Pochi
giorni fa si è conclusa l’edizione 2020 di Campania Stories,
presentazione delle ultime annate dei vini campani.
Dopo
il lockdown e con le limitazioni imposte dall’emergenza covid-19
l’attesa per il primo vero evento dedicato alla stampa italiana e
straniera dall’inizio dell’epidemia (o almeno da quando ci è stato
dato di conoscerne l’effettiva portata) era tanta e intrisa di quel
sano blend di timori, dubbi e voglia di ripartire… tanta voglia di
ripartire e di tornare a cimentarsi con l’iter delle anteprime.
Chi
mi segue sa che non mi sono mai fermato da quando è stato possibile
tornare a muoversi e tra vigne, cantine e degustazioni avevo già
avuto modo di ripartire quasi a pieno regime in termini individuali
ma ho davvero gradito la possibilità di confrontarmi con i colleghi
e l’opportunità di vivere per la prima volta un evento che,
solitamente, dovevo saltare a causa di impegni che mi vedevano
occupato nei mesi di marzo e aprile.
Quella che dai Romani era definita Campania Felix è uno scrigno di varietali autoctoni (da sola vanta un
numero di vitigni censiti supera quello dell’intera Francia) e un
caleidoscopio di areali dalle connotazioni pedoclimatiche variabili,
nonché dalle interpretazioni agronomiche e dalle tradizioni
enologiche differenti. E’ una regione in cui la biodiversità è un
fattore fondamentale e il sistema vigneto gode spesso di un
equilibrio raro.
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Fonte Museo Arte Vino |
E’
interessante considerare che, nonostante i canti delle sirene dei
mercati internazionali che hanno spinto molte regioni a quella che ho
spesso definito ironicamente la “merlottizzazione” (per essere
più precisi, parlo dell’avvento e dell’impianto, talvolta eccessivo
ed incauto, di varietà internazionali in areali in cui vigevano
altri varietali tipici capaci di dare origine a vini ottimi di
spiccata identità) la viticoltura campana ha saputo ponderare ogni
scelta, preservando i propri varietali tipici e andando ad impiantare
pochissimi ettari di vitigni alloctoni (e spesso queste eccezioni
hanno dato origine ad ottimi vini che, a prescindere dalla
provenienza dei vitigni utilizzati, vantano nitidi marcatori
territoriali).
Per
quanto concerne le denominazioni parliamo di una regione che vanta:
-
10
Igp (9 sub-regionali e 1 regionale) e corrispondono alle tipologie
classificate con Indicazione Geografica Tipica, secondo la
tradizionale piramide dei vini di qualità italiani, ovvero
Campania, Beneventano, Catalanesca del Monte Somma, Colli di
Salerno, Dugenta, Epomeo, Paestum, Pompeiano, Roccamonfina, Terre
del Volturno;
-
19
Dop, divise tra 4 Docg e 15 Doc, vale a dire Aglianico del Taburno
(Docg), Aversa, Campi Flegrei, Capri, Casavecchia di Pontelatone,
Castel San Lorenzo, Cilento, Costa d’Amalfi, Falanghina del
Sannio, Falerno del Massico, Fiano di Avellino (Docg), Galluccio,
Greco di Tufo (Docg), Irpinia, Ischia, Penisola Sorrentina, Sannio,
Taurasi (Docg), Vesuvio.
Fatta
questa premessa generale sulla Campania enoica, è importante
evidenziare che quella che solitamente è un’anteprima dei vini delle
regione non presenta le sole annate più recenti, bensì uno spettro
di annate differenti ma pur sempre relative ai vini attualmente in
commercio.
Se
per i bianchi, infatti, è più semplice incontrare tra le “nuove
annate” vendemmie più recenti (principalmente 2019 e 2018
arrivando comunque alla 2013) per i rossi possiamo spaziare dalle
interpretazioni d’annata a quelle frutto di lunghi affinamenti come
accade, ad esempio, per i Taurasi e Taurasi Riserva (per i quali
arriviamo fino alla 2010).
Vi
riporto qui di seguito dei brevi report sulle annate che vedevano il
maggior numero di vini in degustazione, tralasciando quelle più
addietro che contemplavano un numero marginale di referenze.
Annata
2019
Inverno
mite e poco piovoso, come purtroppo accade sempre più spesso
nell’era dei cambiamenti climatici. Più fredda la stagione
primaverile, specialmente nella prima parte, con temperature rigide
che hanno rallentato la fase fenologica del germogliamento. Piovosi i
mesi di aprile e soprattutto maggio, con una relativa frenata del
ciclo vegetativo, con un conseguente ritardo della fioritura.
L’estate
è nella norma, con alcuni picchi di caldo e di afa, con
precipitazioni quasi del tutto assenti. Le
maturazioni sono state ottimali e le vendemmia in linea con le
tempistiche degli ultimi anni. La
produzione è calata del -6% all’annata precedente, ma si tratta di
un buon risultato rispetto -16% medio italiano. L’annata
è completa e ben si presta alle diverse interpretazioni dei singoli
areali, mettendo in evidenza l’incidenza dei singoli pedoclimi e
delle diverse varietà locali di areale in areale spaziando da vini
più ricchi e suadenti a vini più tesi e sapidi.
Annata
2018
L’inverno
è stato mite, la primavera fresca e piovosa, estate inizialmente
tiepida per poi procedere con un ampia finestra di caldo e di
siccità, autunno con temperature sopra la media e meteo favorevole,
nonostante qualche episodio temporalesco. Si può considerare
un’annata di non semplice gestione a causa delle violente
oscillazioni climatiche (specialmente nel periodo di passaggio tra
primavera ed estate), ma comunque in grado di soddisfare sia dal
punto di vista quantitativo che qualitativo. Il
profilo medio dei vini può essere tracciato seguendo i parametri di
annate tendenzialmente più fresche con rossi più orientati allo
slancio, all’agilità e alla finezza e bianchi più tesi e vibranti,
molto minerali.
Annata
2017
Inizio
di inverno molto freddo, prima parte di primavera calda con
pochissime precipitazioni. L’estate è stata molto calda, mentre l’autunno più fresco e discontinuo. Un’annata
non definibile in maniera omogenea ma di certo più assimilabile alle
annate calde con rossi tendenzialmente più strutturati e potenti
(con alcuni percettibili eccessi di maturazione) e bianchi più di
corpo e meno verticali ma capaci, in molti casi, di compensare la più
bassa acidità con una buona componente minerale e salina.
Annata
2016
Un’annata
altalenante che non prometteva benissimo a causa di gelate
primaverili che in alcuni casi hanno segnato una riduzione della
futura produzione. L’estate, però, è stata classica, senza finestre
troppe calde, capace di mantenere il ritmo del ciclo vegetativo
costante. L’autunno nonostante si sia dimostrato umido in molti
areali, ha permesso un raccolto di qualità seppur non di quantità. I
vini della 2016 godono di un equilibrio, purtroppo, sempre più raro,
con struttura, acidità e tannini di grande armonia. Vini di buona
struttura ma che non mancano di freschezza e nerbo, sia nei rossi che
nei bianchi. Ottima la prospettiva in termini di longevità.
Prima
di passare agli assaggi che di più mi hanno colpito tra i ca. 300
vini degustati (rigorosamente alla cieca) nelle due sessioni di
assaggio, ci tengo a condividere un’impressione generale sulla
crescita della viticoltura campana e su una presa di coscienza di
molti produttori non solo delle indiscusse potenzialità dei propri
varietali e dei propri territori di riferimento, bensì
dell’occasione che questo particolare momento storico-enoico può
concedere (e in taluni casi sta concedendo) ai vini campani grazie
alla loro naturale predisposizione a manifestare peculiarità ideali
richieste ai vini “contemporanei”, quali: spiccata identità
varietale e territoriale, equilibri che permettono – pur
trattandosi di vini del sud – di coniugare solarità e freschezza,
forza e agilità di beva in modo egregio e privo di forzature, nonché
la possibilità e la capacità di presentare vini base Aglianico meno
“duri” ed introversi, in grado sì di mantenere la loto ottima
complessità e loro indiscussa longevità ma anche di risultare più
“pronti” nel momento in cui vengono presentati.
Il mio
personale parere è che poche regioni vantino una qualità media così
alta e spalmata fra vini bianchi e rossi (senza escludere ottimi e
ponderati rosati e alcuni interessanti spumanti da Asprinio di
Aversa) con dei picchi, soprattutto nei bianchi, di eccellenza
assoluta. Il punto “critico” è quello che riscontro
quotidianamente in gran parte della penisola, ovvero un prezzo medio
ancora troppo basso per il livello qualitativo che i produttori e i
vignaioli campani sono riusciti a raggiungere e per le condizioni
della viticoltura di molti degli areali della regione che, a
differenza di una buona fetta di viticoltura del Sud, non vantano e
non permettono grandi rese.
Vini
Spumanti
Trenta
Pioli 2018 – Aversa Aprinio Metodo Martinotti Brut – Salvatore
Martusciello
Pietrafumante
2017 – Caprettone Spumante Metodo Classico – Casa Setaro
Rosati
Maricinè
2019 – Paestum Rosato (Aglianico) Igp – Albamarina
Scirocco
2019 – Terre del Volturno Casavecchia Rosato Igp – Sclavia
Rossi
frizzanti
Ottouve
2019 – Penisola Sorrentina Igp sottozona Gragnano – Salvatore
Martusciello
Vini
Bianchi*
Bianco
di Bellona 2019 – Irpinia Coda di Volpe Doc – Tenuta Cavalier
Pepe
Pompeii
2019 – Pompeiano Bianco Igp – Bosco de’ Medici
Benita
’31 2019 – Vesuvio Caprettone Doc – Sorrentino
Aryete
2018 – Vesuvio Caprettone Doc – Casa Setaro
Fiorduva
2018 – Costa d’Amalfi Furore Bianco Doc – Marisa Cuomo
Vigna
Caracci 2016 – Falerno del Massico Bianco Doc – Villa Matilde
Falanghina
del Sannio Taburno 2019 Doc – Iannella Antonio
Vigna
Segreta 2018 – Falanghina del Sannio S. Agata dei Goti Doc –
Mustilli
Libero
2014 – Taburno Falanghina Vendemmia Tardiva Doc – Fontanavecchia
Cruna
del Lago 2017 – Campi Flegrei Falanghina Dop – La Sibilla
Genius
Loci 2019 – Fiano Sannio Doc – Terre Stregate
Proclamo
2019 – Cilento Dop – Marino
Quartara
2017 – Colli di Salerno Fiano Igp – Lunarossa Vini e passione
Fiano
di Avellino Bio 2019 – Fiano di Avellino Doc – Le Masciare
Fiano
di Avellino Doc 2019 – Tenuta del Meriggio
Fiano
di Avellino Doc 2018 – Rocca del Principe
Pietracupa 2019 – Campania Fiano Igp – Pietracupa
Oì
Nì 2017 – Campania Fiano Igp – Tenuta Scuotto
Greco
di Tufo Docg 2019 – Le Masciare
Vigna
Cicogna 2019 – Greco di Tufo Docg – Ferrara Benito
Campania
Greco Igp – Pietracupa
Ponte
dei Santi 2018 – Greco di Tufo Docg – Villa Raiano
Oltre
2017 – Greco di Tufo Docg – Bellaria
*Nella selezione degli assaggi più convincenti tra i vini bianchi campani troverete in verde i picchi più alti emersi durante la sessione di degustazione.
Vini
Rossi*
Costacielo 2018 – Aglianico Colli di Salerno Igp – Lunarossa vini e passione
Diciotto 2018 – Pastum Aglianico Igp – Tempa di Zoe
Core Rosso 2017 – Campania Aglianico 2017 – Montevetrano
Zero 2016 – Campania Aglianico Igp – Tempa di Zoe
Valentina 2013 – Aglianico Colli di Salerno – Viticoltori Lenza
Barbera
del Sannio 2019 – Sannio Barbera Dop – Monserrato 1973
Montevetrano
2017 – Colli di Salerno Rosso – Montevetrano
Sannio
Piedirosso Dop 2019 – Fontanavecchia
Terrazze
Romane 2018 – Campi Flegrei Piedirosso Doc – Cantine del Mare
Settevulcani
2018 – Campi Flegrei Piedirosso Doc 2018 – Salvatore Martusciello
Artus
2018 – Sannio Sant’Agata dei Goti Piedirosso Doc – Mustilli
Terra
di Rosso 2017 – Campania Piedirosso Igp – Galardi
Vigna
Madre 2014 – Campi Flegrei Piedirosso Doc – La Sibilla
Forgiato
2018 – Lacryma Christi del Vesuvio Doc – Villa Dora
Don Vincenzo Rosso 2015 – Lacryma Christi del Vesuvio Riserva Doc –
Casa Setaro
Trebulanum
2017 – Casavecchia di Pontelatone Riserva Doc – Alois
Aglianico
2019 – Campania Aglianico Igp – Famiglia Pagano
Rintocco
2019 – Benventano Rosso Igp – Monserrato 1973
Aglianico
del Taburno Docg 2016 – Fontanavecchia
Terre
di Rivolta 2015 – Aglianico del Taburno Riserva Docg – Fattoria La
Rivolta
Irpinia
Campi Taurasini Doc 2017 – Tenuta del Meriggio
Costa
Baiano 2017 – Irpinia Campi Taurasini Doc – Villa Raiano
Magis
2016 – Irpinia Aglianico Doc – Antico Castello
Nonna
Sepa 2013 – Irpinia Campi Taurasini Doc – Delite
Cretarossa
2013 – Irpinia Campi Taurasini Doc – I Favati
Taurasi
2016 – Taurasi Docg – Donnachiara
Taurasi
2015 – Taurasi Docg – Le Masciare
Poliphemo
2015 – Taurasi Docg – Tecce Luigi
Taurasi
2014 – Taurasi Docg – Antico Castello
Opera
Mia 2014 – Taurasi Docg – Tenuta Cavalier Pepe
Borgodangelo
2013 – Taurasi Riserva Docg – Borgodangelo
Principe
Lagonessa 2012 – Taurasi Docg – Amarano
Taurasi
2010 – Taurasi Docg – Perillo
*Nella selezione degli assaggi che mi hanno colpito positivamente trovate segnalati in rosso i picchi più alti emersi durante la degustazione.
Ci tengo a precisare che ho preferito non pubblicare note di degustazioni per non condizionare l’assaggio di chi andrà ad approcciare i vini da me segnalati, in quanto le due sessioni di assaggio contavano un numero di vini tale da omologare i descrittori di molti di essi e da non garantire un’attendibilità omogenea. Ho quindi, ritenuto opportuno attenermi ad un processo di selezione subitaneo, legato all’impatto che ognuno dei vini degustati ha saputo darmi riflettendo su quali di essi avrei voluto acquistare e bere, con una particolare predilezione per vini dalla marcata identità varietale e dalla palese agilità di beva, eccezion fatta per i Taurasi per i quali la valutazione è stata orientata anche sulla complessità, la profondità di sorso, la finezza tannica e il supporto potenziale in termini di longevità. Oltre a questo, gli assaggi segnalati si attengono solo ed esclusivamente agli assaggi fatti durante le due sessioni e non ai riassaggi che ho avuto modo di effettuare durante le visite in azienda e le collettive organizzate durante la mia partecipazione a Campania Stories, in modo da mettere tutte le cantine sul medesimo piano.
In conclusione la qualità media dei campioni assaggiati è stata alta con picchi di grande qualità, specie sui bianchi di grande verticalità e sapidità senza mai risultare esili, pieni di luce.
Emerge fra i rossi la freschezza e la dinamica di beva del Piedirosso che abbinata alla mineralità vulcanica esalta un’identità forte che ha la fortuna di risultare particolarmente attuale senza snaturare la sua tipicità tradizionale. Il Taurasi vanta picchi notevoli e resta il grande vino rosso campano, seppur in alcuni casi possa risultare anacronistico. Credo che molte realtà stiano arrivando al giusto equilibrio fra forza, complessità e una beva più dinamica e priva di ostacoli, che miri all’eleganza che l’Aglianico può e sa raggiungere in queste terre.
In futuro spero di vedere più Rosati prodotti con la convinzione che questa categoria possa essere un’ottima scelta sia in termini di espressività che a livello commerciale (sia interno, basti pensare alla Costiera, che esterno per il mercato Italia e estero in cui i Rosati stanno riscuotendo particolare successo negli ultimi anni).
Ripongo molte delle mie speranze anche nell’Asprinio di Aversa, in quanto credo che l’unicità delle alberate unita alle peculiarità varietali possano dar luogo ai migliori metodo classico del sud.
La Campania è una regione straordinaria, dotata di macro e micro areali dalle caratteristiche uniche nel loro genere, in grado di coprire ogni categoria enoica in maniera identitaria e qualitativamente elevata. Molti di questi areali, a differenza del resto del Sud Italia, stanno soffrendo meno gli effetti dei cambiamenti climatici e riescono a dare origine a vini di grande contemporaneità senza snaturarne l’identità. Credo che sia una delle regioni vitivinicole più interessanti e complete non solo in Italia ma al mondo e confido che la crescente fiducia nei propri mezzi dei produttori, e in particolare dei più “piccoli” e dei giovani, possa portare i vini campani ad essere percepiti per il loro reale valore.
Ringrazio sinceramente tutti coloro che hanno contribuito all’organizzazione di questa surreale edizione di Campania Stories in cui mascherine e distanziamento non hanno però impedito la buona riuscita di un evento che come nessun altro permette una vera e propria full immersion nel mondo del vino campano dalla vigna al bicchiere.
F.S.R.
#WineIsSharing
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