Dacché ho iniziato a dedicare la mia vita al vino ho cercato di dare equo spazio alla moltitudine di territori vitivinicoli che il nostro paese offre ma, ahimè, non sono riuscito a dedicare la stessa attenzione a ognuno di essi. Uno degli areali che negli ultimi anni non ho potuto approfondire quanto avrei voluto, toccandolo solo in poche occasioni e assaggiando i vini ivi prodotti sin troppo lontano dal luogo della loro genesi, è quello delle Colline Teramane. Ecco perché ho colto con grande entusiasmo e rinnovata curiosità l’invito a partecipare all’Anteprima dei vini delle Colline Teramane organizzata dal consorzio di produttori dell’importante territorio vitivinicolo abruzzese.

Un’occasione per degustare una selezione di referenze non ancora in commercio, per testare il potenziale di longevità dei vini locali attraverso verticali storiche e, soprattutto, per visitare alcune delle realtà di riferimento per la zona.
Una zona che abbraccia l’intera collina litoranea ed interna della provincia di Teramo, caratterizzata, a est, da ampie colline che degradano verso il mare Adriatico e a nord-ovest dalla presenza imponente del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Questa orografia favorisce una buona ventilazione che, assieme alla natura argillo-limosa dei terreni – costituiti da depositi plio-pleistocenici -, alla piovosità ben distribuita durante l’anno, al clima temperato e alle notevoli escursioni termiche tra giorno e notte – favorite dalla vicinanza dell’appennino -, assicura al Montepulciano condizioni ottimali per vegetare in salubrità, con accumuli importanti di sostanze aromatiche nei grappoli, che si traducono in grande qualità e tipicità nel calice.
Le colline teramane sono inoltre caratterizzate da una configurazione idrografica particolare, con quattro valli rigate da altrettanti fiumi – Vomano, Tordino, Salinello, Vibrata – che garantiscono una riserva idrica ottimale per far fronte agli esiti del global warming. L’aver trovato vigneti inerbiti e sovesci rigogliosi ne è la testimonianza lampante, in un’annata che vede intere regioni del centro-nord in preda a una grave siccità invernale.

Un contesto agricolo ordinato, curato e integro, in cui la biodiversità è una ricchezza preservata coscientemente dai produttori che per ¾ operano in regime Biologico, di Lotta integrata e/o di Biodinamica.
Per quanto concerne la base ampelografica, il protagonista è, ovviamente, il Montepulciano che rappresenta anche il varietale a chi fa riferimento la DOCG Colline Teramane (congiuntamente al piccolo saldo di Sangiovese concesso entro il 10%) molto più severo di quello del “generico” Montepulciano d’Abruzzo Doc.
Le rese, infatti, non possono essere superiori ai 95 ql. per ettaro (per il Montepulciano d’Abruzzo DOC sono 140); vige il divieto dell’allevamento a tendone per i nuovi impianti; la densità di viti per ettaro non deve essere inferiore a 3.300 ceppi; i produttori hanno l’obbligo di vinificare e imbottigliare i vini Colline Teramane Doc all’interno della zona di produzione; l’immissione sul mercato non avviene prima di 1 anno dalla vendemmia per la versione giovane e 3 anni per la riserva (a breve verrà inserita un’ulteriore tipologia denominata “Superiore”).
La denominazione Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg, si estende su una superficie totale di 172 ettari con una produzione annua di circa 400 mila bottiglie.
Il Consorzio valorizza e tutela altre due denominazioni: Controguerra DOC, che prevede al suo interno la presenza di alcuni vitigni internazionali e Colli Aprutini IGT.

Le aziende consorziate che hanno presentato i propri vini nella recente anteprima sono: Velenosi; Tenuta Terraviva; Nicodemi; Emidio Pepe; Barba; Fantini; De Angelis Corvi; Barone di Valforte; Fosso Corno, Cerulli Spinozzi; San Lorenzo; Monti; Contucci Ponno; Barone Cornacchia; Lepore; La Quercia; Faraone; Centorame; Strappelli; Podere Colle San Massimo; Montori; Mazzarosa.
Dato l’esito altalenante ma esaustivo in termini generali della degustazione (che contemplava 39 vini fra campioni da vasca/botte, espressioni cosìdette “giovani” e interpretazioni della futura versione “superiore” e della già disciplinata “riserva”) eviterò di proporvi la mia consueta selezione dei migliori assaggi in favore di una serie di considerazioni di più ampio respiro riguardo la denominazione.
Partendo dal presupposto che il Montepulciano è, di per sé, un vino divisivo a causa delle sue svariate interpretazioni dalla vigna alla bottiglia con un range espressivo e qualitativo molto ampio e, spesso, fuorviante, è proprio nella sua più schietta e diretta identità che risiede il suo potenziale ancora solo parzialmente espresso. Credo, infatti, che il varietale principe dell’Abruzzo tutto e delle Colline Teramane nello specifico possa vivere una nuova giovinezza puntando non solo sulle versioni più strutturate e mature, spesso sovraestratte ed eccessivamente affinate, ma anche e soprattutto sulle sue doti innate di freschezza e slancio, non temendone (ma domandone) la trama tannica e l’acidità. Doti, queste ultime, viste per troppo tempo come ostacoli da superare e difetti da correggere ma che, oggi, divengono valori aggiunti in grado di rendere il Montepulciano, se ben gestito in campo e ben compreso e interpretato in cantina, un’uva capace di rispondere meglio di quanto si creda agli esiti dei cambiamenti climatici in atto. Forse è proprio per questo che mi spaventa l’idea di ricondurre i picchi di qualità dei vini di queste terre a rese risicate, a grandi concentrazioni, estratti secchi imponenti e affinamenti in legni molto incidenti. Comprendo, altresì, che parte di questa concezione derivi da tempi in cui il Montepulciano era effettivamente un “cavallo imbizzarrito” difficile da domare, tanto che la gestione di fermentazioni, acidità e tannini rappresentava una vera e propria sfida per i produttori locali. Oggi, però, la consapevolezza tecnica è aumentata, le dotazioni di cantina sono state aggiornate e le mentalità si sono evolute tanto da poter vedere nell’anima più fresca, dinamica, agile e saporita del Montepulciano non solo la sua versione “giovane” ma anche la potenziale carta vincente in termini di contemporaneità ed espressività di un’identità varietale e territoriale che solo con mano garbata e fare rispettoso potrà essere realmente evidenziata in tutte le sue sfaccettature in termini di sottozone e ideali cru con le proprie singolarità pedologiche e microclimatiche. Interpretazioni che potrebbero ricadere nella categoria Superiore se la volontà dei produttori sarà quella di valorizzare questi fattori in favore di vini che parlino più di territorio che di cantina e che mostrino prontezza espressiva e al contempo grande potenziale di longevità, magari attendendo maggior tempo in bottiglia che in botte, prima dell’uscita sul mercato. Dubito fortemente (e alcuni vini degustati, purtroppo, lo hanno confermato) che i Montepulciano più concentrati e affinati possano invecchiare meglio di vini più armonici, tesi e dalla giusta dotazione tannica, di certo non esili o banali.
Sia chiaro… questo non significa bandire le versioni più affinate, strutturate e profonde del Montepulciano (alcune riserve presentate in anteprima erano decisamente complete, complesse e meritevoli di plauso), ma degustazioni come quella fatta in occasione dell’anteprima dei vini delle Colline Teramane permettono di comprendere da un lato lo stato dell’arte di un’intera denominazione e dall’altro la contestualizzazione degli stessi vini all’interno di un panorama nazionale e globale più ampio in relazione al gusto odierno non meramente commerciale, bensì dei palati più esigenti. Proprio per questo motivo ho molto apprezzato il confronto con alcuni produttori locali che ben comprendono quanto siano anacronistiche certe visioni e che, sono certo, saranno in grado di portare in bottiglia il frutto di vigneti dalla vocazione indubbia, innestati in paesaggi di grande bellezza. Una bellezza che confido verrà sempre più valorizzata attraverso una rete enoturistica che permetta agli appassionati di conoscere questo areale attraverso i vini delle numerose accoglienti cantine immersi fra i filari, la storia e la cultura locale.

Sono certo che quello che si prospetta per le Colline Teramane è un periodo di grande rilancio e di crescita costante che partirà proprio dall’aumento della consapevolezza dei propri virtuosi produttori nei propri mezzi e nelle potenzialità del Montepulciano e degli altri varietali tipici del territorio. Per elevare la percezione dell’areale e della denominazione, ovviamente, sarà fondamentale lavorare anche sul posizionamento in maniera lungimirante e coesa, vendendo in ipotetiche “selezioni” e/o “cru” dei veicoli per la valorizzazione di un territorio che può raggiungere picchi espressivi ancora solo parzialmente esplorati e solo da poche “coraggiose” e acute realtà.
Io, da par mio, tornerò di anno in anno in questo areale con la speranza di trovare terreno sempre più fertile per un dialogo costruttivo e per un confronto che confermi le mie grandi speranza nei riguardi dei vini delle Colline Teramane.
Concludo con un plauso e un ringraziamento sinceri a tutta la macchina organizzativa e ai sommelier che si sono occupati del servizio in degustazione. Non è semplice organizzare eventi in questo particolare momento storico e ancor più complesso è farlo quando quando si rappresenta una piccola denominazione. Bravi davvero!
F.S.R.
#WineIsSharing
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.