Intervista a Cristian Brancaleoni, Sommelier e wine director del ristorante stellato Del Cambio di Torino (e non solo), che ha conseguito riconoscimenti e successo professionale con grande umiltà e dedizione, partendo dalla vera e sempre più rara gavetta.
In questo wine blog sono solito parlare di vigna, di vino, di cantine e di vini, nonché di tematiche che considerò importanti nell’analisi della realtà enoica italiana odierna, ma almeno un paio di volte l’anno apro le porte a chi si occupa di far sì che i vini dei vignaioli e dei produttori di cui parlo finisca nei calici di importanti ristoranti, gratificando attraverso la selezione e il servizio il loro lavoro. Parlo, ovviamente, dei Sommelier, selezionatori, esecutori e finalizzatori fondamentali nella filiera del vino, attraverso il loro contributo nel far vivere ai commensali esperienze complete ed emozionanti nei più importanti ristoranti italiani e non solo.
Il graditissimo ospite di oggi è Cristian Brancaleoni, un professionista che stimo particolarmente per l’approccio e l’attitudine, per la precisione e la passione, nonché per essere partito dalla gavetta (purtroppo cosa sempre più rara) e aver raggiunto ruoli di grande rilevanza.

Nato ad Alessandria il 02/01/1989, cresciuto a Valenza (AL), inizia a 18 anni le mie prime esperienze lavorative in Costa Azzurra dove ricopro tutte le posizioni in ambito ristorativo, dal lavapiatti al fare le pizze, dal barman allo chef de rang fino a diventare direttore di un wine bar. Rientra in Italia nel 2018 anno in cui, dopo una stagione al ristorante La Gallina a Gavi, arrivo a Del Cambio a Torino, dove oggi ricopro il ruolo di wine director del ristorante Del Cambio*, del bistrot/pasticceria Farmacia Del Cambio e dell’american bar Bar Cavour.
Tra i vari riconoscimenti conseguiti da Cristian, segnalo quello vinto nel maggio 2022 Cristian, a Monza, ovvero il premio come Miglior Sommelier d’Italia 2022 nel concorso nazionale organizzato da ASPI (Associazione della Sommellerie Professionale Italiana).
–Sommelier di nasce o si diventa?
Sommelier si diventa, e non dopo aver frequentato uno o più corsi, bensì dopo anni di lavoro, studio, esperienza ed errori. Penso invece che si nasca con una predisposizione all’ospitalità, all’accoglienza, al regalare emozioni.
–Qual è il ruolo del sommelier all’interno di un “fine dining” e quanto è importante il vino nelle dinamiche esperienziali ed economiche di un ristorante?
Chi non lavora nel settore vede spesso la figura del sommelier come un personaggio snob, che rotea calici, che annusa e sorseggia vino ecc ecc… La realtà è che dietro le quinte il sommelier ha cantine da mantenere in ordine, bancali di vino da smontare e sistemare in maniera precisa e studiata sugli scaffali, giornate intere di inventari, agenti e produttori da incontrare e, nei pochi momenti che riesce a ritagliarsi, può dedicarsi ad assaggi e training con il team.
All’interno di un fine dining ci si ritrova spesso davanti ad ospiti con elevate conoscenze enogastronomiche il che porta tutto il team ad avere una preparazione elevata, aggiornata e con standard qualitativi elevatissimi. Le dinamiche esperienziali legate al vino possono essere molteplici, dal grande appassionato di vino che desidera godersi una grande (non obbligatoriamente legata al prezzo) bottiglia al neofita che invece si lascia trasportare in un percorso di wine pairing dove può trovare divertimento, scoperta, apprendimento. A mio avviso la parte beverage ( non mi limito solo al vino ma anche drinks analcolici, cocktails, sakè, tè, birre) ha un impatto decisamente importante nell’esperienza finale dell’ospite.
Per quanto riguarda le dinamiche economiche il vino impatta molto su quelli che sono i ricavi di un ristorante, è probabilmente il mezzo migliore per guadagnare. Deve esserci una pianificazione di acquisti-gestione-vendita fatta su misura ad ogni realtà ristorativa e soprattutto deve essere fatta da persone competenti, esperte e con conoscenza dettagliata e aggiornata sul mercato del vino. E’ facile altrimenti ritrovarsi ad aver fatto investimenti sbagliati, ad avere una cantina piena e statica, e a fine mese avere ricavi minori di quelli che ci si aspettava.
-Come vedi la “crisi del personale” della ristorazione, in Italia (e non solo)? Nel vostro ristorante com’è la situazione?
La situazione attuale non è delle più rosee. Trovo che un settore come la ristorazione, il turismo enogatronomico che porta in Italia miliardi di euro ogni anno debba essere salvaguardato, sia per il lavoratore sia per il datore di lavoro. Il ristorante necessita di tante ore lavorative, devono esserci degli incentivi per far si che i dipendenti riescano a lavorare in un contesto piacevole ma allo stesso tempo deve essere anche economicamente sostenibile per il datore di lavoro.
Bisogna mantenere viva la passione per l’ospitalità, cosa che negli ultimi anni si sta decisamente perdendo.
- Corsi, scuole, istituti ecc… quanto credi sia importante un’adeguata formazione per un Sommelier che miri a lavorare nell’alta ristorazione?
Io tengo alcune lezioni in corsi per diventare sommelier, quindi ti posso parlare per esperienze dirette. La formazione è molto importante. Banalmente le “materie” da studiare sono le stesse da corso a corso, da associazione ad associazione, la cosa importante è restare aggiornati con il mondo attuale, non con i modelli anni ’80.
Quello che trovo invece fondamentale è trasmettere i valori che dovrebbe avere la figura del sommelier, la consapevolezza che un corso non ti può trasformare in un sommelier pronto per lavorare in una realtà ristorativa, ti da le basi e ti aiuta a comprenderle e ad assimilarle, ma poi è tramite la classica “gavetta” che è la formazione che mai troverai sui libri che si diventa veramente sommelier.
Purtroppo vedo ancora troppe spille, divise e pendagli con sotto poca sostanza, per i nuovi giovani aspiranti sono modelli poco rappresentativi.

-Abbiamo condiviso assaggi e alcuni tour territoriali, fattori fondamentali – per me – ai fini di un’adeguata conoscenza delle dinamiche di un areale, dei suoi vini e delle sue realtà produttive. Col tuo lavoro riesci a dedicare tempo ai viaggi enoici? Quanto contano per te e quali hanno segnato la tua vita di sommelier?
Nel nostro lavoro viaggiare è fondamentale per restare aggiornati o semplicemente apprendere cose nuove. Come ho detto prima, la ristorazione richiede molte ore, quindi non sempre si ha il tempo necessario per poter viaggiare come si vorrebbe. Io però dico sempre che se una cosa si vuole, un modo lo si trova sempre.
Ogni viaggio per me è importante e fondamentale, respiri il territorio, la storia, le persone, è il miglior modo per apprendere e per poi raccontare quello che troviamo nel calice.
Probabilmente il mio primo tour nelle Langhe da curioso è quello che mi ha fatto scattare la scintilla e la passione per questo mondo.
-La tua passione per la sala e per il vino è stata sempre costante o ci sono state dei momenti in cui hai pensato di mollare tutto per dedicarti ad altro?
Come in ogni lavoro, immagino, capitano momenti negativi che ti portano a pensare di mollare tutto, ma se ami il tuo lavoro, se il tuo lavoro è la tua passione difficilmente potrai lasciarlo.
Impossibile vedere una mia futura realtà lavorativa non collegata al vino.
–Un consiglio per chi vorrebbe approcciare questo mestiere?
Curiosità ed umiltà, bisogna essere curiosi, voler apprendere, voler capire, e bisogna essere umili nel capire che non si sa mai abbastanza, che c’è sempre qualcosa da imparare e che non si è mai arrivati.
Ringrazio Cristiano per la disponibilità e l’acume dimostrati in ogni sua risposta, nella speranza che questo scambio di battute possa servire ai giovani sommelier e ai futuri sommelier per comprendere i valori dietro al successo di professionisti come Cristian e la dedizione che occorre per eccellere in questo lavoro.
F.S.R.
#WineIsSharing
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