ca. 10ha di vigna per una produzione di ca. 40mila bottiglie fra Rosato “Vin Ruspo”, Barco Reale e Carmignano. Castelvecchio nella moderna ma ben contestualizzata struttura si alternano con grande armonia consapevolezza tecnica odierna e saggezza tradizionale. Tutto è coordinato con attenzione e dedizione dalla vendemmia all’invecchiamento, nel pieno rispetto degli equilibri della natura. Uve selezionate dai soli vigneti di proprietà gestiti con grande attenzione alla sostenibilità danno vita a mosti vinificati con tecnologie moderne e affinati in selezionate botti grandi e piccole in base alle esigenze delle singole varietà e delle singole masse di vino. Un approccio attento dalla vigna alla cantina, che si traduce in vini dalla forte personalità, che ricordano dei Carmignano d’altri tempi. Vini che coniugano fare artigiano alla visione prospettica di chi non è schiavo di preconcetti e mode passeggere.

Tenuta di Artimino

Quando si parla di Carmignano non si può non parlare di Artimino, della sua Villa Medicea La Ferdinanda (Patrimonio UNESCO) e, ovviamente, dei vini di una delle cantine che hanno fatto la storia di questo territorio. Per quanto riguarda questa tenuta, che consta di un parco vigne molto importante, sono diverse le proprietà che si sono avvicendate negli anni ma sono gli eredi dell’indimenticato ciclista e imprenditore Giuseppe Olmo a dare nuova vita e nuovo lustro alle strutture ricettive e alla produzione vitivinicola. Oggi c’è Annabella Pascale, nipote di “Gepin” ha dirigere la Tenuta di Artimino manifestando lungimiranza e rinnovata consapevolezza. È palese che, nonostante la sua storia che affonda le radici nell’epoca etrusca, Artimino è una realtà in continuo divenire, in cui si cerca di coniugare ricettività e produzione vitivinicola in maniera armonica e rispettosa. La Riserva Grumarello è un esempio di quanto una realtà come questa possa esprimere piccole tirature d’eccellenza senza necessariamente cedere a mere dinamiche commerciali. Mi piace vedere proprio il Grumarello (di cui ho avuto modo di assaggiare una 1999 slanciata, ancora decisamente tannica e per nulla sovrastrutturata, che ben racconta quanto questa etichetta non abbia mai creduto a compromessi) come un punto di partenza per innalzare ancora di più la percezione di vini carichi di storia, che possono contare su un pattern di vigne dall’indubbia vocazione. Ad Artimino va riconosciuta anche la paternità dell’unica espressione locale del Vin Santo Occhio di Pernice.

Tenuta di Capezzana

Per raccontare la storia di Capezzana non basterebbe un intero tomo e di certo cercare di sintetizzarne anche solo le tappe in un post risulterebbe riduttivo. Di certo c’è che la storia di questa tenuta è intrecciata a quella del vino e dell’olio di qualità da almeno 1200 anni e che è principalmente grazie alla famiglia Contini Bonaccossi e, in particolare, all’indimenticato Vittorio Contini Bonaccossi che la più piccola DOCG toscana oggi può vantare un seguito importante a Capezzana e nelle realtà che ne hanno seguito l’esempio. Una storia fatta del giusto connubio di concretezza e visione, tradizione e propositività che vede Capezzana cercare di implementare di anno in anno la percezione della propria realtà e dei propri vini senza mai considerarsi arrivata. Merito delle nuove generazioni che oggi dirigono l’azienda dividendosi i compiti in maniera equa e opportuna: Beatrice si occupa dell’ambito commerciale, affiancata dalla sorella Benedetta, vera e propria winemaker della cantina (con un palese amore per il Vin Santo che custodisce nella Vinsantaia di famiglia con grande cura e attenzione traendone uno dei riferimenti assoluti della tipologia), e dal fratello Filippo responsabile della produzione di olio e della parte finanziaria. Poi c’è la quinta generazione rappresentata da Serena, responsabile dell’ospitalità, e Gaddo, responsabile delle campagne. Durante la mia ultima visita ho avuto modo di approfondire la conoscenza di tutti i componenti dell’azienda e ho trovato una famiglia coesa e orgogliosa della propria storia ma mai doma quando si tratta di guardare avanti. La sfida della conversione in biologico di tutta l’azienda agricola ne è la dimostrazione. Attingere a un parco vigne di tale sfaccettatura pedologica e microclimatica permette a Capezzana di produrre vini distinti e distintivi, capaci di stupire per equilibrio ed eleganza seppur proiettati verso ancor più importanti evoluzioni in vetro. La longevità dimostrata dalla 1931 (opportunamente ritappata e ricolmata due volte in 91 anni) è disarmante e, seppur sia difficile pensare che i vini di oggi potranno mai vantare tale tenuta (non lo reputo neanche così necessario), c’è una linea di coerenza che corre di annata in annata nei vini di Capezzana, che trascende l’apporto di consulenti o familiari che si sono avvicendati in vigna e in cantina. Molto aderente al territorio il Villa Capezzano 2018 che nella sua versione “10 anni”, ergo 2012, funge da benchmark per comprendere il potenziale di longevità dei vini di Carmignano, capaci di acquisire complessità ed eleganza senza perdere in nerbo e profondità.

Lo stato dell’arte della denominazione e il futuro di Carmignano

Alla luce delle visite fatte, delle perlustrazioni in cantina, dei confronti agronomici ed enologici con tecnici, vignaioli e produttori e, ovviamente, dei vini assaggiati posso asserire, senza tema di smentita, che il potenziale di Carmignano si sta già esprimendo dalla vigna al bicchiere con una media qualitativa alta e dei picchi di grande interesse. La coesione delle aziende che ho riunito in questo tour fa ben sperare per il futuro. Ora è giunto il momento di trarre spunto dalla storia medicea non per adagiarsi sugli allori o per rimembrare date, documenti e testimonianze dell’epoca, bensì per attuare un vero e proprio “Rinascimento” territoriale, capace di tradurre quel giusto “blend” di saggezza tradizionale e consapevolezza odierna in uno slancio netto e determinato.

Ciò che potrà fare la differenza nelle annate a venire è proprio una rinnovata consapevolezza unita a quel pizzico di fiducia in più in un territorio che a prescindere dalla sua storia vanta caratteristiche e condizioni che possono permettere alle realtà vitivinicole locali di portare in bottiglia vini d’eccellenza in linea con il gusto contemporaneo, inserendosi con sicurezza fra le zone a trazione Sangiovese e quelle più orientate alle espressioni in stile “bordolese”. Questo lo si può fare solo bypassando il mero concetto varietale, focalizzandosi sull’identità territoriale diffusa e su quei comuni denominatori che possono rendere riconoscibili e riconducibili a Carmignano i vini prodotti, preservando ed enfatizzando la cifra stilistica di ognuno e la singolarità di ideali “cru” vinificati come quelle “selezioni” che oggi mancano a molte delle realtà che insistono sul territorio. Sono certo che innalzando l’asticella Carmignano avrà l’attenzione e i riscontri che merita. Per ora non posso che consigliarvi di confrontarvi con le referenze di ogni azienda per comprendere lo stato dell’arte della denominazione e di visitare l’areale godendo della bellezza di un contesto dall’integrità e dalla biodiversità (che vanno preservate orientandosi sempre di più alla sostenibilità, come già molte realtà carmignanesi hanno fatto o stanno facendo) uniche e ricercando i fili conduttori dell’equilibrio fra freschezza e materia, della particolare a sfaccettata tessitura tannica e minerale, della prospettica eleganza che rendono Carmignano uno degli areali più interessanti di Toscana e non solo.

F.S.R.

#WineIsSharing

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