L’anteprima è stata sicuramente una bella palestra di assaggi ed un riferimento importante per quello che è il Brunello di Montalcino oggi e quel che sarà ed a prescindere da classifiche di gradimento o punteggi, ciò che vorrei condividere con voi sono alcune considerazioni che esprimano le sensazioni provate in questi 4 giorni:
Le stelle: faccio questa premessa, in quanto sarà utile nel considerare alcuni dei seguenti punti. Le stelle assegnate ad ogni annata sono un paradosso, ormai lo sappiamo tutti e sembra sempre di più una valutazione prettamente metereologica, ma se lette con cognizione di causa se ne comprende l’importanza in termini di comunicazione e commerciali. Montalcino, per farla semplice, già solo nei suoi due versanti manifesta quasi ogni anno condizioni climatiche differenti, vanta terreni che anche all’interno della stessa azienda cambiano conformazione in modo importante, ci sono impianti molto vecchi e vigneti nuovi (questo vale per ogni “città del vino”) e soprattutto interpretazioni completamente differenti di ciò che il Vino potrebbe essere, è e sarà, quindi dall’approccio in vigna, passando per la cantina, fino alla bottiglia. Fermo restando che sarebbe improponibile assegnare stelle applicando i criteri della zonazione (anche se sarebbe più rispettoso e coerente con la realtà), non mi è sembrata affatto malvagia l’idea di riconsiderare l’annata a pochi giorni dall’immissione sul mercato e quindi quando il Vino sia considerato “pronto” per essere nei nostri calici, a prescindere dal fatto che il Brunello sia un Vino da lungo invecchiamento e che quindi la sua “prontezza” sarà sempre relativa. Comunque mettiamoci il cuore in pace, le cose stanno così e poco male se si sa poi avere un proprio metro di giudizio e non ci si fa condizionare dalle valutazioni aprioristiche e generalizzate.
L’annata 2011: sicuramente un’annata che ad oggi merita la manica larga che si pensava fosse stata applicata ai tempi della valutazione. Dopo oltre 120 assaggi è emersa una qualità media davvero alta, che supera le aspettative. Dopo una 2010 iper-celebrata come annata degli ultimi decenni, mi aspettavo tante delusioni, che invece non sono arrivate di certo per colpa dell’annata, anzi, non sono mancate piacevolissime sorprese.
La Riserva 2010: grande annata, grandi Vini? Non è detto! E’ proprio qui che casca l’asino… annata osannata, menzione Riserva che ne attesti la volontà del produttore di esprimere in maniera ancor più convinta la sua fiducia nelle uve portate in cantina e nella sua interpretazione del Vino atto a divenire eppure, tante tante delusioni, di certo non causate dalla materia prima, che c’era e c’è ancora in bottiglia, ma in alcuni casi è difficile da scorgere dietro l’eccesso di zelo. Zelo che sta il poco comprensibile (anche in termini tecnici) passaggio in legno piccolo dopo la botte grande, che sta nella se voglia o necessità decidete voi, di uscire già con un Vino pronto a tal punto dall’esserlo anche troppo, per usare un eufemismo, in almeno un paio di casi. Problemi seri con ossidazione e stanchezza, che riducono molto le mie aspettative nei confronti di molti BIG, ma non tutto il male viene per nuocere, tant’è che queste delusioni mi hanno spinto a voler assaggiare davvero tutte le Riserve possibili con tante sorprese, in particolare dai piccoli.
Il Rosso 2014: annata del piffero, passatemi il termine, per non utilizzare esasperazioni catastrofiche da fine del mondo, ma sta di fatto che di certo ci ricorderemo tutto del 2014 come un’annata a dir poco difficile. Cosa accade quando un grande Vino non può essere grande quanto si vorrebbe? Beh, semplice, ne guadagna il suo pargoletto, che in alcuni casi non solo stupisce per la qualità delle uve (che da molti in altre annate sarebbero state dedicate al Brunello), bensì assume connotazioni di grande rilevanza, laddòve si tratti questo Vino quasi come fosse Brunello, in primis in termini di affinamento, utilizzando botte grande. In generale molto puliti, di grande freschezza ed in grado di offrire un’espressività del terroir molto identificativa, di Cantina in Cantina, ancor più del Brunello, che risulta in media dalle più sottili differenze tra l’una e l’altra realtà, per ovvi motivi. Se il costo di questo Vino sia spesso sottovalutato, non lo farei con l’annata in questione, che invece merita considerazione.
Le Selezioni: ancora non siamo pronti al concetto di Cru francese, ma Montalcino è sicuramente il luogo dove la singola vigna potrebbe esprimere peculiarità più marcate. Sono rari gli assaggi in cui la singola vigna sia stata interpretata al meglio e messa nelle condizioni di esprimersi al meglio, ma in quei casi si è raggiunta l’eccellenza ed il gioco è valso la candela. Spesso, però, manca identità e non vi sono motivazioni valide per fare una o addirittura due ulteriori etichette solo perché si tratti di un singolo vigneto. Il concetto è più che apprezzabile ed è ciò che confidiamo tutti si arriverà presto a fare non solo a Montalcino, ma nell’Italia tutta, ma attualmente sono troppi i casi in cui non ci siano una effettiva e riconoscibile identità e corrispondenza in queste referenze. Detto questo, sono certo che la base ci sia e che si
L’etica: sono sempre di più le aziende che a Montalcino fanno Brunello con un rispetto pressoché totale e totalitario in vigna, a prescindere dalla certificazioni. Molte le aziende bio, moltissime quelle in conversione, quasi tutte comunque consapevoli e rispettose, con alcuni apici dati da conduzione rigorosamente naturale dalla vigna alla cantina, con la differenza che qui non ci sono talebani ed anche quei produttori si guardano bene dall’utilizzare il loro approccio al Vino come “etichetta” o come sinonimo di appartenenza ad una nicchia. Semplicemente si fa il Vino nel modo in cui si crede si possa fare il prodotto migliore e questo grazie anche ad una sana e costruttiva competizione interna, che solo le grandi denominazioni hanno. Bellissimo vedere tanti produttori consigliare altre aziende con indicazioni precise e sincere e non vi nego che molti degli assaggi migliori mi siano stati consigliati proprio da amici produttori.
Delusione e conferme: c’è chi sale sù di un poggio e si gode un nuovo panorama ed una nuova prospettiva, c’è chi scende “di sotto”, ma senza farsi troppo male, per via del materasso che ne può attutire il colpo. Cosa più importante, nonché più difficile, è invece il riconfermarsi e le aziende che sono state capaci negli ultimi anni di trovare un fil rouge, anzi direi un filo rosso rubino, atto a garantire una riconoscibilità immediata ed una serie di connotazioni stilistiche d’identità, sono state davvero poche e credo che alcune di esse meritino una menzione:
Le Potazzine – ormai un riferimento per pulizia, finezza ed eleganza. Sempre in grado di suscitare in me grandi emozioni e di farlo con tanta classe quanta naturalezza. Anche con la 2011 questa Cantina è stata capace di raccogliere ed accogliere consensi trasversali, dall’esperto internazionale, all’operatore italiano, al neofita capitato grazie all’invito di un amico. L’equilibrio è ciò che mette tutti d’accordo, non c’è niente da fare!
Il Marroneto – una sicurezza, in ogni sua espressione. Questa realtà è incapace di deludere, ma non sembra voler arrestare il suo cammino verso il mito. Vini che hanno nel loro nucleo pulsante un raro connubio di pulizia ed identità. Sono tornato più volte a riassaggiare, portando amici e colleghi e di noia neanche l’ombra.
Salvioni: una famiglia che condiziona positivamente l’assaggio con il suo essere così… Salvioni Style! Sarei stato con loro e con i loro Vini per ore. A prescindere dall’aspetto umano, nel calice sempre grandi Vini e di sicuro nel Rosso un riferimento.
Sesti: dalle stelle alle stelle, permettetemi di parafrasare il vecchio adagio, per sintetizzare la lungimiranza dei Vini dell’azienda in questione. Davvero un esempio di stile ed armonia, senza il minimo accenno di eccesso.
Lisini, Le Ragnaie, Cupano, Capanna, Pietroso, Mastrojanni: tra i nomi che mettono d’accordo sia i winelovers che i produttori stessi. I loro banchi d’assaggio sono quelli più affollati e se tanto mi da tanto il binomio brand-qualità è ai massimi livelli per queste aziende.
Le sorprese: ci sono aziende che seguivo già da un po’, ma dalle quali non avevo grandissime pretese, non avendo uno storico tanto importante da poterle valutare in termini di continuità, ce ne sono altre che hanno cambiato gestione che ci tenevo a rivalutare ed altre ancora che non conoscevo affatto, ma sono sto ben lieto di incontrare sul mio cammino enoico. Di certo tra di queste ci sono le emozioni più inattese e quelle che mi hanno divertito di più. Ve ne menziono alcune:
Fattoria il Pino – libera e coerente espressione del terroir;
Podere Sanlorenzo – ormai sempre più vicino ai grandi con dedizione e passione. Più che una sorpresa una crescita continua;
Le Macioche – il nuovo che avanza in punta di piedi, ma con le idee molto chiare. Una scoperta!
Fattoi – il presente sarà il passato del futuro… quindi perché preoccuparsi di precorrere i tempi ad ogni costo? Quelli di casa Fattoi sono Vini d’esperienza!
Podere San Giacomo – l’armonia familiare, la semplicità di chi sa cosa fare. Bravi!
Ventolaio – la complessità che arriva a tutti, senza se e senza ma;
Cerbaia – tradizione 2.0, con eleganza e sicurezza;
Mocali – il senso della vite… vini che vibrano ad alte frequenze;
Albatreti – artigianato artistico… “in barba” a chi non l’ha capito!
Col di Lamo – volontà e passione con eleganza e femminilità. Nota di merito per la meravigliosa cantina “minimal-chic-ca” appena costruita;
Podere Le Ripi – al di là dei sogni con la nuova cantina aurea, al di là della biodinamica con il loro approccio, al di là delle aspettative con i loro grandi Vini;
Crocedimezzo – la capacità di incuriosire e di non disattendere le aspettative. Curioso di seguirli da qui in avanti.
Donatella Cinelli Colombini: idee in bottiglia! La selezione Prime Donne mi ha davvero stupito, tanto da esser tornato a riassaggiarlo più volte.
“Premio” della critica: Rudy Cosimi ed Il Poggiolo, storia di Vini “normali”, che diventano speciali. Il Bionasega è l’etichetta più paparazzata di Benvenuto Brunello, ma a prescindere dalla curiosità suscitata dal nome, il contenuto vale l’attenzione.
Le grandi del Vino che investono a Montalcino: “il Brunello è la Ferrari del Vino” dicono in molti e come dar loro torto? Ed insieme ad essa ed a Prada è uno dei tre brand del made in Italy più conosciuti e riconosciuti al mondo e come tale non possono mancare gli imprenditori ai quali questa terra faccia gola. C’è da fare un distinguo, però… ci sono imprenditori che vengono da altri mondi ed imprenditori che vivono di Vino da generazioni ed hanno, a Montalcino in particolare, la capacità di dare qualcosa al territorio (non sempre purtroppo, ma almeno in alcuni casi). Le due famiglie del Vino che mi hanno colpito per rispetto e coerenza stilistica espressa dai Vini sono Allegrini con San Polo e Tommasi con Casisano. Due grandi dell’Amarone che non vogliono fare il più grande Brunello di sempre, ma semplicemente rispettare il territorio, cercando una linea che non poteva in questi casi che divergere un po’ dalla tradizione. Premesso che da un piccolo produttore ilcinese mi aspetti sempre la massima attinenza alla tradizione, se pur con contemporaneità e senza anacronismo, da questi produttori preferisco coerenza con ciò che sono, piuttosto che un mero scimmiottamento di ciò che sono altri.
Da approfondire: Castello di Velona, ho in serbo una mini-verticale atta a comprendere al meglio il filo conduttore dell’azienda, che oltre ad essere una meraviglia per gli occhi, si è difesa più che bene con i suoi Vini.
Anteprima nell’anteprima: capita spesso che i produttori, gli amici, abbiano in serbo per me qualche chicca “extra”, ma non mi aspettavo di trovare al banco d’assaggio di Col d’Orcia un’anteprima che dovremo attendere ancora qualche mese per poterne stappare una bottiglia. Non vi svelo nulla, ma… stay tuned, ne vale la pena!
Concludo con un appunto sull’evento, che mi è piaciuto molto, se non fosse per alcune lacune relative alla gestione degli accrediti (questa storia che chi arriva prima vince non paga e la sala stampa nei primi due giorni è stata spesso poco gremita, quando si potevano concedere accessi ad importanti comunicatori che avrebbero potuto apportare ulteriore visibilità alle aziende coinvolte nonché all’evento stesso ed ancor più a Montalcino). Sarò impopolare, ma penso ai produttori ed ai litri di Vino versati negli ultimi due giorni… forse sarebbe il caso di valutare un ritocchino relativo agli inviti/ingressi, in favore dei media.
A parte questo, onore e merito al consorzio che ha comunque gestito tutto al meglio e buona fortuna al nuovo, giovane ed intraprendente direttore che sono certo colmerà ogni se pur piccola lacuna.
Un grazie a tutti gli amici, i followers del blog ed i produttori che hanno allietato le mie 4 giornate con altrettante chiacchiere enoiche. Wine is sharing e non sono mai stato felice di rispondere alla domanda “Che mi consigli?” come in questo caso. Il rischio di fare brutta figura era davvero limitato! :-p
Un consiglio ai produttori: sembrerà assurdo, ma sembra sia stato calcolato che si possa risparmiare fino al 70% dei Vino versato ad un evento di questo genere, con dei semplicissimi dosatori atti a mescere solo il quantitativo utile all’assaggio. Pensare che siano finiti nelle fogne litri e litri di Brunello non è che mi faccia dormire proprio bene!
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7 cuori meritati da Benvenuto Brunello e da tutti i produttori! |
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