Da quando ho iniziato il mio cammino nel mondo del vino ho vissuto le esperienze più disparate che confido, un giorno, di condividere con voi in una raccolta di aneddoti enoici dal più emozionante al più divertente, passando per quelli – purtroppo – meno felici ma fondamentali per la mia crescita personale e professionale.
Il racconto potrebbe più o meno iniziare così “c’era una volta, in una minuscola e nascosta garage winery – gli enofighetti la chiamerebbero così, ma in realtà è “solo” una piccolissima cantina – che, però, non mancava di nulla, un virtuoso e coraggioso vignaiolo che…”
Che… beh, ora ve lo racconto o, almeno, condividerò con voi una parte della storia.
In quella minuscola cantina trovai una piccola botte su cui capeggiava una scritta “Senza Tempo”. Come non essere incuriositi da quelle parole tracciate da mano sicura sul legno da un gessetto bianco?! Chiesi, dunque, al vignaiolo delucidazioni sul contenuto di quella botte e sul significato di quelle parole. Egli, con il consueto e doveroso pragmatismo dell’uomo di vigna e di vino, prese un calice, un “ladro” e mi impose di assaggiare quello che a prima vista e, ancor più, a primo naso sembrava essere proprio un vino da uve… ehm… no, non posso dirvi neanche questo, altrimenti che ne sarebbe del mistero? Sì, perché è proprio il mistero che avvolge il contenuto di quella botte che mi ha portato a scrivere queste righe. Un mistero di cui ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere alcuni dettagli ma di cui non saprò mai, neanche io, davvero tutto! Ciò che stavo assaggiando era un vino “Senza Tempo”, queste furono le parole del vignaiolo che di lì a qualche tempo avrebbe imbottigliato una manciata di magnum di quel capolavoro. Un vino di carattere, frutto di una concezione antica come quella del metodo soleras, reinterpretato e riadattato al proprio al proprio territorio e alle proprie uve da questo “ignoto” vignaiolo che in queste poche bottiglie (150 Magnum per l’esattezza) ha voluto concentrare tutta la sua anima tanto artigiana quanto ribelle, ma sempre rispettosa dalla vigna al bicchiere.
Oggi ho stappato una di quelle 150 magnum, frutto delle migliori masse delle annate 14-15-16-17-18 e quello che avevo percepito come una bellissima storia da raccontare, e che mi era parso un assaggio troppo esaltante per non essere frutto, almeno in parte, di una forte suggestione dovuta all’episodio stesso e al contesto, mi si è presentato nel calice “semplicemente” come uno dei migliori assaggi mai fatti da quando giro per vigne e cantine e il mio “sport” preferito è il sollevamento calici.
Un vino di grande potenza espressiva, compendio delle annate che rappresenta e connubio nitido di identità territoriale e varietale. Tutte cose che vi permetteranno, a mio parere, di comprenderne la natura senza sapere nulla di chi lo fa e di dove lo fa. L’assaggio più imparziale, una sorta di cieca senza dover celare la bottiglia nascondendone le etichetta.
Il mondo è piccolo e quello del vino ancora meno, quindi è probabile che, di qui a poco, l’alone di mistero inizi a dissolversi, ma le bottiglie sono talmente poche e così difficili da trovare che non so in quanti avranno fortuna e l’opportunità di assaggiare il Senza Tempo. Io, da par mio, posso solo darvi un’indizio, anzi un indirizzo, web ovviamente: http://www.senzatempo.it.
Ora sta a voi scoprire di più riguardo questo misterioso vino.
F.S.R.
#WineIsSharing