Ho sempre avuto un debole per i vini base Schiava e, in particolare, per il Santa Maddalena. Per questo ho accolto di buon grado l’invito a partecipare a “Culinarium”, un’interessante manifestazione tenutasi tempo fa a Bolzano, dedicata al Santa Maddalena e al suo territorio di riferimento in Alto Adige. Questo storico vino del Sud Tirol nasce e sussiste dai vigneti adagiati sulle vocatissime colline e i pendii a nord della bellissima città di Bolzano. Parliamo di terreni ed esposizioni così ottimali da rendere l’areale classico del St. Magdalener il più vocato dell’intera regione.
Le uve destinate alla produzione del Santa Maddalena (alla Schiava può essere aggiunto un piccolo saldo di Lagrein, solitamente non più del 5%) vengono coltivate su un totale di 200 ettari che corrisponde al 4% dell’intera superficie vitata in Alto Adige. Il sistema utilizzato in questa area è la classica pergola, costituita da pali verticali che sostengono un’impalcatura orizzontale alla quale vengono fissati i fili che reggono le viti. Ciò che caratterizza ulteriormente questo vino è la “tecnica” dell’uvaggio, ovvero la scelta di raccogliere, cofermentare e, quindi, vinificare le uve dei due varietali che concorrono alla sua produzione insieme, oggi come un tempo.
Parliamo di quello che, a tutti gli effetti, può essere definito il Consorzio di Tutela più antico d’Italia, perché nato nel 1923. Il “Consorzio di Tutela del Santa Maddalena”, infatti, si spende da quasi 100 anni per la salvaguardia di questo grande vino del territorio di Bolzano, oggi, coadiuvato dalla forza vitale dei giovani vignaioli che credono fortemente nelle potenzialità di questo areale e del St. Madgalener.
E’ importante sapere che tutti i vini prodotti da uva Schiava della zona di Bolzano rientrano nel Santa Maddalena, ma solo quelli prodotti dai vigneti (tra i più ripidi e soleggiati della provincia) situati all’interno del triangolo definito dal torrente Talvera, il fiume Isarco e il monte Tondo possono vantare (e riportare in etichetta) l’appellativo di Santa Maddalena Classico.
I vigneti tipici del S. Maddalena sono coltivati nelle zone più in quota (non parliamo di altimetrie altissime – tra i 200 e i 550mslm), trovano collocamento ideale nel terreno compatto, composto dai detriti che si raccolgono sui ripiani sagomati dai ghiacciai nell’ultima era glaciale. Nel quartiere di Rencio la Schiava trova un suolo di matrice sabbiosa ricco di ghiaia. Si tratta di terreni formati dal disfacimento del porfido quarzifero e dalle rocce metamorfiche antiche. Nel fondovalle, invece, lungo le rive del fiume Isarco, i vigneti affondano le proprie radici in sedimenti alluvionali di recente formazione. Un vitigno abbastanza resistente, di grande adattabilità, a cui ogni terreno dona una nota stilistica differente. Ad incidere particolarmente è il clima tipico della conca di Bolzano, caldo d’estate, ventilato e molto assolato. 300 giorni di sole complessivi all’anno sono il presupposto ideale per la viticoltura in Alto Adige. In particolare, le giornate estive asciutte e calde, alternate a notti piacevolmente fresche, e gli inverni relativamente secchi garantiscono cicli vegetativi equilibrati e maturazioni ponderate. Armonie propedeutiche alla produzione di vini dal buon bilanciamento acido-strutturale e dalle ottime prospettive in termini di eleganza e finezza.
Durante la mia permanenza a Bolzano ho avuto modo di visitare vigneti e approfondire la conoscenza di vignaioli, produttori e tecnici che hanno saputo mostrarmi e dimostrarmi le peculiarità fondamentali e non scontate del Santa Maddalena:
– Una freschezza di frutto e un’agilità di beva rare, che non prescindono – oggi – una buona struttura che, nonostante il colore scarico possa indurre in errore, è in grado di dare integrità al sorso. Vini dall’impatto olfattivo completo in cui frutto, fiore e naturale speziatura trovano rare armonie.
– Un’ottima versatilità in termini di abbinamento. Consiglio di “giocare” sia con versioni differenti di Santa Maddalena (dalle versioni “classiche” alle selezioni) che con temperature di servizio calibrate in base al periodo e all’abbinamento. Potreste servire un intero menù abbinando solo dei Santa Maddalena senza rischiare di annoiarvi o di incorrere in una batteria di vini monocorde.
– Una longevità che stupisce per l’eleganza e la complessità che riescono ad ottenere Santa Maddalena di oltre 30 anni. In molti non credono che il Santa Maddalena debba necessariamente “invecchiare” e io sono tra quelli che ha sempre amato berli “giovani”, ma ciò non toglie che la capacità di saper evolvere in maniera così nitida ed elegante rappresenti un certo valore aggiunto al pedigree di un vino che ha fatto la storia dell’Alto Adige e deve continuare a farla.
– Un vino attuale, capace di essere apprezzato da giovane (dal secondo anno dalla vendemmia inizia ad esprimere a pieno la sua personalità) e di stupire nelle sue evoluzioni di anno in anno. Questa è la sua dote più importante, a mio parere, in quanto non sono molti i vini italiani in grado di rispondere in maniera così aderente alle esigenze dei palati nazionali e internazionali che – per fortuna – necessitano sempre di più di vini che sappiano coniugare una forte matrice identitaria, una struttura equilibrata né eccessiva né esile e una dinamica di beva così agile e piacevole, senza ostacoli di sorta ma mai scontata.
Tutto questo è possibile grazie al lavoro delle realtà che insistono sul territorio che negli anni hanno saputo portare avanti un approccio che attinge alla tradizione valorizzandola non in maniera pedissequa, bensì interpretandola con le consapevolezze e le competenze tecniche odierne, dalla vigna al bicchiere. E’, inoltre, interessante quanto ciò che potrebbe sembrare anacronistico e superato come la pergola, rappresenti un sistema di allevamento ideale per contrastare gli effetti e gli esiti dei cambiamenti climatici ormai evidenti anche e soprattutto in una zona tendenzialmente calda come la conca di Bolzano. L’altezza da terra che salva i germogli da eventuali gelate tardive, l’ombreggiamento offerto dalla copertura fogliare del “tetto” della pergola e una gestione ponderata delle rese rappresentano condizioni ideali per trovare equilibri sempre più complessi anche in annate in cui il global warming si fa sentire particolarmente.
Insomma, la Schiava e il St. Magdalener / S. Maddalena rappresentano un esempio nitido di quanto il passato che avevamo rinnegato alla fine del millennio scorso possa tornare ad essere non solo apprezzabile in quanto simbolo di tradizione, bensì per la sua contemporaneità. Sento quindi di fare un sincero plauso ai produttori di questo suggestivo e vocato areale per la caparbietà e la coerenza con le quali hanno portato avanti la loro idea di vino senza snaturarsi o “svendersi” alla prima moda, preservando un’identità varietale e territoriale che si rileverà sempre attuale e che nessuno potrà mai cercare di emulare.
Ciò che potrebbe stupire e che rende tutto ancora più interessante dal punto di vista enoico e antropologico è che tutto questo avvenga attorno alla più importante città della regione: Bolzano. Poi, però, ci si rende conto di quanto l’interazione e l’integrazione fra viticoltura e vita cittadina siano forti e radicati, tanto che Bolzano è considerata una delle città con la più alta qualità di vita ed è costantemente fra le prime tre più green in Italia e una delle più green in Europa. Attorno ai due varietali autoctoni che concorrono alla produzione del Santa Maddalena, Schiava e Lagrein, sono sorte negli anni ben 28 cantine e, a differenza di ciò che accade nel resto dell’Alto Adige, la maggior parte di esse sono ancora a gestione familiare, con una cantina sociale (alla quale conferiscono piccolissimi e virtuosi vignaioli) che opera in sinergia con il resto dell’indotto vitivinicolo e non vanta un’egemonia esclusiva come accade in altre aree non troppo distanti da qui.
Qui potete trovare i riferimenti di tutte le cantine di Bolzano: Cantina Bolzano, Reyter, Muri-Gries, Schmid Oberrautner, Strekker, Egger-Ramer, Thurnhof, Rottensteiner, R. Malojer – Gummerhof, Heinrichshof, Nusserhof, Messnerhof, Pranzegg, Eberlehof, Kandlerhof, Plonerhof, Trogerhof, Obermoser, Fliederhof, Untermoserhof, Glögglhof, Pfannenstielhof, Zundlhof, Griesbauer, Larcherhof, Loacker, Ansitz Waldgries, Mayr-Unterganzner.
Un doveroso ringraziamento va a tutti i produttori che hanno aderito alla manifestazione Culinarium e all’Azienda di Soggiorno e Turismo di Bolzano che vedeva in questo evento il primo vero e proprio banco di prova post-lockdown. Per me che non amo particolarmente i press-tour è davvero raro trovare il tempo utile per vivere un territorio, conoscere le realtà produttrici e i loro vini in maniera così approfondita e piacevole. Inoltre, non è mancata occasione per visitare per la prima volta il centro storico della città di Bolzano che ha reso la permanenza ancor più interessante.
Credo che il Santa Maddalena vanti un fortissimo potenziale enoturistico proprio per la contestualizzazione dei vigneti in un’area cittadina a misura d’uomo e altamente rispettosa dell’ecosistema. Un connubio raro quello fra vigna e città che potrebbe essere percepito (in altre aree con cognizione di causa) come negativo ma che, qui, a Bolzano trova equilibri perfetti in grado di assecondare le esigenze sia di chi vuole dedicarsi solo ed esclusivamente ai vigneti e alle cantine che di chi ha voglia di spaziare dall’arte al vino passando per la storia e la vita cittadina
F.S.R.
#WineIsSharing