Orange Wines, Vini macerati sulle bucce, bianchi vinificati in rosso… c’è differenza?

Ultimamente si sente sempre più
parlare di
Orange Wines, ma non tutti i winelovers ne conoscono
davvero la natura, anche se non c’è poi nulla di così complesso nel
descriverli.
C’è chi dice che i primi siano stati i
romani, chi pensa che i georgiani con i loro Kvevri siano ancora la
culla degli
Vini arancioni (in Georgia più comunemente chiamati Amber Wines piuttosto che Orange Wines), ma in realtà di certo c’è solo che gli
Orange Wines non siano altro che Vini da uve bianche vinificati in
rosso,
ovvero macerati sulle bucce. Per quanto? Beh… prendendo in
prestito un termine ricorrente nei post delle mie colleghe
foodbloggers… Q.B.! (Ovviamente il quanto basta è a completa
discrezione del produttore, spesso condizionato dalla propria indole,
personalità, filosofia e del proprio enopensiero).

In effetti ne ho sentite di tutti i
colori, o meglio, il colore era sempre l’arancio in tutte le sue sfumature, nuances, declinazioni, ma c’è chi mi ha chiesto se fossero fatti con un blend di uve rosse e bianche, chi
sosteneva fossero dei rosati invecchiati e ossidati… l’unghia dei rossi che
tende all’aranciato con l’invecchiamento deve aver tratto qualcuno in
inganno… c’è chi pensava fossero vini fatti con coloranti
naturali o addirittura industriali.
Aspe’… dimenticavo la freddura di un caro amico che al Live Wine di Milano mi disse “Questi Vini sono Fanta-smagorici”… ehm… va beh… lo so, frequento brutta gente!!!
Le differenze con un bianco “classico”,
vinificato in bianco
? Le bucce rilasceranno polifenoli (tannino ed in
particolare antociani che conferiranno il particolare colore al
Vino), il Vino reggerà abbinamenti più “tosti”, spesso
appannaggio dei solo Rossi (carni rosse, cibi salati, formaggi
stagionati fra tutti).
Sono considerati, da alcuni, Vini molto
difficili, dagli amanti del genere “quei Vini che una volta
assaggiati bevi solo quelli”,
ma opinioni soggettive a parte, è
palese che vantino uno spettro olfattivo e gustativo davvero
notevole.

Dal più fresco a quello più
“pesante”, quasi carnoso, fino a quello che ricorda il sidro o
addirittura una birra artigianale a corto di CO2, in alcune versioni
con una parte di uve da vendemmia tardiva si ritroveranno aromi e
ricordi gustativi tipici dei passiti, come l’albicocca candita, la pesca
sciroppata, il miele, lo zafferano ed in molti altri si strizza
l’occhio ai Riesling con note minerali, sulfuree, di idrocarburi,
pietra focaia, fumo (attenti a non confondere alcune note con il
premox… il confine è molto sottile e labile), ce n’è persino
qualcuno che si distingue per piccantezza della spezia, quasi di zenzero e pepe
bianco.
Insomma… provarli vi catapulterà in
un mondo nuovo, anzi una terza, o meglio, quarta dimensione del
Vino
, soprattutto se siete abituati ai “soli” Rossi, Bianchi e
Rosati. Astenersi detrattori aprioristici delle acidità volatili, come dire… percepibili! 😉

Tra i miei Orange Wine “preferiti” mi
viene così al volo da citare:
  • Ribolla Anfora – Gravner:
    “la tartaruga di Esopo”
  • Chiarofiore – Tunia: “genio
    e… regolatezza!”
  • Vitovska – Zidarich: “un bacio a
    labbra salate”
  • Quartara – Lunarossa: “il tramonto
    infuocato, scosso da una fresca brezza marina”;
  • MonteRé – Vigne dei Boschi: “l’Arte
    di saper ascoltare ciò che la Natura ha da dire”
    (anche se in questo caso abbiamo
    annate con vinificazioni in bianco ed altre con macerazione più
    barrique);
  • Menis – Vigne di San Lorenzo: “Semplicemente complesso”;
  • Loup Garou – Stefano Legnani: “una
    signorina davvero di carattere”;
  • Terra dei Preti – Collecapretta:“l’esempio!”;
  • Stella Flora – Maria Pia Castelli: “la poesia che non tiene conto della sola metrica, ma soprattutto della naturale voglia di esprimere… e di esprimersi”;
  • Dinavolo – Denavolo: “Un Vino per pochi?!? Non credo proprio!”
  • Anatraso – Carlo Tanganelli: “Quando l’arancio sfocia nell’oro e diventa un tesoro”.
  • Bianco – La Maliosa: “Equilibrio naturale… Maremma che bono!”
  • Somaio – Croce di Febo: “Orange is the new white!”
N.B.: Ovviamente ce ne sarebbero molti altri da elencare, ma ho scelto questi per fare un ampio spettro di ciò che i Vini Macerati possano essere e possano esprimere.


C’è davvero un po’ di tutto, da quello
affinato in acciaio, a quello in anfora, fino a quello in legno
piccolo… c’è quello più pronto e quello che stupisce per
longevità, ma ad accomunarli tutti c’è una grande pulizia,
nonostante, sin troppo spesso, questo genere di Vino sia abbinato
erroneamente a fantomatiche “puzze e puzzette”.
Ci tengo a precisare che tecnicamente non tutti i “macerati”  possono rientrare a pieno nella categoria ideale degli Orange Wine, in particolare per via della durata delle macerazione (ho omesso dalla lista due ottimi Vini con brevi macerazioni come il Fiero Bianco di Margó e l’Aorivola di Cacciagalli proprio per questo), ma a prescindere dai nomi, dalle categorie, dalle diatribe “naturale o meno naturale”e quindi dalle modalità tecniche di vinificazione, io non ho remore nel dire che i macerati in genere in Italia stanno dando davvero ottimi risultati e che siano vini da tenere in grande considerazione, cosa che, in tutta onestà, vedo stanno facendo in molti durante degustazioni anche di un certo livello e ne sono molto lieto.

F.S.R.
#WineIsSharing

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