La melodia dei vini di Giuseppe Russo della Cantina Girolamo Russo

Oggi vi racconterò una storia di quelle che scuotono gli animi e percuotono i sensi… è una storia intrisa di musica e di vino, di destino e di autodeterminazione.

Questa è la storia della Cantina Girolamo Russo, ma ancor prima quella di Giuseppe Russo, un vignaiolo capace di infondere la propria umanità nel vino ed attraverso di esso.

Prima di raccontarvi, in breve, la sua storia e di condividere con voi le mie impressioni riguardo gli assaggi che ho avuto modo di fare presso la sua cantina, vorrei invitarvi a fare, con me, una considerazione che riguardi musica e vino, e forse molte altre arti in grado di associare tecnica e creatività, ragione ed emozione, conscio ed inconscio in maniera così intensa.

cantina girolamo russo giuseppe russo

Credo che, come dieci, cento, mille pianisti possono seguire ed eseguire in maniera tecnicamente ineccepibile uno spartito, ci siano molti produttori ed enologi in grado di dar vita, da quello stesso vigneto, con quello stesso varietale e quegli stessi metodi e mezzi di vinificazione ed affinamento ad un vino che non presenti alcuna sporcatura, alcun difetto di sorta, alcuna deviazione organolettica. Eppure, cos’è che permette agli astanti di un concerto o a chi degusta o assaggia un determinato vino di apprezzare di più l’uno o l’altro pianista o l’uno o l’altro produttore di vino?

Mi piace penare che sia tutta una questione di interpretazione, di sensibilità e di personalità, tutti veicoli di emozione ed unicità. E’ proprio questo che rende unico un vino, seppur fatto sull’Etna, in terreni simili ad altri, con vitigni usati da altri e senza grandi differenze in termini tecnici se non quelle relative al rispetto ed alla consapevolezza di dover ascoltare l’uva e comprenderne le esigenze di annata in annata.

E’ questo ciò che ho percepito durante la mia visita in Cantina, vedendo il lavoro di squadra e l’amicizia fra Giuseppe Russo ed il suo enologo Emiliano Falsini. Un rapporto che va oltre il mero fare vino e fa, sin da subito, capire quanto l’interpretazione conti in questa realtà e quanto il rispetto attraversi ogni passaggio dalla vigna al bicchiere.

Perché questo parallelismo con la musica?! Perché Giuseppe Russo è un pianista, un umanista, una persona che ha vissuto il vino attraverso suo padre, ma che, probabilmente, mai avrebbe pensato di poter essere catapultato in questo mondo, così, senza un’apparente previa vocazione.

Fu il giorno in cui il papà di Giuseppe se ne andò, proprio mentre era in vigna, come in molti dei suoi giorni, che la musica cambiò e lo spartito divenne nero come i terreni vulcanici dei vigneti etnei e le note iniziarono a palesarsi come acini di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio. In quel momento Giuseppe lasciò la strada “vecchia” per quella “nuova” o forse viceversa, iniziando il suo cammino di vignaiolo e di produttore di quelli che oggi sono considerati tra i più grandi vini dell’Etna. 

La cantina Girolamo Russo si trova sul versante settentrionale dell’Etna e consta di tre principali appezzamenti, tra i 650 e i 780 metri sul livello del mare, allevati per lo più ad alberello con alcuni ceppi che non faccio fatica a credere arrivino molto vicini ai 100 anni.

La Cantina è una vera e propria “officina” artigiana, in cui non vi è spazio per il superfluo, ma c’è tutto ciò che occorra e concorra alla produzione di vini rispettosi e puliti.

Vini che ho avuto modo di assaggiare restando a dir poco sorpreso dal contrasto o forse dalla complementarietà che c’è fra il carattere umile, a tratti schivo, molto introverso ed introspettivo di Giuseppe e quella che è l’espressività del frutto del suo lavoro, una volta versata nel calice.

Parliamo di vini che sanno di Etna, impattanti e dotati di una personalità forte, intensa, in cui il territorio prende il sopravvento sia sul varietale che sulla vinificazione. Potenza ed eleganza, freschezza e profondità, fanno di tutti i vini di questa realtà delle perle rare, che come i più grandi componimenti trasformano il suono in armonica melodia.

Un percorso, quello di Giuseppe Russo, nato in un momento difficile, con non poche difficoltà, ma che rende ancor più grande i risultati ottenuti fino ad ora, in quanto a qualità dei vini prodotti, ma ancor più per la notorietà ottenuta da questa cantina, relativamente giovane, eppure pioniera nel credere nell’Etna come territorio dal potenziale pressoché infinito.

Etna Rosato DOC 2016 Girolamo Russo – un Rosato da Nerello Mascalese in purezza, che sembra un bianco, tanto scarico sia il suo colore, ma che al naso porta con sé note nitide del varietale. Basta poco, però, all’Etna per farsi sentire e per colorare il Nerello di tonalità mineralissime tra il vulcano ed il mare. Un fuoco freddo, un ghiaccio nero, come se l’acidità giocasse con la forza esplosiva del vulcano, cercando di mitigarne la prepotenza ed incanalandone solo e soltanto la bellezza, la freschezza, l’immutabile leggerezza di quelle rocce, di quel terreno. Tutto questo senza perdere struttura, senza lesinare profondità di beva ed emozioni. Un vino che si fa bere a tal punto da rendere difficile anche il solo pensiero di poterne lasciare qualcuna sopita in cantina, ma credo che il suo potenziale evolutivo sia talmente lapalissiano da valere il sacrificio momentaneo di qualche bottiglia da stappare di anno in anno, almeno per un lustro. Uno dei migliori rosati assaggiati quest’anno, senza tema di smentita.

San Lorenzo Etna Rosso DOC 2014  Girolamo Russo – Giuseppe Russo dispone oggi di tre “cru” che sull’Etna acquisiscono il nome di Contrade e nello specifico quelle di Feudo, Feudo di Mezzo e San Lorenzo. In ognuna di esse viene prodotto un Etna Rosso DOC, ognuno con peculiarità differenti ed una personalità ben delineata, uniti dal comun denominatore della forte identità etnea e della qualità.

Durante la mia degustazione, però, ho provato sensazioni talmente nitide e forti per il San Lorenzo, che ho deciso di condividere con voi le mie impressioni su quello che non necessariamente consideri o voglia far considerare il “migliore” dei vini di Giuseppe, ma che di certo, in quell’occasione, si sia dimostrato più in grado di strimpellare le mie corde gustative ed emozionali, o meglio… di suonare i tasti giusti, per restare in tema di pianoforte.

Partendo dalla premessa che, a differenza di quanto avvenuto nel Centro-Nord Italia, la 2014 in molte zone del Sud ed in particolare sull’Etna è stata una grandissima annata, io ho trovato il San Lorenzo fortemente espressivo, con note varietali abbracciate e rinfrescate da una balsamicità sorprendente, capace di ammaliare sin dal primo naso. Il sorso è figlio dell’altitudine dei suoi vigneti, con questa affilata vena acida a percorrere ogni sorso e con una struttura importante, ma mai eccessiva, ampio e profondo allo stesso tempo, quasi come entrando in bocca spalancasse una finestra e lasciasse entrare un vento carico delle sfaccettature più eleganti del vulcano. Anche in questo caso, come nel Rosato, è impressionante l’equilibrio che c’è fra l’impatto potente e deciso e la freschezza affusolata e fine. Uno di quei vini che non mi stancherei mai di bere.

Da segnalare anche il Nerina, l’Etna Doc Bianco, da uve Carricante in prevalenza, con un 30% di vitigni autoctoni quali Inzolia, Catarratto, Minnella, Grecanico e Coda di Volpe, anch’esso dotato di una forte mineralità olfattiva e di grande impatto al sorso, in cui il cerchio della struttura viene attraversato da una linea retta fresca e dal tratto fine, che culmina in una sapidità che inibisce la capacità di smettere di sorseggiarlo.

Un viaggio, quello in Sicilia e nello specifico sull’Etna, che continuerò a condividere con voi, parlandovi di altre realtà e di altri vini, ma che in questa cantina ha visto una centralità importante, in quanto a qualità umane ed enoiche.

F.S.R.

#WineIsSharing

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