Le Due Terre di Silvana Forte e Flavio Basilicata – Prepotto – Colli Orientali del Friuli
Negli ultimi due anni sono stato spesso in Friuli, una regione che per gli stessi friulani è “troppo lontana da tutto”, ma che, per me, in realtà è vicinissima, in senso stretto e in senso lato, a ciò che di più conta per farne una meta di viaggio sempre più che opportuna: il vino.
E’ proprio in Friuli che ho trovato uno degli areali in cui mi diverto di più nella ricerca, nel confronto e nell’andar per vigne e per cantine con vignaioli di grande consapevolezza e rispetto. Sto parlando dei Colli Orientali, dove vige la DOC Colli Orientali del Friuli che comprende la fascia collinare della provincia di Udine, ovvero, partendo da nord, i comuni di Tarcento, Nimis, Povoletto, Attimis, Faedis, la zona est di Cividale, San Pietro al Natisone, Prepotto, Premariacco, Buttrio, Manzano, San Giovanni al Natisone e Corno di Rosazzo.
I vitigni autoctoni coltivati nella zona Friuli Colli Orientali sono la Malvasia, il Picolit, il Pignolo, il Refosco dal peduncolo rosso, la Ribolla gialla, lo Schioppettino, il Tazzelenghe, il Tocai friulano (ora Friulano) e il Verduzzo friulano, ma questi varietali convivono da anni con dei vitigni internazionali che per gli stessi friulani sono da considerarsi ormai “autoctonizzati”, ovvero il Merlot, il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc tra i rossi, mentre tra i bianchi principalmente il Sauvignon e lo Chardonnay.
Va da sé che molte realtà in questo areale abbiano in “linea” sin troppe referenze e risulta, spesso, difficile eliminarne alcune strada facendo.
Eppure c’è chi ha compreso che nel marasma di vitigni e di possibilità che i Colli Orientali offrono si poteva e si doveva scegliere su quali cavalli puntare e a quale interpretazione dedicarsi.
Parlo, ovviamente de Le Due Terre, realtà che da svariati lustri ormai si è dimostrata riferimento assoluto per qualità e rispetto in questo territorio e non solo.
L’
Azienda Agricola Le Due Terre è una piccolissima realtà familiare, di quelle che amo conoscere e raccontare perché sanno, spesso, stupirmi con un legame profondo al proprio territorio, al proprio lavoro e ai propri vini. Tutto questo per Flavio Basilicata, Silvana Forte e la loro giovane Cora, è moltiplicato esponenzialmente!
Questa piccola cantina, con la quale condivido i natali (1984), nasce nella zona di Prepotto, al confine con la Slovenia. Le Due Terre rappresentano il coronamento di un sogno per Silvana e Flavio che, dopo una lunga esperienza presso altre cantine, acquistano un casale con quattro ettari di vigna in un corpo unico.
Il nome “Le Due Terre” vuole porre l’attenzione sul terreno che nei vigneti dell’azienda si divide in due composizioni differenti: marne da un lato e terre rosse dall’altro.
La conduzione agronomica, alla stregua di quella di cantina, mira a ridurre al minimo l’intervento umano e all’abolizione della chimica di sintesi.
Era da molto che speravo di avere l’opportunità di visitare questa realtà e finalmente qualche settimana fa sono riuscito a farlo.
Ad accompagnarmi in vigna e in cantina è Cora, già più che attivamente coinvolta nelle dinamiche dell’azienda.
Come sempre, chiedo di partire dai vigneti, nei quali trovo Flavio immerso nei lavori di potatura invernale, al quale riesco a rubare qualche informazione sul suo lavoro in campo e diversi spunti di riflessione interessanti. L’ultima cosa che voglio è distoglierlo dal lavoro, ma gli strappo la promessa di raggiungerci per condividere almeno un calice una volta terminata la sua giornata in vigna.
Prima di iniziare ad assaggiare è sempre Cora a mostrarmi la piccola ma funzionale cantina, dove c’è tutto il necessario per fare vino e non c’è nulla di più di ciò che serva per fare vino.
Una vecchia ma per nulla antiquata pressa Vaslin, vasche in acciaio, in cemento e piccole e medie botti per lo più di svariati passaggi, capaci di adempiere al loro primario lavoro di micro-ossigenazione senza cedere tratti di legnosa incidenza al loro prezioso contenuto.
E’ qui che l’uva premurosamente allevata da queste terre, in ogni annata, con la sapiente e rispettosa supervisione di Flavio arriva e si trasforma nella maniera più semplice e spontanea nei vini che tanto hanno reso onore a questa piccola cantina friulana, diventando vanto per un intero areale.
Scegliamo insieme a Silvana qualche bottiglia da assaggiare e la scelta ricade sui vini dei quali andrò a condividere le mie impressioni:

Sacrisassi Bianco 2015 – Colli Orintali del Friuli Doc: quando penso al Friuli e a tutti i grandi vini bianchi monovarietale che ho assaggiato mi rendo spesso conto di quanto sia, altresì, difficile farsi valere in Italia e nel mondo cercando di puntare su tutti allo stesso modo o seguendo le mode del momento. Questo porta spesso confusione e la confusione non è mai una buona amica, specie per un territorio che ha bisogno di farsi conoscere per le sue peculiarità a prescindere dal singolo varietale. Ecco perché trovo più che opportuno e, all’epoca, lungimirante questo blend di Friulano e Ribolla Gialla, in cui oltre ad essere i due varietali a rappresentare i Colli Orientali è il territorio stesso a emergere. Quando il territorio riesce a far valere la propria personalità, il proprio carattere, plasmando, con il rispettoso tramite dell’uomo, le uve da esso e in esso allevate il vino gode di una propria identità e questo vale più di ogni premio o riconoscimento.
Questo Sacrisassi vanta un grande equilibrio fra sole e terra, fra corpo e scheletro, con un impatto al naso pieno e intenso che fa da preludio ad un sorso ampio, ma al contempo slanciato e sapido.
Sacrisassi Rosso 2014 – Colli Orientali del Friuli Doc: quello che ho detto sopra per il Sacrisassi Bianco vale per la sua versione in Rosso che vede come protagonisti altri due autoctoni più che rappresentativi dell’areale in cui ci troviamo, ovvero Refosco e Schioppettino dal Peduncolo Rosso.
Un vino intenso, che integra alla speziatura naturale dello Schioppettino tonalità fruttate di grande eleganza e freschezza. Il sorso è quello che speravo di trovare in una 2014 in cui il confine fra finezza e esilità era davvero labile: dritto, profondo, lungo quanto basti per apprezzarne il finale ferroso, di grande eleganza. Un vino che trova nella sua dinamica freschezza la sua arma per lottare contro il tempo.
Merlot 2014 – Colli Orientali del Friuli Doc: per me che non sono un grande amante del Merlot questo è sempre stato una delle eccezioni che confermano la regola eppure, ancora una volta, l’annata 2014 sa sorprendermi in quanto capace di dare origine ad un vino sicuramente “diverso” dai Merlot che Flavio riesce a portare in bottiglia in annate meno fredde e piovose.
Sì, diverso… ma non per questo inferiore agli altri, anzi! Se vi dicessi che è una delle annate che ho apprezzato di più di questo Merlot?! La difficoltà era non perdere troppa struttura, non rischiare di avere un vino troppo esile e scarico, oltre a non evidenziare note troppo verdi e acerbe del Merlot. Difficoltà superate con grande garbo e armonia, tanto da ritrovarmi nel calice un vino dal varietale integro e equamente maturo che si distende in un sorso fresco, ma al contempo ampio e saporito. Un vino che non manca di nulla perché capace di rispondere alla domanda “dove, come e quando?” in modo sincero e esauriente.
Stappiamo anche una 2015 e l’annata più equilibrata si fa sentire nella potenza espressiva e nel calore di un vino che ha dovuto combattere di meno per diventare grande, ma è cresciuto senza vizi di sorta. Un vino che rasenta la perfezione e che potrebbe far sfigurare la 2014, ma che a mio parere ha solo un’anima diversa. Mi piace vedere questi due Merlot così distanti nella struttura e nell’espressività, eppur così simili nella loro identità di terroir, due grandi opere figlie di due periodi differenti di quella meravigliosa pittrice che è Madre Natura per la quale Flavio è sempre bravissimo a preparare una degna imprimitura della tela.
Pinot Nero 2015 – Colli Orientali del Friuli Doc: ecco sua Maestà il Pinot Nero, tanto amato e voluto da Flavio quanto poco comune in queste zone. Il primo naso è subito chiaro, nitido nell’espressione fedele di un vitigno nobile, delicato ma capace di indossare un territorio e di interpretare un’idea di vino con grande spontaneità, senza perdere la propria identità varietale.
E’ proprio per questo che non voglio paragonare il Pinot Nero de Le Due Terre ai suoi cugini – anche se in questo caso i tratti somatici fanno pensare ad un grado di parentela ancor più stretto – di Borgogna, perché farei un torto a Flavio e alle sue vigne che hanno lavorato con grande rispetto reciproco al fine di raggiungere una personalità tanto incline alla grandezza dei transalpini quanto consapevole della propria unicità.
Un naso pienamente rispettoso del varietale, ancora giocato su freschezza di frutto e lievi note speziate, con la rosa ad adornare un naso che preannuncia un sorso che di grande classe. Una classe naturale, mai forzata o ostentata, un’eleganza sussurrata all’orecchio di chi vuol sentire, ma ancor più di chi sa capire.
Come promesso Flavio ci ha raggiunti, una volta terminata la sua giornata di potatura, e non l’ha fatto a mani vuote! Per mostrare quanto il suo Pinot Nero viva in una sorta di dimensione tutta sua, in cui il tempo scorre in maniera decisamente più lenta che per molti altri Pinot Nero italiani (e non solo) condividiamo un’annata 1996 che una volta tornato a respirare a pieni polmoni, dopo 22 anni di sonno, ha espresso in pochi istanti il valore e la lungimiranza di una scelta e di un sogno: fare un grande Pinot Nero a Prepotto.
Una giornata all’insegna del confronto, della condivisione e dell’umiltà, in un contesto in cui “uomo” e Natura lavorano con un fine comune, quello di portare in bottiglia espressioni fedeli di un territorio di palese vocazione, a prescindere dalle mode e dai preconcetti, con grande pulizia e rispetto.
C’è un modo in cui la Terra parla al vignaiolo e Flavio non sa solo ascoltare la sua Terra… sa capirla!
F.S.R.
#WineIsSharing
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