Durante il mio ultimo giretto per
vigne, cantine e “frasche” in Friuli mi ero ripromesso di fare un
salto da un giovane produttore, un vignaiolo tanto contemporaneo
quanto rispettoso della tradizione. Avevo già avuto modo di
assaggiare i suoi vini in diverse occasioni ma, come mio solito,
confidavo di conoscere la sua realtà più da vicino prima di
condividerne le mie impressioni.
vigne, cantine e “frasche” in Friuli mi ero ripromesso di fare un
salto da un giovane produttore, un vignaiolo tanto contemporaneo
quanto rispettoso della tradizione. Avevo già avuto modo di
assaggiare i suoi vini in diverse occasioni ma, come mio solito,
confidavo di conoscere la sua realtà più da vicino prima di
condividerne le mie impressioni.
Parlo di Moreno Ferlat e della piccola
azienda a conduzione familiare Silvano Ferlat, fondata nel 1950 a
Cormons, nel Friuli Venezia Giulia orientale. I 6 ettari di vigneto,
a conduzione bio, ricadono nella D.O.C. Friuli Isonzo e non è stato
difficile comprendere quanta sia l’attenzione posta in vigna, durante
la, seppur rapida, perlustrazione in campo.
azienda a conduzione familiare Silvano Ferlat, fondata nel 1950 a
Cormons, nel Friuli Venezia Giulia orientale. I 6 ettari di vigneto,
a conduzione bio, ricadono nella D.O.C. Friuli Isonzo e non è stato
difficile comprendere quanta sia l’attenzione posta in vigna, durante
la, seppur rapida, perlustrazione in campo.
L’avevo già appurato con i miei
precedenti assaggi, ma parlando con Moreno ho avuto la conferma di
quella che è stata da sempre la volontà di suo padre e che ora è
ancor più la sua, ovvero la ricerca di un’espressione autentica ed
al contempo precisa e dalla spiccata personalità, che denoti tratti
distintivi riconoscibili e riconducibili a territorio e “mano”
del produttore. “Vini personali”, così li ha definiti Moreno
ed io trovo che sia una definizione più che opportuna, data
l’attenzione posta in vigna e la cura individuale che il giovane
enologo/vignaiolo riserva ad ogni micro vinificazione.
precedenti assaggi, ma parlando con Moreno ho avuto la conferma di
quella che è stata da sempre la volontà di suo padre e che ora è
ancor più la sua, ovvero la ricerca di un’espressione autentica ed
al contempo precisa e dalla spiccata personalità, che denoti tratti
distintivi riconoscibili e riconducibili a territorio e “mano”
del produttore. “Vini personali”, così li ha definiti Moreno
ed io trovo che sia una definizione più che opportuna, data
l’attenzione posta in vigna e la cura individuale che il giovane
enologo/vignaiolo riserva ad ogni micro vinificazione.
Parlare di vino con Moreno è sempre
piacevole per il semplice fatto che il ragazzo è padrone della
materia e consapevole di ciò che fa e di ciò che può fare nella
sua azienda, forte dell’esperienza maturata alla “corte” di
un’importantissima azienda friulana. Tra qualche assaggio da botte e
la consueta carrellata di assaggi delle varie referenze in bottiglia
le nostre chiacchiere enoiche virano verso uno ed un solo concetto,
un principio cardine tanto nella vita quanto nella vite e nel vino:
l’equilibrio.
piacevole per il semplice fatto che il ragazzo è padrone della
materia e consapevole di ciò che fa e di ciò che può fare nella
sua azienda, forte dell’esperienza maturata alla “corte” di
un’importantissima azienda friulana. Tra qualche assaggio da botte e
la consueta carrellata di assaggi delle varie referenze in bottiglia
le nostre chiacchiere enoiche virano verso uno ed un solo concetto,
un principio cardine tanto nella vita quanto nella vite e nel vino:
l’equilibrio.
Un equilibrio d’insieme delle piante
che Moreno e suo padre ricercano da sempre attraverso una potatura
atta a donare la giusta armonia ed il giusto bilanciamento tra gemme
e frutto. Lo stesso vale per la defogliazione, rigorosamente
manuale, su tutte le varietà (punto fondamentale per la ricerca
della maturazione perfetta dell’uva) tranne che per il Sauvignon,
dove l’obiettivo è quello di preservare la caratteristica olfattiva
e gustativa del varietale. I sistemai d’allevamento sono il guyot
monolaterale e il più classico doppio archetto capovolto, limitando
la produzione tramite un diradamento dei grappoli in eccedenza
(“Vendemmia verde”). In tutti gli ultimi vigneti impiantati non
sono stati più scelti cloni ma si è cercato di mantenere una
maggiore biodiversità utilizzando delle selezioni massali. La
ricerca di Moreno, però, non si ferma mai e dato che “la sorte
aiuta gli audaci”, 10 anni fa gli si è presentata l’occasione di
prendere in gestione un vigneto storico (impiantato nel 1960) e non
se l’è di certo fatta scappare!
che Moreno e suo padre ricercano da sempre attraverso una potatura
atta a donare la giusta armonia ed il giusto bilanciamento tra gemme
e frutto. Lo stesso vale per la defogliazione, rigorosamente
manuale, su tutte le varietà (punto fondamentale per la ricerca
della maturazione perfetta dell’uva) tranne che per il Sauvignon,
dove l’obiettivo è quello di preservare la caratteristica olfattiva
e gustativa del varietale. I sistemai d’allevamento sono il guyot
monolaterale e il più classico doppio archetto capovolto, limitando
la produzione tramite un diradamento dei grappoli in eccedenza
(“Vendemmia verde”). In tutti gli ultimi vigneti impiantati non
sono stati più scelti cloni ma si è cercato di mantenere una
maggiore biodiversità utilizzando delle selezioni massali. La
ricerca di Moreno, però, non si ferma mai e dato che “la sorte
aiuta gli audaci”, 10 anni fa gli si è presentata l’occasione di
prendere in gestione un vigneto storico (impiantato nel 1960) e non
se l’è di certo fatta scappare!
E’ da questo vigneto che viene prodotto
il “CRU” di Cabernet Franc.
il “CRU” di Cabernet Franc.
Ovviamente, anche la vendemmia viene
effettua a mano, con una scrupolosa selezione dei grappoli.
effettua a mano, con una scrupolosa selezione dei grappoli.
La scelta di passare al regime biologico ha imposto
cambiamenti sia in vigna che in cantina:
cambiamenti sia in vigna che in cantina:
se in vigna non
vi era traccia di diserbo da oltre 20 anni e l’utilizzo di rame e
zolfo erano ormai già una prassi, le vinificazioni vedono, oggi,
l’abbandono dei lieviti selezionati in favore di macerazioni
fermentative spontanee con contatto del succo con le bucce anche sui
vini bianchi, anche se non molto prolungate in modo da non
appesantire troppo i vini e perdere una caratteristica per noi
fondamentale cioè la bevibilità.
vi era traccia di diserbo da oltre 20 anni e l’utilizzo di rame e
zolfo erano ormai già una prassi, le vinificazioni vedono, oggi,
l’abbandono dei lieviti selezionati in favore di macerazioni
fermentative spontanee con contatto del succo con le bucce anche sui
vini bianchi, anche se non molto prolungate in modo da non
appesantire troppo i vini e perdere una caratteristica per noi
fondamentale cioè la bevibilità.
Di conseguenza sono state abbassate
drasticamente le dosi di solforosa alla ricerca del massimo rispetto
dell’uva del vino e del consumatore finale.
drasticamente le dosi di solforosa alla ricerca del massimo rispetto
dell’uva del vino e del consumatore finale.
Molti sono stati gli assaggi, anche perché – come tutte le cantine friulane – la, seppur piccola, azienda Ferlat produce molte etichette, tutte unite dal filo conduttore della forte identità “chi” più spostata sul varietale, “chi” più sull’interpretazione personale di Moreno.
Tra tutti, ho scelto di condividere con voi i tre assaggi che di più mi hanno colpito:
Grame 2014 – Silvano Ferlat: “la mia grassa e grossa Malvasia Istriana”? Naaa..! L’interpretazione di Moreno di questo ancestrale varietale è sicuramente votata ad edificare intorno alla vitale componente aromatica al naso ed acida al palato proprie della Malvasia Istriana una struttura solida, integra, a tratti imponente ma mai eccessiva o supponente. E’ un vino gotico e come nell’architettura non sono le pareti a sorreggere il peso della struttura, bensì i pilastri, rappresentati in questo Grame da dritte colonne acide, coadiuvate da strutture secondarie intrise di sapida mineralità, che ben svolgono il ruolo di archi rampanti e contrafforti. E’ un vino che appare elegante, ma si dimostra potente, dal sottile equilibrio tra luce e concentrazione.
Il Vin del Paron 2014/15 – Silvano Ferlat: “il vino del padrone”, ovviamente dedicato al padre Silvano da Moreno, che ci teneva a mostrare il vero potenziale del Moscato.
Si tratta di un
moscato giallo in purezza, vinificato secco, che trasforma il
contrasto in puro godimento, alla faccia di chi sostiene che la
concordanza naso-bocca sia imprescindibile all’assaggio! Un vino che
al naso mantiene gli aromi “dolci” tipici del varietale, ma
che poi al sorso, asciutto e dinamico, stupisce con la sua madornale mineralità.
Anche in questo caso è il sale a tornare come nota identitaria e filo conduttore dei bianchi di casa Ferlat. Anche in questo caso è forte l’equilibrio fra finezza e forza espressiva, fra eleganza e netta personalità.
moscato giallo in purezza, vinificato secco, che trasforma il
contrasto in puro godimento, alla faccia di chi sostiene che la
concordanza naso-bocca sia imprescindibile all’assaggio! Un vino che
al naso mantiene gli aromi “dolci” tipici del varietale, ma
che poi al sorso, asciutto e dinamico, stupisce con la sua madornale mineralità.
Anche in questo caso è il sale a tornare come nota identitaria e filo conduttore dei bianchi di casa Ferlat. Anche in questo caso è forte l’equilibrio fra finezza e forza espressiva, fra eleganza e netta personalità.
Sessanta 2012 – Silvano Ferlat: prodotto da uve selezionate dal vecchio vigneto del 1960 – da qui il nome – presso in gestione da Moreno pochi anni fa. Un vino che ha fatto “scalpore” sin dalla sua prima uscita e che negli ultimi mesi ha visto crescere lo stuolo dei suoi “fan”, in quanto espressione tra le più interessanti di un varietale che in Italia ha solo pochi “grandi” interpreti. Ancora una volta Moreno gioca la carta dell’equilibrio cercando di rendere il più sensuale ed intrigante possibile la componente aromatica del Cabernet Franc affievolendo la componente verde ed enfatizzando il frutto. La struttura c’è e si sente, eppure i tannini sfumati e la buona dinamica ne rendono la beva inerziale. Un vino complesso che si fa bere! E’ un po’ questo il riassunto del Sessanta e di gran parte dei vini di questa piccola realtà che vede negli equilibri padre-figlio e struttura-acidità/mineralità la sua forza.
La voglia di assorbire esperienza da vigneti vecchi e la volontà di rimetterli al mondo ha spinto Moreno in un’ulteriore avventura che confido dia presto i suoi risultati, per quanto l’annata 2017 non si sia dimostrata il miglior punto di inizio.
La voglia di assorbire esperienza da vigneti vecchi e la volontà di rimetterli al mondo ha spinto Moreno in un’ulteriore avventura che confido dia presto i suoi risultati, per quanto l’annata 2017 non si sia dimostrata il miglior punto di inizio.
Non nego di aver fatto fatica a scegliere solo 3 referenze, quindi ci tengo a menzionare anche il Pinot Grigio Ramato luminoso, affumicato e slanciato nonostante la sua ampiezza e i due “No Land Vineyards” prodotti da vigneti non di proprietà (da qui il nome) con passione e rispetto per la tradizione, a partire dalla volontà di lasciarne inalterato l'”uvaggio di vigneto”, votati ad una disarmante freschezza espressiva resa per nulla scontata dall’esperienza delle piante di quei vigneti.
Fuori concorso un Grame 2008 e i Friulano 2006 e 2001 stappati in via del tutto eccezionale e non di certo per “captatio benevolentia” – dato lo stupore di Moreno stesso nel trovarle in forma riassaggiandole con me dopo molto – che hanno dimostrato la naturale attitudine alla longevità dei vini di di questa terra.
In conclusione ho trovato questa piccola azienda non un’enclave – nel senso letterale del termine -, bensì un libro aperto alla condivisione ed al confronto, pur mantenendo salde le proprie convinzioni e la propria volontà di puntare tutto su un’interpretazione strettamente personale del territorio.
F.S.R.
#WineIsSharing
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