Il mistero delle 150 Magnum del vino “Senza Tempo”

Da quando ho iniziato il mio cammino nel mondo del vino ho vissuto le esperienze più disparate che confido, un giorno, di condividere con voi in una raccolta di aneddoti enoici dal più emozionante al più divertente, passando per quelli – purtroppo – meno felici ma fondamentali per la mia crescita personale e professionale.

Eppure, non smetto mai di stupirmi di quanto l’enosfera sappia pormi sempre di fronte a situazioni differenti, uniche!

Uniche come l’episodio che vi racconterò oggi, in cui mi sono ritrovato “invischiato” ormai più di… mmm… a dire il vero, non so quanto tempo sia passato perché la storia che vi racconterò è una storia “senza tempo”.

Il racconto potrebbe più o meno iniziare così “c’era una volta, in una minuscola e nascosta garage winery – gli enofighetti la chiamerebbero così, ma in realtà è “solo” una piccolissima cantina – che, però, non mancava di nulla, un virtuoso e coraggioso vignaiolo che…”

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Che… beh, ora ve lo racconto o, almeno, condividerò con voi una parte della storia.

In quella minuscola cantina trovai una piccola botte su cui capeggiava una scritta “Senza Tempo”. Come non essere incuriositi da quelle parole tracciate da mano sicura sul legno da un gessetto bianco?! Chiesi, dunque, al vignaiolo delucidazioni sul contenuto di quella botte e sul significato di quelle parole. Egli, con il consueto e doveroso pragmatismo dell’uomo di vigna e di vino, prese un calice, un “ladro” e mi impose di assaggiare quello che a prima vista e, ancor più, a primo naso sembrava essere proprio un vino da uve… ehm… no, non posso dirvi neanche questo, altrimenti che ne sarebbe del mistero? Sì, perché è proprio il mistero che avvolge il contenuto di quella botte che mi ha portato a scrivere queste righe. Un mistero di cui ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere alcuni dettagli ma di cui non saprò mai, neanche io, davvero tutto! Ciò che stavo assaggiando era un vino “Senza Tempo”, queste furono le parole del vignaiolo che di lì a qualche tempo avrebbe imbottigliato una manciata di magnum di quel capolavoro. Un vino di carattere, frutto di una concezione antica come quella del metodo soleras, reinterpretato e riadattato al proprio al proprio territorio e alle proprie uve da questo “ignoto” vignaiolo che in queste poche bottiglie (150 Magnum per l’esattezza) ha voluto concentrare tutta la sua anima tanto artigiana quanto ribelle, ma sempre rispettosa dalla vigna al bicchiere.