L’Enoturismo in Valpolicella e la mia esperienza diretta con la Pagus Wine Tours

L’enoturismo sta prendendo sempre più piede in Italia e, per quanto possa sembrare strano dirlo in un paese come il nostro, la crescita più rilevante è avvenuta solo negli ultimi anni. Se alcune regioni avevano già dimostrato una vocazione enoturistica importante e un’adeguata offerta rivolta agli enoturisti ci sono areali tra i più noti a livello vitivinicolo che stanno vivendo un vero e proprio boom di interesse. Una di queste regioni è, senza tema di smentita, il Veneto e, in particolare, la Valpolicella. Per questo ho accolto di buon grado l’invito di Davide Canteri a partecipare ad uno dei tour proposti dalla sua Pagus Wine Tours alla scoperta del territorio di produzione dell’Amarone e dei grandi vini della Valpolicella.
L’idea era quella di diventare “enoturista” per un giorno, condividendo il tour con altri appassionati (nel mio caso stranieri) per comprendere in prima persona le dinamiche dell’enoturismo in questa zona e per valutare l’esperienza dei miei “compagni di viaggio” direttamente.
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Devo ammettere che tornare a fare il “turista” per qualche ora mi ha aiutato, anche, a vedere il mondo del vino da un punto di vista che ormai credevo non mi appartenesse più e che, invece, è fondamentale per potersi rivolgere a chi può viverlo principalmente in questo modo.



Data la qualità dell’esperienza offertami ho deciso di lasciar raccontare a Davide un po’ della sua storia e della sua realtà in una semplice ma esaustiva chiacchierata (qui la versione in inglese):
-Ciao Davide, come nasce Pagus Wine Tours?
Innanzitutto, tengo a sottolineare che sono nato e vivo in Valpolicella, e la mia famiglia è per metà valpolicellese e per l’altra metà della Lessinia. L’idea della Pagus nasce con la mia tesi di laurea, discussa nel dicembre 1998 all’Università di Verona, che tratta della produzione vitivinicola e dell’estrazione e lavorazione della pietra in Valpolicella in età romana. Alla tesi è seguito poi il corso presso la Fondazione CUOA di Altavilla Vicentina, dedicato alla valorizzazione del patrimonio turistico-culturale veneto. Nell’ottobre 2000 è stata fondata l’Associazione Culturale Pagus, allo scopo di promuovere il territorio della Valpolicella con una serie di itinerari storico-artistici ed enogastronomici. Nell’aprile 2013 è nata l’agenzia viaggi Pagus Wine Tours di cui sono titolare assieme a mia sorella. Il nome “Pagus” deriva dall’antico distretto romano, il pagus appunto, che comprendeva gran parte dell’attuale Valpolicella storica.
pagus wine tours
-Cosa fate nello specifico?
Pagus Wine Tours è un wine tour operator specializzato nell’enoturismo. Organizziamo e guidiamo tour di gruppo e privati nelle principali zone vitivinicole di Verona e oltre, in primis Valpolicella, poi Soave, Lugana, Bardolino, Custoza e, fuori Verona, Conegliano Valdobbiadene, Franciacorta e Trento. I tour comprendono la visita ad una, due o tre produttori della medesima zona o di zone contigue e possono prevedere un pranzo completo o un light lunch in cantina. Proponiamo anche lezioni di cucina tenute all’interno delle cantine stesse, con l’abbinamento dei vini ai piatti preparati. Da quest’anno inoltre, la nostra proposta si è allargata alle cosiddette “Wine holidays” pacchetti turistici di due, tre o quattro giorni comprendenti soggiorni in agriturismo o wine relais con degustazioni ed escursioni abbinate.
turismo vino amarone
.Come vedi l’enoturismo in Italia e quali credi siano i margini di miglioramento?
Il nostro punto di vista è limitato alla provincia di Verona e, in parte, alla regione Veneto (anche se all’inizio e al termine di ogni stagione ci confrontiamo con i nostri amici operatori in Toscana). A mio parere nell’enoturismo ci sono un paio di importanti questioni aperte. La prima è il vuoto normativo nel turismo in generale: non esistono regole chiare su chi può fare cosa. Parlo, ad esempio, delle agenzie di viaggio, che fanno un po’ di tutto, senza dei limiti chiari alle loro possibilità; degli hotel che organizzano tranquillamente transfer e tour guidati con mezzi e personale propri; delle ditte di trasporto che si improvvisano guide e vendono servizi che sono di competenza delle agenzie; delle stesse cantine, che sono arrivate a proporre, vendere e gestire wine tours, altra attività riservata alle agenzie. E purtroppo, su tutto ciò i controlli delle autorità competenti, a quanto ne sappiamo, non esistono o sono rarissimi. Il secondo problema è legato alla definizione stessa di enoturismo. A mio parere c’è un errore di fondo: l’enoturismo non è il “turismo fatto dai produttori di vino”. Con il termine “enoturismo” si deve intendere una realtà ben più ampia. Sarebbe più corretto concepire l’enoturismo come un “sistema”, dove ogni componente, indispensabile, svolge il suo ruolo: le cantine, oggetto della visita e preparate per l’accoglienza, gli hotel e le strutture ricettive, che mettono a disposizione i loro servizi, le aziende di trasporto, che muovono i turisti sul territorio, i ristoranti, osterie, trattorie a cui spetta la corretta combinazione di cibo e vino, le agenzie, che mettono assieme tutti questi ingredienti e sulla base della loro preparazione ed esperienza costruiscono e vendono i pacchetti, ed infine le Strade del vino ed i vari Consorzi che hanno il compito di coordinare e di promuovere (non di vendere) l’offerta enoturistica di un territorio. Una considerazione a parte riguarda la “sudditanza” della nostra offerta turistica, e parlo dell’offerta on line, ormai canale principale di commercializzazione dei servizi turistici, nei confronti dei grandi portali di prenotazione stranieri (Booking, TripAdvisor, etc.). Oggi in Italia chi “vende turismo” on line è obbligato a stipulare contratti con le OTA, che garantiscono visibilità e hanno la fiducia quasi incondizionata (!) degli utenti. Purtroppo, così facendo, la ricchezza artistica e culturale, le eccellenze enogastronomiche, la professionalità e la proverbiale ospitalità italiana vengono letteralmente svendute e, fatto ancor più triste per un Paese come il nostro, a tutto ciò non esiste alternativa; non abbiamo portali istituzionali nazionali, o quantomeno regionali, che garantiscano agli operatori turistici il medesimo servizio.
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-Per quanto riguarda la Valpolicella, quali sono le principali nazionalità degli enoturisti?
Posso fare riferimento solo alla nostra clientela. Più di un terzo degli enoturisti sono nordamericani, un’altra buona fetta è rappresentata dagli ospiti provenienti dai Paesi Scandinavi e dal Regno Unito, anche se in questi ultimi anni c’è stato un lieve calo della presenza inglese, per il resto Australia, Singapore, Hong Kong, Giappone e Brasile.
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-Oltre alla possibilità di farsi conoscere in maniera concreta e diretta quanto credi possa incidere l’enoturismo sulle dinamiche di vendita di una cantina medio-piccola?
In Valpolicella ci sono aziende che hanno puntato tutto sull’accoglienza e sulla vendita diretta e online ai privati e che sono cresciute grazie a questo. Altre realtà, proponendo degustazioni, e più recentemente, altre esperienze legate al vino, sia ad una clientela locale sia agli stranieri (utilizzando i social media ed in generale la promozione sul web), credo abbiano visto un notevole incremento di vendite. Posso solo dire che, se qualche anno fa la risposta delle aziende alla nostra richiesta di disponibilità ad accogliere enoturisti era: “Ma io, cosa ci guadagno?”, oggi riusciamo a fatica ad “infilare” i nostri ospiti nella gran quantità di degustazioni ed esperienze quotidianamente offerte dalle cantine.
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Cosa consigli alle aziende italiane che vogliono iniziare a muoversi nell’ambito enoturistico?
Posso rivolgermi alle agenzie di viaggio e in parte alle cantine. Ai tour operator che operano esclusivamente nel campo dell’enoturismo posso consigliare di partire da una conoscenza approfondita del territorio, non solo storica o prettamente enogastronomica, ma culturale nel senso più ampio. Ritengo che solo chi sul quel territorio è nato e/o ha vissuto possa veramente presentarlo e “spiegarlo” con sincerità e verità. E ciò è fondamentale per costruire itinerari significativi e di qualità. Suggerisco poi di privilegiare il rapporto con le persone, la cura e l’attenzione nell’accoglienza che, secondo me, sono ben più importanti di una preparazione specifica di carattere enologico o linguistico. Per questo è fondamentale scegliere bene i collaboratori (guide, sommelier) e le aziende con cui lavorare. Ai produttori posso semplicemente consigliare di stabilire da subito gli obiettivi che si intendono raggiungere con l’attività enoturistica e, sulla base di questi obiettivi investire in risorse umane, formazione e promozione, insomma, costruire un business plan enoturistico; perché un conto è fare il vino, un altro conto è saperlo raccontare e farlo apprezzare a chi entra nella tua cantina.
pagus wine tour
Ringrazio Davide per il tempo dedicatomi e per aver reso possibile questa mia rapida ma approfondita full immersion nell’enoturismo della Valpolicella. La professionalità della guida Lara Damoli e la dinamica del tour hanno reso le tre visite in cantina molto agili e per nulla noiose anche per me.


F.S.R.


#WineIsSharing

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