Il Clayver – L'”evoluzione” dell’anfora

Girando per le cantine italiane, negli ultimi anni non è stato difficile accorgersi del graduale, ma importante sviluppo di una tendenza che vede come protagonisti i “vasi vinari alternativi”. Se da un lato le più “classiche” (per quanto non tradizionali) anfore in terracotta nostrane hanno fornito un più o meno valido surrogato dei Kvevri georgiani, dall’altro – da bravi italiani – la curiosità innescata dalla richiesta di tali contenitori ha portato alla nascita di nuovi “strumenti” (botti, vasche, anfora ecc…) di vinificazione ed affinamento.
Quello che mi ha incuriosito di più, sia in termini di concept che di risultati, è stato sicuramente il Clayver, moderna interpretazione dell’anfora, che ha scelto come materiale un particolare gres più compatto ed omogeneo.
E’ per questo che, al ritorno da una visita in cantina nella quale ho avuto modo di testare l’incidenza di diversi vasi vinari e/o botti (vari tipi di terracotta, cocciopesto, legno, cemento e ceramica), ho deciso di porre qualche domanda a Luca Risso Co-fondatore dell’azienda che ha ideato il Clayver.
Cos’è il Clayver?
Clayver è un contenitore ceramico della capacità di 250 e 400 litri. Il peso dei modelli è 100 e 150 Kg rispettivamente. La forma può essere sferica o oblunga per limitare il peso e favorire i moti convettivi che si manifestano naturalmente in fase di fermentazione e affinamento sulle fecce fini. La forma sferica permette anche una più agevole movimentazione del contenitore negli spostamenti e ne facilita la pulizia.
clayver
Come nasce il progetto Clayver?
Il progetto Clayver nasce come idea di un appassionato di vino e viticolture dilettante casualmente esperto in materiali ceramici quando il fenomeno del recupero delle anfore georgiane arrivò anche in Italia grazie a Josko Gravner. Lo scopo era quello di modernizzare e attualizzare le tecnologie legate alla storia millenaria della terracotta alla luce delle moderne conoscenze scientifiche.
anfora georgiana kvevri
Quali sono le peculiarità di questo vaso vinario?
Clayver vuole essere un contenitore chimicamente inerte nei confronti del vino al netto di un piccolo ma misurabile e controllabile contributo di ossigeno indispensabile all’evoluzione del vino medesimo. La certificazione alimentare con analisi delle possibili pericolose cessioni di piombo, Cadmio, Arsenico, Alluminio e Cobalto gioca un ruolo importante fin dall’inizio del progetto. Infine Clayver ha sempre avuto come obiettivo la praticità del sistema, privilegiando contenitori con volumi non troppo grandi e ingombranti, movimentabili e accessoriati con scarichi, supporti e coperchi anche di tipo diverso. Importanza strategica riveste attualmente lo sviluppo del gruppo di tre Clayver orizzontali denominato Trio.
botti cemento
Quali sono le differenze fra il Clayver e gli altri “vasi vinari”? (anfore, vasche in cemento, acciaio e legno ecc…
La terracotta a differenza di Clayver è composta da un solo tipo di terra, di solito estratta nella zona di trasformazione senza alcuna selezione e cotta a temperature inferiori o appena superiori a 1000°C.
Dal punto di vista funzionale, rispetto a Clayver la terracotta presenta di solito una porosità più alta, spesso eccessiva, e necessita talvolta di impermeabilizzazione per poter contenere liquidi.
Clayver è equiparabile al cemento dal punto di vista della sua impermeabilità e isolamento termico. Clayver però subisce un trattamento ad alta temperatura (1200°C) che lo rende assai più stabile rispetto al cemento. Clayver acquisisce quindi una resistenza chimica elevatissima nei confronti di acidi e basi forti, che il cemento non ha.
Le differenze rispetto a un contenitore in acciaio sono tre:
  • maggiore isolamento termico di Clayver dovuto al peso e allo spessore di parete, che è maggiore di 2 cm;
  • conducibilità elettrica nulla e quindi minori problemi di riduzione del vino;
  • piccola porosità residua che consente uno scambio gassoso con l’esterno, seppur modesto.
Ci sono studi scientifici che ne attestino le peculiarità?
Le caratteristiche di Clayver sono comprovate da ricerche effettuate dall’università di Valladolid, dall’Höhere Bundeslehranstalt e Ufficio federale per la Viticoltura e frutticoltura Austriaco, mentre ulteriori ricerche sono in corso in collaborazione con l’Università di Torino.
Esistono varietali più adatti alla vinificazione in Clayver?
I vini bianchi si prestano molto all’affinamento in Clayver. Un esempio di comprovato successo sono ad esempio le basi per lo champagne, dove il contributo dell’ossigeno senza l’invadenza del legno è fondamentale. Tuttavia anche rossi importanti a base di Sangiovese, Nebbiolo e Syrah hanno dato ottimi risultati in Clayver, a patto di lasciare più tempo al contenitore per effettuare il suo lavoro.
Quali sono i risultati raggiunti dalla vostra azienda negli ultimi anni?
A partire da Agosto 2014 Clayver ha venduto più di 600 contenitori in tutti i continenti, con un aumento quasi del 100% nell’ultimo anno.
botti ceramica
Qual è il costo del Clayver?
Clayver attualmente ha circa la capacità di una barrique o di un tonneau, contenitori che abbiamo preso come riferimento. Il suo costo franco magazzino leggermente superiore a quello di una ottima barrique o di un ottimo tonneau, con la differenza che, adeguatamente trattato, Clayver durerà di più e non cederà mai nessuna sostanza al vino, né ne altererà le caratteristiche organolettiche.
Ormai è qualche anno che trovo Clayver nelle cantine che ho modo di visitare, ma ho ritenuto opportuno scriverne solo dopo aver avuto modo di iniziare ad assaggiare concretamente dei vini che non fossero solo in fase “sperimentale”.
Alla luce dei miei assaggi, dalla Puglia al Friuli passando per Montalcino, posso asserire che il Clayver, a differenza di alcune anfore in terracotta manifesti un’incidenza minore in termini organolettici – alla stregua del cemento – ed una costanza maggiore nella “performance” di affinamento e nella tenuta. La micro-ossigenazione è minima e, specie per i vini rossi, il successivo affinamento in vetro aiuta molto nel completare il percorso evolutivo del vino prima dell’uscita sul mercato.
Io apprezzo molto la ricerca e credo che questa curiosità scaturita dall’arrivo in Italia delle prime anfore georgiane ad opera di J. Gravner, abbia portato ad un fermento molto interessante in cui, oggi, ci sia l’imbarazzo della scelta. L’anfora in terracotta è, a mio modo di vedere, un contenitore con una maggiore incidenza sul vino (in misura diversa se lasciata al naturale o impermeabilizzata internamente vetrificandola o utilizzando cera d’api) e che potrebbe dare il meglio di sè interrandola (è comunque un vaso vinario molto interessante e duttile), mentre il Clayver si dimostra uno strumento di vinificazione e di affinamento altamente inerte con ottime qualità anche sopratterra, sia per quanto concerne lo scambio gassoso (molto ridotto) che per il “controllo/isolamento” termico.
Queste peculiarità lo rendono adatto ad “andare da solo” o a contribuire in blend o tagli con masse affinate in legno, in modo da smussarne l’incidenza e da apportare una maggior percezione di freschezza all’assemblaggio.
Comunque, come sempre, ciò che farà la differenza sarà sicuramente l’uva portata in cantina e l’interpretazione dell’annata da parte del singolo vignaiolo/produttore/enologo. Per ora, ciò che ho assaggiato sia da cantina che da bottiglia non mi dispiace affatto, soprattutto per l’integrità varietale che il Clayver riesce a mantenere.
F.S.R.
#WineIsSharing

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