Chi mi segue da qualche anno saprà che non amo fare classifiche, sono restio a usare schede di valutazione e ho una certa repulsione per i punteggi. Questo perché ho sempre pensato che il vino non possa e non debba essere ridotto ad una mero giudizio razionale e numerico. Eppure, negli ultimi anni mi è capitato di accettare la partecipazione a panel di degustazione in cui ogni singolo vino in degustazione veniva assaggiato rigorosamente alla cieca conoscendone al massimo annata, vitigno e, in alcuni casi, tipologia di affinamento.
Ho sempre creduto che giudicare negativamente alcuni contesti senza conoscerli dall’interno e senza averne appurato le dinamiche non fosse né corretto né attendibile e per questo ho sempre visto e vissuto le mie partecipazioni a determinati concorsi come un modo per confrontarmi con situazioni che non fanno parte della mia variegata routine enoica. Situazioni che, pur non essendo proprie della mia consuetudine, rappresentano occasioni uniche e, spesso, irripetibili per mettere alla prova il proprio palato, la propria conoscenza e le proprie competenze, uscendone, nella maggior parte dei casi, con un bagaglio tecnico-esperienziale più grande.
E’ proprio questo che è accaduto al Concours Mondial du Sauvignon, appena tenutosi a Udine, in cui ho avuto modo di confrontarmi con l’approccio e il palato degli oltre 70 professionisti del mondo del vino appartenenti ai quasi tutti i comparti enoici: enologi, sommelier, ricercatori, buyers, media ecc…
Professionisti provenienti da 24: Argentina, Austria, Belgio, Canada, Croazia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera.
Un confronto costruttivo che, pur vedendo come fulcro il Sauvignon, mi ha permesso di avere un’ulteriore spaccato della percezione enoica globale in cui convivono punti di vista e opinioni differenti riguardo stili interpretativi e espressività di un vitigno che pur avendo una così forte identità varietale si lascia plasmare da territorio e obiettivi enologici del singolo produttore. E’ così che mi sono ritrovato a comprendere quanto, ad esempio, una spiccata tensione acida possa essere percepita in modo divergente; quanto l’aromaticità possa spostare il gusto di ognuno in base alla predominanza di pirazine o tioli; quanto l’equilibrio rappresenti un requisito imprescindibile per ogni degustatore eppure possa essere determinato in modo soggettivo ecc…
Nonostante questa umana soggettività, però, in questi contesti emerge – quasi – sempre una palese uniformità di giudizio nei confronti dei vini capaci di distinguersi per quel raro e ponderato bilanciamento fra personalità ed eleganza. La soggettività, dunque, non si pone in contrasto con l’obiettività di ciascun degustatore esperto che, libero da ogni condizionamento, può esprimere il proprio giudizio secondo il proprio gusto, tenendo conto (in questo caso) delle peculiarità del varietale e delle proprie conoscenze dei vini con esso prodotto. E’ davvero interessante appurare come attorno ad un varietale si possa costruire un dialogo che spazia dall’approfondimento riguardante i singoli territori d’elezione ai trend dei mercati globali rispetto la cifra stilistica di questo e di altri vini.
Erano oltre mille i campioni da degustare per le 14 commissioni presenti con una media di ca. 70 vini a panel, divisi in 3 batterie per ognuna delle 2 giornate di sessione.
Vini provenienti da 24 paesi tra i quali Francia, Austria, Sudafrica, Spagna, Nuova Zelanda, Australia, Cile, Slovacchia, Romania, Svizzera, Repubblica Ceca, Portogallo, Bulgaria, Germania, Slovenia, Argentina, Messico e, ovviamente, Italia.
Questi numeri e questo range di partecipanti, unitamente alla possibilità di condividere esperienze extra concorso alla scoperta di alcune eccellenze friulane, hanno reso questi due giorni molto importanti per chi, come me, cerca da sempre di vivere e vedere il vino da ogni angolazione in modo da poterlo comunicare con il maggior equilibrio possibile.
Da par mio, esco da questa esperienza orgoglioso di essere stato selezionato dietro suggerimento di diverse entità enoiche (produttori e colleghi che ringrazio vivamente) e con la serenità di chi sa di aver colto un’occasione per conoscere una realtà importante come quella del Concours Mondial du Sauvignon, appurandone la serietà e l’integrità. Proprio a questo proposito rispondo a produttori e lettori di questo wine blog che nei giorni scorsi mi hanno chiesto delucidazioni riguardo l’attendibilità di questa manifestazione e le dinamiche interne a questo genere di concorsi, dicendo che per quanto riguarda questa mia partecipazione non c’è stata alcuna pecca o vizio di forma che possa far anche solo pensare ad una condotta scorretta da parte dell’organizzazione e/o dei giudici e che, oggi come oggi, sarebbe controproducente per qualsiasi tipo di competizione mettere a rischio la propria reputazione.
Detto questo, la mia priorità continuano a essere vigna e cantina e non vi nego che appena liberato dagli impegni relativi al concorso rimettere i piedi in un vigneto, parlare con un vignaiolo, assaggiare da vasca e da botte vini ancora in divenire mi ha ricaricato di energia nuova come nessuna degustazione avrebbe mai potuto fare. Quindi continuerò a vivere questo tipo di esperienza come un completamento delle mie competenze e del mio know how personale, senza snaturare la mia visione del vino dalla vigna al bicchiere.
Non mancherò, comunque, di aggiornarvi riguardo i risultati del Concours Mondial du Sauvignon che verranno annunciati al Prowein, ormai alle porte, confidando che i vini italiani abbiano ben figurato.
F.S.R.
#WineIsSharing
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