Peter Radovic – Dal Carso uno dei giovani vignaioli più promettenti d’Italia

Ho atteso più di un anno e mezzo dal primo assaggio dei vini di Peter Radovic e dal mio primo post sui social in cui scrivevo in maniera spontanea ed estemporanea “è nata una stella!”. Parole che da parte non erano mai state espresse con quella convinzione, in questi anni di viaggi per vigne e cantine.Peter è un giovanissimo vignaiolo carsolino, proprietario, assieme alla sua famiglia, della piccola Az. Agr. Radovic, che conta poco più di 1ha di vigneto, con rese molto base (40/50 q/ha).

peter radovic vignaiolo vini carso

Quella di Peter è una realtà familiare legata al Carso e alle sue tanto difficili quanto peculiari terre da più di un secolo. Fu il bisnonno Ivan a iniziare con il vino, prodotto principalmente per autoconsumo, per vendere quel poco che ne rimaneva in osteria. In mezzo l’allevamento e la produzione di olio, capitoli importanti della storia dei Radovic, che oggi vedono in Peter il presente e il futuro in termini vitivinicoli. Quello del Carso è un territorio ostico, complesso, di quelli che sulla carta pochi vorrebbero avere se non quei vignaioli eroici che scorgono oltre la difficoltà quelle connotazioni uniche di identità e personalità che solo queste terre sanno conferire al vino. Le prime a fare fatica sono le viti, che affondano le proprie tenaci radici nel terreno calcareo e roccioso tipico della zona, con un substrato fertile bassissimo, messo a dura prova dal vento. Sì, il vento che qui porta il nome della “Bora”. Un vento di caduta, che soffia a raffiche e abbinato alle basse temperature può nuocere ai germogli, oltre a consumare gli esigui strati di terra superficiale, ma che permette anche salubrità delle uve, asciugando continuamente i vigneti.  Emblema dell’eroicità dei vignaioli carsolini sono i “pastini”, terrazzamenti pendenti sui costoni carsici, con substrati limoso-argillosi, tenuti in piedi dai tipici muretti a secco.

cantina peter radovic carso

Le vigne si trovano a poco più di 200m slm, sull’altopiano carsico, e i varietali che coltiva sono quelli locali: Vitovska (25 anni ca.), Terrano (20 anni ca.) e la Malvasia Istriana (vigneto del nonno, di oltre 50 anni). Oltre a questi Peter ha impiantato una selezione di varietà ancora non riconosciute trovate in un vecchio pastino. 

Come detto al principio di questo articolo, ho atteso più di un anno e mezzo per parlare in maniera più approfondita di Peter, nonostante avessi già espresso il mio parere sui primi vini, in quanto ritengo sia importante valutare una realtà “nuova”, specie se condotta da un giovanissimo, almeno da un paio di annate, confidando di trovare coerenza qualitativa e idee chiare, al netto delle ovvie diversità delle annate stesse.

Ad oggi, avendo assaggiato due annate dei suoi vini più importanti posso asserire con maggior sicurezza che il talento del giovane vignaiolo del Carso non è frutto del caso o di suggestioni del momento, bensì di una visione nitida e concreta dei suoi obiettivi enoici dalla vigna alla bottiglia.

Marmor 2018: dal vigneto di Vitovska di 25 anni, Peter raccoglie uve tanto sane e opportunamente mature da poterle vinificare con fermentazione spontanea e macerazione (7gg) sulle bucce in tini di pietra carsica. Affinato in botti di rovere usate (min. 12 mesi), 2 mesi decantazione in acciaio, imbottigliamento  senza filtrazione più ulteriore affinamento in bottiglia (almeno 6 mesi).Pietra carsica, legno e inox si completano vicendevolmente per far vita ad un bianco che, sin da questa prima annata, mostra nitidezza nei profumi, un’ottima gestione della macerazione senza alcun sintomo ossidativo. Un vino sfaccettato, con il giusto equilibro fra materia e percezione minerale. La chiusura è salsedine pura e persistente.Marmor 2019:  la seconda annata di un macerato che fa della pulizia espositiva e della sua riconoscibilità varietale i suoi punti di forza. Vivo, netto al naso, maturo al punto giusto e lievemente speziato. Il sorso è materico e vibrante, lungo e salino. C’è coerenza e c’è grande riconoscibilità tra le due annate. (576 bott. prodotte)    
Inkanto 2018: da uve Malvasia Istriana (1/3), Vitovska (1/3) e tre varietà non riconosciute (non presenti nel catalogo viti nazionale) trovate in un vigneto su di un pastino del costone carsico e poi propagate in uno dei vigneti piccoli vigneti aziendali, con viti di 15 anni su terreno roccioso calcareo e terre rosse carsiche. Macerazione sulle bucce per 72 ore, fermentazione spontanea, affinamento in botti di legno e piccoli contenitori d’acciaio (min. 12 mesi), poi in bottiglia (6 mesi). Un vino che sa di territorio, figlio di una visione tanto tradizionale quanto contemporanea. Intenso, sfaccettato e saporito. Lungo e pulito in chiusura. Inkanto 2019: una conferma dell’identità del vigneto e della sensibilità interpretativa del piccolo produttore giuliano. Un vino coerente con l’annata e con la concezione territoriale che vi è dietro e dentro a questo sorso di Carso. Forte e slanciato, netto e salino. La classica nota amarotica in quest’annata è quasi impercettibile. (870 bott. prodotte)
Malavizija 2019: da uve 100% Malvasia Istriana, del vigneto vecchio di oltre 40 anni che affonda le radici nel terreno roccioso calcareo e terre rosse carsiche tipico della zona.Viene vinificata con 7 giorni di macerazione sulle bucce in tini di pietra carsica, anch’essa con lieviti indigeni, per poi essere affinata in botti di rovere usate (min. 12 mesi), 2 mesi decantazione in acciaio, imbottigliamento senza filtrazione più ulteriore affinamento in bottiglia (almeno 6 mesi).Una Malvasia ben gestita nella struttura, che al frutto e agli accenni balsamici abbina un fiore giallo fine e una speziatura naturale che fanno da preludio ad un sorso intrigante, dinamico, con un retrogusto balsamico e un finale marino. Un vino equilibrato, senza sovrastrutture e con un’acidità ben integrata, con un’agilità di beva non facile da trovare nelle Malvasie. (1152 bott. prodotte)
Raro 2018: da uve Terrano in purezza, raccolte da viti di oltre 20 anni su terreno roccioso calcareo e terre rosse carsiche. Vinificato con una lunga macerazione sulle bucce, con fermentazione spontanea. Affinato in botti di rovere (min. 12 mesi), in acciaio inox (min. 12 mesi), poi in bottiglia (6 mesi).Un Terrano che coniuga al meglio frutto e terra, fiore e ferro. Un sorso che non fa leva sui muscoli, bensì sull’energia che riesce ad esprimere senza bisogno sgomitare. Una spontanea e verace eleganza, come quella dell’artigiano che scolpisce la pietra di Aurisina che alla forza del martello e alla tenacia dello scalpello abbina raffinatezza, esperienza e sensibilità che solo gli artisti sanno avere e manifestare. Proprio come chi scolpisce il marmo sa dosare la propria forza, questo Terrano mostra equilibrio nel suo incedere sicuro e diretto, lungo ed ematico.  (576 bott. prodotte).

Un giovane lontano dalla saccenteria di alcuni e dall’incoscienza di molti alla sua età, di quelli con cui staresti ore a parlare di vigna e di vino perché consapevole della sua contezza e della sua passione. Una scommessa quando ne scrissi più di un anno e mezzo fa, ma già una conferma che potrebbe presto tradursi in certezza. Lasciamogli tempo di sperimentare (fuori “linea” ogni anno Peter imbottiglia qualche novità frutto di diverse vinificazioni che vengono commercializzate solo se lo ritiene opportuno) e di concretizzare in maniera ancora più solida la propria visione agronomica ed enoica, magari aumentando gradualmente il numero di bottiglie prodotte ma senza abbandonare la sua “dimensione” di vignaiolo artigiano consapevole. Se non riuscirete ad andare in Carso prima di aprile 2022, vi suggerisco di venirlo a conoscere al prossimo Only Wine.

In questi ultimi due anni non è stato semplice provare l’emozione della scoperta. Eppure, nonostante le limitazioni non sono mancati incontri con storie di vino, di vigna e di vita pregne di meraviglia. Peter rientra di diritto nel novero di quegli incontri ma, come sempre, non mancherò di condividerne altri altrettanto sorprendenti!

F.S.R.

#WineIsSharing

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